ilNapolista

Il napolista degli effetti speciali: «Ho apprezzato Benitez dal secondo giorno. Il Napoli non è una via di riscatto per Napoli»

Il napolista degli effetti speciali: «Ho apprezzato Benitez dal secondo giorno. Il Napoli non è una via di riscatto per Napoli»

Alessandro Cioffi, 47 anni, sposato, due figli di 16 e 10 anni. Originario dell’Arenella, vive a Monaco da 15 anni, per ragioni sentimentali e opportunità professionali. VFX Supervisor, è a lui che dobbiamo gli effetti speciali di film come Captain America, Iron Man, The Avengers e X-Men, tanto per citarne alcuni. 

Racconta che la vita, a Monaco, scorre “una bellezza”, ma non ama fare paragoni con Napoli, parla solo di diversità: “La pizza, per esempio, qui si chiama come da noi, ma è un’altra cosa. È pure buona, a volte, ma è un piatto diverso”. Di Napoli – “la città di pietra, una mamma di cui alcuni dei suoi quasi accidentali abitanti non sono che lontani parenti” – gli manca la luce in alcuni momenti del giorno, ciò che la città nasconde, le corti chiuse, i giardini segreti, “la bellezza misteriosa e improvvisa che si spalanca agli occhi oltre il buio dei vicoli stretti e che toglie il fiato”. Ha nel cuore “Malafemmena”: “L’ho cantata al mio matrimonio, le amiche tedesche erano in visibilio”, racconta.

La sua prima partita al San Paolo è stata Napoli-Torino, 1974-75, con il nonno. Finì 1-0, “lo stadio mi sembrò immenso”, dice. Il San Paolo per lui è un rimpianto: “È lì che Lui apparve un pomeriggio d’estate, è lì che vinse, che vincemmo quasi tutto. Da quando è stato deturpato, alla fine degli anni ’80, non posso più guardarlo senza un velo di tristezza”.

Il Napoli per lui non rappresenta la città di appartenenza, anzi, ha sempre guardato con sospetto chi pretende di far passare il riscatto della città attraverso il calcio. Vive le vicende sportive della squadra con astrazione rispetto alla realtà sociale. Ammira Benitez fin dal secondo giorno del suo arrivo a Napoli (“Il primo giorno portava ancora con sé un aura di ex-interista”, specifica), gli piace la tenacia dello sforzo di riportare significati e valori puramente sportivi nel disgraziato ambiente che circonda la squadra, “ambiente refrattario al buon senso: non capisco la deriva disfattista che si abbatte sulla squadra ad ogni passo falso”, spiega.

Di questo Napoli gli piace il progetto, la possibilità di guardare “at the big picture”, il fatto che “prendiamo tanti gol, ma ne facciamo altrettanti e belli”; certo, bestemmia anche lui ad un contrasto perso appena fuori area da Inler “o ad una visione mistica improvvisa di Albiol durante un corner avversario”, ma apprezza l’impegno e le qualità di tutti. Soprattutto, è un tifoso incondizionato, irrazionale e vero di Hamsik: “Nun me tuccat ‘o capitan”, chiosa.

La partita la guarda a casa da solo, in contatto chat con gli amici, con i quali commenta “trivialmente” ogni passaggio. I suoi riti scaramantici: accende la tv un minuto prima del calcio di inizio, non legge notizie sul Napoli il giorno della partita, le sue sigarette sono come i cambi di Benitez: “Oltre a quella al calcio di inizio, mai prima del 22’”, spiega. L’arbitro decreta il via. La famiglia è confinata al piano di sotto. Lui, invece, nel suo habitat da tifoso: divano, cuffie (in pieno e teutonico rispetto per la sfera privata altrui), vino e tabacco. Mentre Bergomi si esalta con Guarin e i recuperi di Ranocchia, lui ragiona a voce alta sul fatto che Medel è quasi più brutto di Victor. Nell’intervallo mangia un pretzen camminando avanti e indietro per casa. È teso. Considera il pareggio come un coito interrotto: da evitare. Poi, ad un tratto, dice: “Hamsik alla quinta buttata via la mette dentro” e Hamsik va in gol. Alessandro si sbraccia in silenzio: come in un film muto mima con effetti speciali la gioia per il gol del capitano. Sulla strepitosa rete del Pipita ci prega di annotare che gode tantissimo. Poi l’Inter pareggia e lui Accusa, moltissimo. Se fosse un film sarebbe un flop. The end.
Ilaria Puglia

ilnapolista © riproduzione riservata