Del Napoli e del perdere tempo davanti alla porta e del ritrovarsi poi ad avere paura. Quelli che dicono che Fabián ha solo il sinistro
Che bello vedere così tanta gente allo stadio, con quel caldo, di mattina presto, parliamoci chiaro, per me le dodici e mezza della domenica sono all’alba, di solito stiamo per fare una seconda colazione, figuriamoci se potremmo essere tanto reattivi da precipitarci a Fuorigrotta (è generico, io vivo a Venezia) che vuol dire uscire di casa, se va bene, alle undici (è generico, vivo sempre a Venezia). Alle undici forse potremmo prendere in considerazione l’ipotesi di una doccia, di darci una primissima mossa. Quindi, che bello, sì, lo stadio pieno, che bello vedere questo Napoli. Napoli che è bello e forte, ho un paio di perplessità, che tornano ogni tanto, vediamo se riesco a spiegarle.
Il Napoli ha da diversi anni una rara facilità di arrivare alla conclusione pericolosa. Succedeva con Benitez, succedeva con Sarri, succede con Ancelotti. Schemi diversi, allenatori diversi, calciatori diversi. Io credo che accada questo – almeno questa è la sensazione che ogni paio di mesi, da sei o sette campionati, ho -: Il Napoli gioca bene, muove bene il pallone, crea spazi e come se niente fosse va al tiro. Questa semplicità fa sì che ogni tanto in zona tiro si rallenti, si tenti un passaggio in più, si calci con poca decisione, si cerchi un dribbling laddove forse non servirebbe. Non è nemmeno leziosità, è più probabilmente – lo si legge nelle espressioni dei calciatori – la certezza di poter segnare qualche minuto dopo. Allora si perde tempo, si rallenta, si eccede in altruismo, ci si applaude troppo tra compagni. Non è una critica, ma la spiegazione della sensazione di un osservatore, abbastanza attento, concedetemelo. Prendiamo la partita col Cagliari, sulle facce dei nostri attaccanti c’era scritto: “Tanto lo facciamo alla prossima azione”. Sui volti dei nostri centrocampisti: “Ma questi quando lo superano il centrocampo un’altra volta”. Nelle espressioni dei difensori: “Ma il Cagliari ha degli attaccanti?”.
Esagero, enfatizzo, ma spero si capisca ciò che intendo. Solo che spostando il probabile gol di due minuti per volta arriva il novantesimo e tu non hai segnato, hanno segnato loro. È accaduto anche nel primo tempo con il Brescia, avremmo potuto farne quattro, ne abbiamo fatti due, sono bastati anche se per poco. Guardate le facce di Llorente, di Mertens, di Calle, durante il primo tempo, non sono preoccupati, tanto segneremo. Guardate Manolas all’annullamento del gol, è tranquillissimo, anche dopo l’ammonizione. Nel secondo tempo cambia tutto, qui entra in scena la mia seconda perplessità.
Entra in scena la paura. Un po’ per il caldo, un po’ per altro, il Napoli ha rallentato, il Brescia ha preso un po’ di coraggio. Il Napoli ha fatto in tempo a sbagliare un altro gol con Mertens, si sono infortunati i nostri centrali difensivi (cosa non da poco) e Balotelli ha colpito di testa, da solo e ha segnato. La paura ogni tanto al Napoli viene, si può risolvere? Non lo so. Forse, però, si può essere più decisi, e quando l’avversario sta accusando i colpi provare a finirlo.
Tutto questo, per dire, che ieri mi sono girate le palle, era una partita da vincere quattro a zero. C’è, ovviamente, l’aspetto positivo della vittoria, è andata bene, ma le due perplessità qualche volta lasciano il segno (Cagliari), qualche volta no (Brescia).
La scena di Balotelli con sua figlia è molto bella ma è anche normale, e invece ci appare straordinaria perché viviamo tempi non belli in un paese conservatore e triste.
I tifosi dell’Everton espongono uno striscione con la faccia di Kean e la scritta in italiano: “No razzismo”. Ci siamo fatti riconoscere.
La curva B era bella e colorata ieri.
Quelli che dicono che Fabián ha solo il sinistro, guardino la palla che ha dato di destro a Callejón in occasione del primo gol.
È lunedì e ho in testa una sola domanda: Che cosa ha pescato Britos nella battuta di pesca di domenica?
Un lettore mi invia, tramite il direttore, una bella intervista al nostro ex-difensore, che – tra le atre cose – afferma: “A Napoli ho imparato molto da Raul Albiol, che aveva giocato nel Real Madrid. È una persona molto buona che si è preso cura di un giocatore più modesto come me”. E poi che la pesca è una passione vera, il calcio l’ha sempre visto più come un lavoro, per questo ha smesso presto rifiutando offerte di squadre uruguaiane. In ogni caso, ti vogliamo bene Britos, hai ragione eri un calciatore modesto, certe volte buono, altre decente. Buona pesca.
Questa stagione sono più rilassato rispetto alla scorsa. Perché? Non lo so, lo scopriremo solo vincendo. In streaming o meno come le canzoni di Battisti.