“Motherless Brooklyn” è un film pirandelliano sui meccanismi del potere che stanno avanti alla Legge, Norton è attore e sceneggiatore
“Motherless Brooklyn” è il film più atteso dell’anno perché segna il ritorno di Edward Norton nel doppio ruolo di attore e di sceneggiatore, da un soggetto di Jonathan Lethem tratto da un suo stesso romanzo. Siamo a New York tra Brooklyn ed Harlem negli anni ’50 in pieno fermento urbanistico e Lionel Essrog lavora nell’agenzia di investigazioni del suo mentore Frank Minna (Bruce Willis) che lo ha soprannominato “Motherless Brooklyn (Brooklyn senzamadre)”, perché Frank ha strappato Lionel da un orfanotrofio dandogli casa e lavoro. In un incontro con un losco figuro, Lieberman, per una storia più grande di lui, Frank viene assassinato e Lionel giura di trovare i suoi assassini. ‘Brooklyn’ ha un disturbo della personalità che lo costringe quando si emoziona a dire cose buffe, ma a contrario “ascolta e ricorda tutto”.
Nel tentativo di ricostruire il tessuto politico-imprenditoriale che ha generato l’omicidio di Frank, Lionel si trova davanti la figura di Moses Randolph (Alec Baldwin), una sorta di rozzo Berlusconi ante litteram che passa per filantropo perché dota New York di parchi pubblici, ma che in realtà non fa che costruire ponti di collegamento che sventrano quartieri poveri, soprattutto ‘neri’. A contrastare Moses e la sua ‘Brighton’ ci sono solo la signora Horowitz (Cherry Jones) con il suo comitato anti-gentrificazione, che ha come vice la giovane Laura Rose (Gugu Mbatha-Raw), che nasconde una storia familiare e d’origine ignota a sé stessa.
Fingendosi un giornalista del ‘Post’, Lionel riesce a capire i giochi sotterranei che recitano i vari soggetti, a cui si aggiunge il progettista Paul Randolph (Willem Dafoe) caduto in disgrazia, perché onesto ed inviso al fratello, perché conosce il suo tallone d’Achille. La storia intricata di questo noir-crime non costituisce impedimento ad un film che sebbene duri quasi due ore e mezza ti lascia attaccato lì per scoprire, pirandellianamente, la favola della figlia cambiata. Ma le interpretazioni degli attori – su tutti Norton; che pare sempre di più un Servillo americano – non gli fanno perdere ritmo. Un film sui meccanismi del potere che stanno avanti alla Legge: ma forse ‘c’è qualcosa più grande di Brooklyn”.