ilNapolista

La delicata psicologia del portiere e l’importanza del gruppo: il Noi deve prevalere sull’Io

La delicata psicologia del portiere e l’importanza del gruppo: il Noi deve prevalere sull’Io

Il ruolo del portiere è molto particolare, il portiere “non può sbagliare…” In tutti i club e tra gli allenatori è prassi consolidata, ed è psicologicamente corretto, stabilire fin dall’inizio chi è il titolare e chi la riserva. I giocatori lo sanno bene, perché è proprio la delicatezza (psicologica: deve giocare sereno…) del ruolo che porta a ridurre al minimo le tensioni interpersonali. Ma la fiducia non è mai illimitata. I tecnici dicono al collettivo che tutti sono titolari, o chi sbaglia paga… questo perché la competizione per il posto non dev’essere un fatto acquisito ma va sempre guadagnato (in allenamento e in partita). Per cui un sano dualismo fra contendenti crea la giusta tensione che alza l’impegno, e la motivazione.

Per i grandi club impegnati su più fronti il mister può ben dire che per le coppe va in campo il secondo, (turnover programmato) giocando in anticipo su un eventuale malumore del titolare. Nel corso di un campionato non mancano i cali di forma (ognuno ha il suo ciclo, o i suoi alti e bassi) e così il mister, in stretta interazione col preparatore, può decidere la sostituzione senza per questo minare i rapporti tra i portieri stessi, o peggio mandare in depressione o su tutte le furie chi era partito titolare. Va sottolineato che i portieri e il loro preparatore costituiscono un piccolo gruppo che dev’essere psicologicamente unito, perché essi hanno la responsabilità della “psicologia della porta”. Che vuol dire non solo parare ma saper fare il difensore, saper guidare la difesa, saper giocare con i piedi (e le mani) ad esempio nel far ripartire un’azione offensiva, oltre che creare serenità a colui il quale in quel momento è il primo portiere. E nel contempo far sì che il secondo si trovi sempre pronto per subentrare.

L’allenatore potrà dire loro chiaramente che dopo una o due prestazioni non convincenti, subentra l’altro (turnover tecnico) e ciò senza che l’escluso perda la sua fiducia (questi sono i patti). Da queste dinamiche, dove una più o meno sottile incertezza è una costante, i portieri non dovrebbero far calare troppo la propria autostima. Ovviamente un allenatore preparato deve essere pronto ad affrontare tali decisioni. Personalmente, come psicologo del calcio, quando “alleno” gli allenatori faccio loro simulare anche situazioni molto difficili come queste, affinché siano pronti a rispondere efficacemente a una situazione del genere. La stampa, se i calciatori danno loro importanza, può influire sullo stato psicologico e alterare le relazioni con i compagni. In definitiva, se all’interno di un collettivo assai numeroso, comprendente tutti, dal mister ai suo collaboratori, ai calciatori perfino al magazziniere, non prevale il senso del Noi su quello dell’io c’è poco da fare, almeno nel breve tempo.
Aldo Zerbini (psicologo dello sport, collaboratore del centro tecnico di Coverciano)

ilnapolista © riproduzione riservata