L’ex tecnico bianconero: “Quando arrivai alla Juve molti pensavano mi sarei bruciato. Potevo fallire e il fallimento alla Juve non è contemplato”
È possibile che Massimiliano Allegri pensi ad un futuro in Premier League? Forse. Fatto sta che quando, nel corso del simposio della Football Coaches Association, gli è stato chiesto se fosse interessato ad allenare il Manchester United, ha risposto:
“Non parlo inglese ancora abbastanza bene, ma sto imparando”.
Sicuramente, se pure dovesse partire, non accadrebbe subito. L’ex tecnico bianconero vuole completare l’anno sabbatico che si è preso. Dunque non prevede il subentro in corsa su una delle panchine alle quali è stato accostato e cioè quelle appunto dello United e del Tottenham.
Allegri è stato indicato soprattutto come possibile successore di Ole Gunnar Solskjaes. Lo United è al momento dodicesimo in classifica. Ha totalizzato solo 2 vittorie in otto partite. 15 punti lo separano dalla vetta, occupata dal Liverpool. E proprio domenica lo United affronterà la capolista, che invece viene da otto vittorie su otto partite. Se i Red Devils dovessero perdere, per Solskjiaer potrebbe essere fatale.
Ieri Allegri ha rilasciato un’intervista al sito polacco Przeglad Sportowy. Tanti i temi affrontati, come quello del suo arrivo alla Juve dopo l’era Conte.
“Molti pensavano che mi sarei bruciato. Non era un compito semplice: ho trovato una squadra che era satura e aveva bisogno di essere ricostruita, il che era eccitante ma anche rischioso, perché potevi fallire e alla Juve il fallimento non è contemplato”.
E allora ecco quale fu la sua ricetta:
“Ho dovuto cercare dei modi diversi per stimolare il gruppo, ho ascoltato e ho cambiato. Esistono due modi per essere un buon allenatore: autoritario e aperto. Io preferisco quest’ultimo, quindi ascolto più che parlare”.
Allegri ha parlato anche dei campioni che ha allenato:
“Al Milan Ibra era sempre incavolato perché gli altri non riuscivano a stare al passo con lui e per due anni gli ho spiegato che gli altri non giocavano come lui. Un allenatore deve saper usare un giocatore per quanto può offrire ed è per questo che Mandzukic è così speciale per me. Mario è un grande calciatore e mi ha dato un incredibile spazio di manovra”.