Il Napoli è solo nella mia testa, non esiste, è una proiezione. Il Napoli è quello che vorremmo che fosse. Non vorremmo mai che fosse quello che è
Domenica mattina mi sono svegliato con l’idea di scrivere un pezzo sul Napoli. Sul dopo Napoli-Parma, sul dopo esonero di Ancelotti, sul dopo arrivo di Gattuso, sull’evviva torniamo al 4-3-3 (come fosse facile) (come se tutto dipendesse soltanto dallo schema). Un pezzo su è tutta colpa di ADL (che a me non ha stupito, per me è sempre stato questo).
Un pezzo su è di certo colpa di Insigne (ma può mai un singolo giocatore, bravo o meno, cocciuto o meno, ignorante o meno influire sulle prestazioni della squadra? Di quasi un anno di prestazioni della squadra?). Un pezzo sul fatto che fosse colpa della città (ma possono mai un’intera città, parte della città, un quartiere, una via, un condominio, un pianerottolo, un appartamento, una stanza influire sulle prestazioni di una squadra?).
Un pezzo sulla questione è tutta colpa dei tifosi (ma può mai un gruppo ristretto di persone, che stia a casa o sugli spalti, che tifi o meno, che critichi o meno, che si faccia sentire o meno, che si disperi o meno decidere il rendimento di una squadra?). Un pezzo, infine, sul fatto che fosse colpa mia (ma può un uomo solo, scrittore o meno, residente nella città d’origine o meno, abitante in laguna o meno, sopravvissuto all’acqua alta o meno, tifoso o meno, osservatore attento o meno, ironico o meno influire sul passato, presente e – dio mio – futuro della squadra azzurra? La risposta è sì, può, è colpa mia).
Stabilite le colpe ho acceso il pc, forza che facciamo il pezzo, su, Gianni, hai il piglio giusto, l’idea, il passo, hai in mente l’incipit, lo sviluppo e anche le conclusioni. Il pc se ne è fregato, un po’ come Koulibaly degli attaccanti del Parma, è rimasto fermo, bloccato da un aggiornamento troppo pesante, un errore di software. Contropiede inevitabile, il pezzo non si può scrivere, segnano gli altri. La domenica prosegue in altro modo, si va a passeggio, si legge.
Lunedì pomeriggio, ho un’idea, il pc andrà, ma le cose sono cambiate, Ancelotti è già vicino all’Everton, beato lui, noi restiamo vicini a Gattuso, poveretto pure lui, in che casino è andato a cacciarsi. Domenica fuori Calle e Insigne, si sussurra, dentro Mertens e Lozano. Voci dicono che Ancelotti si era già accordato sei anni fa con l’Everton, Gattuso era nostro già ai tempi di Mazzarri. Cose nuove. Le multe vanno via, le multe non esistono. ADL è il vigile urbano corrotto che per una piccola mazzetta cancella la contravvenzione. Niente di che, un panettone a Natale, una bottiglia, e intanto possiamo continuare a mettere il nostro Suv in divieto di sosta, entrare nella ZTL, prendere un viale contromano.
Lunedì, tutto evolve, di chi è la colpa? Secondo me resta mia. Sono io il tifoso assente, il Napoli è solo nella mia testa, non esiste, è una proiezione. Il Napoli è quello che vorremmo che fosse. Non vorremmo mai che fosse quello che è. Nella mia testa da tifoso il Napoli non è, non è più, non può essere. Nella mia testa di osservatore il Napoli deve provare a svangare quest’anno e l’anno prossimo se ne parla. Ridimensionati, mi sa, ma almeno senza illusioni o vaneggiamenti.
Nella mia testa è colpa di Ancelotti, di mezza squadra, di ADL, perciò è colpa mia. Continuo ad affidarmi all’erba e al pallone, cose che non c’entrano più niente, anche se, ogni tanto, una rovesciata o un bel colpo di testa tornano a farci fessi. Dura poco. Parlo di pallone con mio padre al telefono, ma stiamo parlando d’altro, non commentiamo un gol da due mesi. Ci siamo talmente distratti che nemmeno abbiamo accennato al bellissimo gol di Mertens contro il Liverpool. Papà, non ti preoccupare, è colpa mia. Il computer però non funziona, il pezzo non si scrive, le cose cambiano di nuovo.
Martedì c’è la cena tamarra della squadra, vi faccio pagare una multina mica posso perdere la faccia, dice uno, vabbè ma almeno ce ne possiamo andare verso le undici?, dicono gli altri. La cena dove ognuno è riuscito a vestirsi peggio dell’altro. Non una bella camicia, una giacca come si deve, un pantalone che calza come dovrebbe calzare, un colore azzeccato (a parte Malcuit che usandoli tutti non ha potuto fallire).
Martedì c’è Ancelotti e famiglia che firmano per l’Everton o meglio stanno firmando, colpa sua, colpa loro, vai Carlo mi piace saperti in Inghilterra, non riesco a immaginarti a riposo, magari là ti viene questo calcio fluido, che qua con tutto il tufo che teniamo non è riuscito. Insigne martedì che ha fatto? Ha cenato? Sì, ma sta ancora incazzatissimo, ma perché? Che vuole, è vero che è colpa mia, ma il gol sbagliato davanti alla porta è colpa sua, per il resto è ininfluente, se non gioca a pallone come dovrebbe sapere. Ma tutto ciò avviene nella mia testa, una testa che sta a Venezia, che fa tutto a piedi, mica sta nel traffico di via Marina. È colpa mia perché a me pare tutto chiaro. ADL, per esempio, mi ricorda un vecchio datore di lavoro di mille anni fa, che un giorno diceva al capocantiere che tutto andava bene, che stava lavorando benissimo, che un muro tirato su così bene non si era mai visto; e il giorno dopo, allo stesso capocantiere, minacce di licenziamento, tu mi imbrogli, tu non sai lavorare. Forse gli somiglia pure un po’ fisicamente. Martedì il computer ancora non va, cambia tutto domani, ma è colpa mia, questo non può cambiare.
È mercoledì, il computer riparte, è il momento, posso fare un pezzo. La conclusione a cui sono arrivato è che è certamente colpa mia, dovevo seguire solo il tennis, lì scegli uno da tifare, che perda o vinca te ne dimentichi in fretta, poi quello che scegli di solito è forte, è Federer, è Nadal, non è che uno scelga di tifare Camporese. Non è come il pallone. Scrivo un pezzo stanco, mi sento come Zielinsky che scivola all’ultimo minuto, mi sento Zielinsky da quattro giorni, mi sento una chiavica, perciò questo pezzo è una chiavica. Non basta l’ammettere di essere colpevoli per scrivere un articolo o un racconto come si dovrebbe. Che fare? Aspettare il Sassuolo? Rimpiangere gli allenatori e i calciatori versati? Ritornare indietro? Ma mica si può, si deve andare avanti, io lo farò, mi assumo la colpa, vado avanti, ci provino anche gli altri se ce la fanno, se si ricordano come si salti un uomo, come si crossi, come si spiazzi un portiere, come si centri una porta.