Il calcio verticale di Ancelotti è affascinante, ma non va. Complimenti a Juric che nega il razzismo verso Balotelli anche se lui viene chiamato zingaro di merda
FALLI DA DIETRO – 11° GIORNATA DEL CAMPIONATO 2019-20
Volano le due big spinte dal vento benevolo del Palazzo.
Il quale prima o poi ci svelerà fra le due chi ha scelto.
Per ora siamo più o meno alla pari.
Ma sulle prime pagine nessun campione, nessuna impresa.
Sulle prime pagine gli arbitri. Sulle prime pagine gli arzigogoli degli arbitri e le loro discutibili valutazioni.
Brutto segno.
Aria di Calciopoli in giro.
Prima o poi la bomba scoppierà.
Stanno tirando troppo la corda.
Al Dall’Ara finirebbe 1-1 se allo scadere l’arbitro non giudicasse da rigore un irrilevante intervento su Lautaro.
In molti paragonano l’episodio a quello di mercoledì scorso allo Stadium, protagonista il Toy Boy.
Stesso momento della gara. Stessa posizione, più o meno. Stessa dinamica. Stesso contattino. Stessa sanzione.
Siamo a Torino. E qui è farsa.
Nel palpitante derby della Mole. Decimo di gioco.
Su concitata azione di rimessa laterale, il Gallo devia.
E dove va a finire la palla? Ma sul braccio di Matthijs de Ligt, of course.
Fotocopia dell’episodio di Lecce. Braccio diverso. L’uomo è lo stesso. Tutto uguale.
Ma a Lecce fu rigore.
Qui no. Niente rigore, niente Var per Doveri, il fratello tonto di Jack la Cayenne.
L’arto dell’olandesino viene considerato vicino al corpo, in posizione congrua e con un movimento tale da non lasciar trasparire intenzionalità.
Nella stessa immagine si nota però la differente postura del Piccolo Principe rispetto a quella di de Ligt. Che contraddice un po’ la decisione arbitrale.
Il bosniaco ha le braccia incrociate dietro il corpo. Lui sì dà l’impressione di fare il possibile per evitare il contatto con la palla.
Differente invece la postura dell’olandese, più spericolata, se vogliamo, ai fini dell’interpretazione.
Matthijs dirà candido ai microfoni “La regola è chiara. Dice che se ho le braccia strette non è mai rigore”.
Magari!
Nel pomeriggio si era all’Olimpico. Derby del Sud.
24° del primo tempo. Disimpegno in area azzurra. La palla carambola sul braccio di Lazarillo. Braccio stretto al corpo. Per Rocchi è rigore.
E ancora una volta salta fuori la parola intenzionalità.
Che mi pare sia argomento frequentato più in filosofia che sui campi in erba.
Se hai le braccia strette al corpo, che c’entra l’intenzionalità?
Hai le braccia strette al corpo.
E Se hai le braccia strette al corpo, come dice candido Matthijs, non è rigore mai.
Il caos.
Brutto segno. Brutta aria.
Chi sospettava che il sofisma fosse più volgarmente un pretesto per concedere a chi deve decidere, ampi margini di discrezionalità, ora non sospetta più.
Ma non può durare a lungo. Prima o poi la bomba scoppierà.
Le regole certe sono la condizione fondamentale perché si possa vivere con ordine in una collettività.
Le regole sono la condicio sine qua non per l’esistenza democratica.
Nulla senza regole può esistere.
L’aria che tira suggerisce vieppiù al povero vecchio scriba di lasciar perdere e dedicarsi con maggior allegria ad altri passatempi.
Un buon libro ad esempio.
Consiglio veloce. “Svegliami a mezzanotte” di Fuani Marino.
Ad esempio un buon film.
Che so? La belle époque di Nicolas Bedos. Oppure L’età giovane dei fratelli Dardenne.
Ma poi caparbio tiene duro.
L’Olimpico saluta il Napoli da scudetto più volte proclamato da Re Carlo nei gradevoli ozi di Dimaro.
Proclami che apparivano invero già allora un po’ avventurosi.
Ma poiché era lui a promettere, lui che è un pluridecorato oltre a essere un brav’uomo, in molti ci abbiamo creduto. Quorum ego.
Prometteva un’idea affascinante.
Una squadra tutta votata alla verticalizzazione.
Esterni altissimi. Due mastini in difesa, la migliore coppia europea.
Nessuno a centrocampo a dettare i tempi. Roba da calcio vecchio.
Una teoria di calcio liquido. Che lui chiamava calcio posizionale.
Nessun punto fermo.
Formazioni disegnate di volta in volta sulle caratteristiche degli avversari.
Non è andata.
La coppia centrale non si integra.
Al centro svagatezze e mollezze da svenire.
Verticalizzazioni episodiche. Una infinità di occasioni non finalizzate.
Un po’ per sfiga, un po’ perché quegli arcieri lì proprio non hanno una buona mira.
Non è andata.
L’Olimpico saluta il Napoli a tre punti dall’Europa in una classifica che è la peggiore degli ultimi cinque anni.
Ora ha tutti contro, Re Carlo. E un po’ dispiace per lui.
Non sarà facile raddrizzare la rotta, per salvare almeno il salvabile.
L’Olimpico saluta con una nota positiva.
L’arbitro Rocchi sospende la partita al 68esimo minuto per i cori razzisti.
In un paese dove un partito politico vota l’astensione contro l’odio razziale è un bel segnale.
Non succedeva da un bel po’.
Bello anche il gesto del Ciclope Bosniaco in maschera che invita i tifosi sangue-oro ad applaudire, e a evitare atteggiamenti del genere.
L’episodio si replica al Bentegodi.
Mario Balotelli, vittima di cori discriminatori non ne può più.
Calcia il pallone verso il pubblico e si dirige fuori dal campo.
L’arbitro Mariani sospende il match.
Complimenti alla faccia di bronzo del presidente che nega tutto.
Complimenti all’allenatore Ivan Juric che nega tutto, probabilmente per non inimicarsi la piazza.
Proprio lui più volte offeso con frasi tipo “zingaro di merda”.
Anche queste dichiarazioni uccidono il calcio.
A proposito. Ucciso il parrucchiere del Toy Boy.
Sospetti sul parrucchiere di Mandzukic.