La delusione della Juve è forte, e s’è vista sulle facce di Marotta, Agnelli e Nedved in tribuna a Doha, perché la squadra dei record ha perso ripetutamente il confronto col Napoli, facendosi rimontare due volte, chiamando Buffon agli straordinari (due grandi parate, poi altre due sui rigori), ritirandosi a controllare male il match lasciato al Napoli per 90 minuti, escludendo il primo quarto d’ora e il primo tempo supplementare. Poi gli errori sui rigori quando non sono bastati due prodigi di Buffon a tenere a galla la Juve perché, nel confronto fra gli “umili” delle due squadre, Gargano e Koulibaly hanno padroneggiato l’emozione del momento decisivo scaraventando in gol i loro penalty, mentre Chiellini, Pereyra e Padoin fallivano la loro missione.
Tutte le scelte di Benitez sono apparse azzeccate, dalla coppia di lottatori a centrocampo (super-partita di Gargano che da solo ha dissolto il centrocampo bianconero e ha servito l’assist sul secondo gol del Pipita), alla scelta di De Guzman a sinistra, più combattivo di Mertens e magnifico nella fase passiva e in quella attiva (sino al cross del primo gol di Higuain), ad Hamsik più avanzato e coperto proprio da De Guzman, al sacrificio in prima battuta di Callejon su Pogba.
Allegri ha fatto affidamento passivo sulla superiorità della Juve (con tutte le “cifre” del campionato a favore, migliore attacco, migliore difesa, 12 punti più del Napoli), superiorità sulla carta ma pallida sul campo quando gli azzurri, per nulla scossi dal clamoroso errore iniziale col quale regalavano il fulmineo vantaggio ai bianconeri, prendevano il sopravvento. Benitez aveva dato alla squadra la sicurezza e la convinzione di poter giocare il match alla pari con i titolatissimi avversari.
Il Napoli è riemerso “da squadra”, ha saputo cucire il gioco con pazienza, non ha avuto solo la reazione della formazione tutta cuore e slanci, ma ha gestito la gara con sapienza e precisa applicazione, un paio di volte offrendo campo alla Juve (le occasioni sprecate da Vidal e Tevez), ma tenendo alto il baricentro per costringere l’avversario sulla difensiva come mai è capitato alla Juventus, da Conte ad Allegri.
Alla Juve sembrava di poter vincere per gloria e grazia ricevuta. Il Napoli l’ha riportata alla realtà di una partita tutta da giocare contro un avversario che ad alcuni errori difensivi non ha aggiunto la resa psicologica, lo stordimento, la perdita d’ogni equilibrio. Il Napoli ha reagito e rimontato con grande calma e determinazione facendo sembrare piccola una Juventus a disagio contro una squadra azzurra saggia e convinta di farcela.
Man mano sono scomparsi dal campo Evra, Pogba, Vidal, Llorente, Pirlo mentre salivano alla ribalta tutti gli azzurri, irriducibili nei contrasti, pronti a rimediare agli errori e ripartire, svelti a invadere la metà campo bianconera e a mettere palloni pericolosi nell’area di Buffon (due pali, un gol divorato da Callejon, i prodigi di Buffon su due conclusioni di Higuain).
Il Napoli ha vinto ai rigori, ma già in partita è apparso superiore alla Juventus di Doha che ha giocato senza la tradizione grinta, senza una manovra convincente, senza la superiorità tecnica dei suoi giocatori migliori. Il Napoli, umile e bene organizzato, ha tenuto botta al doppio svantaggio e alla malasorte sui pali, tenendo la Juve sotto torchio sino alla rincorsa all’ultimo respiro dei supplementari col secondo gol di Higuain, il centravanti tornato guerriero.
Con la Juventus, il match di campionato dell’11 gennaio al San Paolo già si arroventa. I bianconeri cercheranno la rivincita col sangue agli occhi. Intanto hanno mollato la Supercoppa che avevano conquistato nelle ultime due edizioni con la vittoria del 2012 proprio sul Napoli carica di ombre e arroganza.
Mimmo Carratelli