ilNapolista

I tifosi del Cardiff vincono la battaglia contro il presidente: addio rosso, torna la tradizionale maglia blu

I tifosi del Cardiff vincono la battaglia contro il presidente: addio rosso, torna la tradizionale maglia blu

Vincent Tan Chee Yioun, più semplicemente Vincent Tan, è un ricco imprenditore malese che nel 2010 è diventato azionista di maggioranza del Cardiff.

Il Cardiff FC è una squadra gallese (con lo Swansea ed altre 4 compagini è iscritta alla FA e partecipa alle competizioni da quest’ultima organizzate), non vanta grandi trascorsi. Volendo far riferimento unicamente ai tornei della federazione inglese, nella bacheca dei Bluebirds figurano una coppa d’Inghilterra ed una supercoppa vinte negli anni 20; questi sono stati, fino al 2013 quando lo Swansea si aggiudicò la Coppa di Leg, gli unici trofei sollevati da una squadra non inglese.

Con l’avvento della nuova proprietà c’è stato un deciso cambio di passo, sia in termini di risultati che d’immagine. Nella stagione 2011/2012 il Cardiff fu battuto in finale di Coppa di Lega dal Liverpool solo ai calci di rigore, decisivo fu l’errore dal dischetto di Anthony Gerrard, cugino del più noto Steven.

Qualche mese dopo però i tifosi del Cardiff subirono un altro colpo, questa volta durissimo. Nel giugno 2012 Vincent Tan decise di modificare i colori sociali, passando dal blu al rosso, e sopratutto di modificare lo stemma del club, l’originario uccello blu era sovrastato da un drago rosso. I Bluebirds (questo è sempre stato il soprannome del Cardiff) avevano da poco festeggiato il centenario e si trovavano ora a fare i conti con uno stravolgimento epocale.

La proprietà motivava questo cambiamento come “conseguenza di un ampio pacchetto d’investimenti volti ad aiutare il club a sviluppare il suo marchio e consentire l’espansione ad un più vasto pubblico internazionale”. Immediata fu la reazione di Tim Harley, capo del Supporter Trust del Cardiff: “questo cambiamento metterebbe fine ad un secolo di tradizioni, accogliamo con favore le proposte d’investimento da parte della proprietà, la stabilizzazione dei conti del club e soprattutto il saldo dei debiti. Tuttavia ci sono ancora delle questioni che devono essere risolte”.

Fu una mobilitazione imponente, che vide coinvolti anche il governo e le forze parlamentari; il ministro Lewis dichiarò: “non è compito del governo sindacare sulle scelte di un club in termini di stemmi o colori, tutti i potenziali investitori sono i benvenuti, ma i tifosi sono la linfa vitale di una squadra di calcio ed il loro parere è fondamentale quando si tratta di cambiamenti così importanti.

La proprietà provò a far digerire la scelta, non solo legandola a possibili investimenti finanziari ma provando ad evidenziare i nessi che esistono tra i simboli scelti, l’Asia ed il Galles.

Per Vincent Tan il rosso è sinonimo di fortuna, da sempre presente nella cultura gallese, come simboleggiano le maglie della nazionale di calcio, in Asia è emblema di prosperità e ricchezza. Per accattivarsi la benevolenza dei tifosi, in merito al cambio dello stemma, l’imprenditore malese spiegò come il drago nella cultura asiatica ha un forte significato spirituale, è simbolo di forza e si salda perfettamente alla tradizione del drago rosso gallese.

Basti pensare che uno dei primi ad adottarlo intorno alla seconda metà del 600 fu Cadwaladr, sovrano di Gwynned, in seguito sarà riproposto da Enrico Tudor (Enrico VII) nella decisiva battaglia di Bosworth Field del 22 gennaio 1485 che pose fine alla guerra delle due rose. Nel 1959 sarà riconosciuto dalla regina Elisabetta II come simbolo della bandiera gallese.

I tifosi del Cardiff però non furono convinti dalla bontà del progetto e subito si organizzarono con la campagna “Keep Cardiff Blue” in difesa della tradizione e dell’identità del club. Le proteste proseguirono per tutta la stagione, in parte oscurate dal raggiungimento della promozione in Premier dopo oltre 50 anni. Durante questa cavalcata, l’istrionico presidente del Cardiff in un’intervista alla BBC ventilò l’ipotesi di trasformare il Cardiff FC in Cardiff Dragons, quando la voce iniziò a diffondersi, Vincent Tan si cautelò dicendo che qualunque decisione sarebbe stata presa in accordo con i tifosi.

Alla vigilia della nuova stagione, presentando la campagna acquisti, Tan annunciò un miglioramento sensibile nell’estinzione del debito, ma si dichiarò amareggiato dalle continue proteste dei tifosi: “se troppi supporters mostrano che noi non siamo i benvenuti, forse avranno un nuovo proprietario ma ora è il mio momento per cui non siano troppo distruttivi.”
La stampa qualche giorno dopo stuzzic
ò maliziosamente Vincent Tan a proposito di un possibile cambio del nome, sulla scia dell’Hull City: “sì, penso sia una buona strategia ma non sto dicendo che noi stiamo facendo qualcosa di simile. Domani non voglio trovarmi l’e-mail piena di proteste, dico “mai dire mai”, per ora non cambieremo nulla.”

La stagione 2013/2014 fu avara di soddisfazioni per il Cardiff: al termine del campionato la squadra fu retrocessa. Ma al centro dell’attenzione c’era sempre lui,Vincent Tan. All’esordio casalingo, il 25 agosto 2013, i tifosi organizzarono un corteo per difendere gli storici colori sociali. Nell’ottobre del 2013 il Cardiff ha sospeso Iain Moody, direttore sportivo della squadra, per sostituirlo con Alisher Apsalyamov, un ragazzo kazako ventitreenne, amico del figlio del Presidente, distintosi durante l’estate per aver dipinto il Cardiff City Stadium. La singolare esperienza durò appena due mesi: a fine 2013 il ragazzo lasciò l’incarico.

Quei giorni però furono davvero molto caldi. Il Cardiff era solo pochi punti sopra la zona retrocessione, ma in una condizione relativamente tranquilla. A complicare la situazione vi fu un duro scontro tra l’allenatore Malky Mackay (artefice della promozione in Premier League) e Vincent Tan. Alla richiesta di nuovi innesti per il mercato di gennaio, il patron si dichiarò sorpreso, vista la cifra spesa in estate, nonché amareggiato per il gioco della squadra. Diede così un ultimatum all’allenatore scozzese: o dai le dimissioni o ti esonero. Qualche giorno dopo, nella trasferta di Liverpool, nonostante la sconfitta i tifosi non fecero mancare il sostegno al manager scozzese: Don’t sack Mackay / Malky Mackay / I just don’t think you’d understand / That if you sack Mackay, Malky Mackay! You’re gonna have a riot on your hands! “

Le proteste assunsero dimensioni importanti qualche giorno dopo. Al boxing day i supporter del Cardiff organizzarono una manifestazione dal duplice significato: da un lato proseguire nella protesta per il ripristino dei vecchi colori, dall’altro sostenere l’allenatore. Contestazioni che non colpirono particolarmente Vincent Tan che proprio in quei giorni decise d’investire poco più di due milioni nell FC Sarajevo. Lo scopo era gestire una società satellite per scambiare giocatori, giocare amichevoli e organizzare campagne di marketing.

Tornato da Sarajevo, continuando ad ignorare le proteste dei tifosi, esonerò Mackay e affidò la squadra ad Ole Solskjær, gallese ed ex attaccante del Manchester United, il quale però non riuscì a salvare il Cardiff dalla retrocessione.

Nel calcio moderno c’è la difficoltà di coniugare il rispetto delle tradizioni e le esigenze di marketing (ne sappiamo qualcosa anche noi con le contestate maglie campuflage e jeans che, personalmente, trovo inguardabili). Il coefficiente di difficoltà aumenta quando ci s’imbatte in dirigenti eccentrici a digiuno di calcio. Trattare con un presidente che, tra il serio e il faceto, preferisce comprare giocatori che abbiano il numero 8 nella loro data di nascita perché è considerato di buon auspicio nella cultura cinese non dev’essere facile.

Certo le proteste, gli striscioni e i cortei sono sicuramente un ottimo strumento per sensibilizzare il tifo e l’opinione pubblica, ma un mezzo che si sta rivelando oltremodo valido sono i Supporter Trust. Qualche mese fa vi abbiamo raccontato del tentativo napoletano, per ora possiamo limitarci a registrare i successi provenienti dall’estero come nel caso del Chelsea.

O come del Cardiff. Le contestazioni sono proseguite e recentemente lo stesso Tan, in un’intervista a Sky Sport aveva confermato: vorrei dire una cosa, le proteste non mi faranno cambiare idea. Il Cardiff resterà rosso , mi auguro che i fan sosteranno la squadra verso la promozione.” Il 31 dicembre il Cardiff Supporter Trust ha inviato una lettera aperta al Presidente in cui lo si ringraziava per l’impegno e i notevoli investimenti nel club ma chiedeva nuovamente il ritorno al blu preannunciando una marcia per il 31 gennaio prossimo da parte di tutti i principali gruppi dei tifosi del Cardiff.

Il nuovo anno ha portato evidentemente consiglio, così in un comunicato diffuso dal club si legge: “Il Cardiff FC riconosce che uno degli aspetti chiave del club sono i tifosi, motivo per cui la dirigenza incontrerà un gruppo di tifosi, non solo quelli del Supporter Trust, l’8 gennaio per condividere le loro idee su diversi aspetti del Club. Teniamo molto ai nostri tifosi ed il loro parere è importante per noi.”

Dev’essere stato un incontro molto proficuo, i tifosi del Cardiff sono stati particolarmente persuasivi o molto fortunati. Infatti in un lungo comunicato apparso ieri pomeriggio sul sito ufficiale del Cardiff, Vincent Tan spiega come durante queste festività abbia lungamente riflettuto e trascorrendo del tempo con sua madre, una devota buddista, abbia avuto modo di riscoprire i valori della solidarietà, dell’unità e della felicità. Parafrasando John F. Kennedy [Non dobbiamo mai negoziare per paura. Ma non dobbiamo mai avere paura di negoziare] comunica che: a partire dal 10 gennaio, fino al termine della stagione indosseremo le maglie blu per le partite casalinghe, quelle rosse per le trasferte. Questa decisione varrà anche per la stagione 2015/2016. Lo stemma sarà ridisegnato per riflettere il dominio blu, celebrando il patrimonio e l’orgogliosa storia del club. Desidero inserire anche elementi rappresentativi della mia cultura e delle mie credenze, che spero siano rispettate.”

We’ll always be Blue and Blues is back.
Alfonso Noël Angrisani

ilnapolista © riproduzione riservata