Contro l’Inter, come contro Lazio e Juventus, ha abbandonato le velleità di dominio dell’avversario. Oggi il Napoli non può consentirselo
L’anima pragmatica di Gattuso
Inter-Napoli è una partita non del tutto nuova, non del tutto diversa, nella (breve) storia del Napoli di Gattuso. Anzi, in realtà basta andare con la mente alle altre due vittorie significative dell’ultimo periodo per individuare le stesse chiavi tattiche. Contro la Lazio e la Juventus al San Paolo, tre settimane fa, il tecnico del Napoli aveva applicato una strategia simile a quella utilizzata a San Siro.
Contro l’Inter, la tendenza a contrarre la squadra in difesa è apparsa più marcata anche a causa della formazione schierata da Gattuso – l’assenza di Insigne ha determinato un cambio di caratteristiche dei giocatori in campo, il tecnico del Napoli infatti ha scelto Elmas per sostituirlo, piuttosto che Lozano, Politano o Zielinski –, ma in realtà i dati sull’atteggiamento tattico del Napoli evidenziano la continuità tra queste tre partite: in fase di non possesso, la squadra di Gattuso ha tenuto un’altezza simile sul campo (baricentro posto a 42 metri contro la Lazio, a 41,7 metri contro la Juventus, a 39 metri contro l’Inter.
Oltre a questa prossimità posizionale, vanno però registrate alcune differenze. Intanto, il modulo: anche in fase attiva, il Napoli non ha mai abbandonato il 4-5-1 (oppure 4-1-4-1, che dir si voglia). In questo senso, la scelta di schierare Elmas è stata decisiva: il macedone si è mosso come un centrocampista laterale, non come un esterno offensivo. In pratica ha tenuto una posizione più arretrata, non si è accentrato continuamente per convergere sul destro, ha garantito ampiezza per l’intera partita.
La heatmap di Elmas
Con Elmas e Callejón sempre larghi, e attenti in fase difensiva, il Napoli ha potuto mantenere la superiorità numerica in tutte le zone del campo con l’Inter in fase di possesso. La squadra di Gattuso non ha accusato scompensi neanche quando le due mezzali (Sensi e Barella) o uno dei due attaccanti si sovrapponevano sull’esterno oppure nei mezzi spazi. Le coperture preventive erano garantite dai ripiegamenti degli interni e soprattutto da Demme, sempre preciso in ogni lettura posizionale. Mertens ha seguito Brozovic praticamente a uomo, e Conte ha sottolineato questa dinamica nel postpartita.
Questo schieramento e questi meccanismi hanno comportato delle rinunce. Intanto, quella al pressing sistematico. Il Napoli, infatti, ha cercato di sporcare la prima impostazione dell’Inter solo in occasioni di azioni statiche – per esempio un rinvio dal fondo o una rimessa laterale. Solo in alcuni casi, dunque, gli azzurri salivano compatti ad aggredire il diamante di costruzione predisposto da Conte, con Brozovic che scendeva al centro e Skriniar e Bastoni che diventavano terzini aggiunti. Quando invece la trasmissione era più rapida, i giocatori di Gattuso preferivano abbandonare la metà campo avversaria e ritrarsi nella propria trequarti per fare densità. E per poter ricreare le marcature preventive di cui abbiamo detto nel paragrafo precedente.
Dopo una rimessa laterale sulla destra, l’Inter gira il pallone dall’altra parte del campo. Bastoni imposta, ma nessuno sale in pressing su di lui. Solo Mertens è più avanzato rispetto alle linee di difesa e centrocampo, e tiene sotto controllo i movimenti di Brozovic.
In questo modo, in queste scelte, si è manifestata l’anima pragmatica di Gattuso. Il tecnico del Napoli ha capito che la sua squadra, in questo momento, non ha gli strumenti e forse neanche gli elementi per difendere in avanti e rimanere equilibrata. E allora ha deciso di giocarsi questa partita accentuando la parte difensiva del suo sistema e puntando sulla qualità dei suoi uomini in fase di ripartenza. Era successo anche un anno fa, proprio in Coppa Italia, con il suo Milan contro il Napoli di Ancelotti. Non a caso, anche l’altra grande occasione costruita dagli azzurri, con Zielinski a fine primo tempo, è arrivata al termine di un veloce ribaltamento di fronte.
In campionato, sempre contro l’Inter, la scelta fu opposta: il Napoli scese in campo per cercare di dominare la partita, per provare ad aggredire l’avversario fin dentro la sua area di rigore. Le puntuali combinazioni di risalita del campo permisero agli uomini di Conte di aggirare facilmente il pressing degli azzurri, e di aprire praterie enormi per le corse di Lukaku e Lautaro Martínez. Ieri, a San Siro, tutto questo non si è verificato. Perché il Napoli ha lasciato condurre la partita all’Inter (a fine partita il dato del possesso palla vede i nerazzurri avanti, con il 55%), ma nel frattempo ha pensato bene di chiudere tutti gli spazi, disinnescando così sul nascere i meccanismi codificati che caratterizzano – e rendono efficace – il gioco di Conte.
Questo frame è simile a quello precedente, ma c’è una differenza importante: la disposizione dei giocatori dell’Inter. Si vedono tutti gli effettivi di Conte, e sono tutti schermati preventivamente dallo schieramento del Napoli: gli esterni a tutto campo sono guardati a vista da Elmas e Callejón; le mezzali sono coperte da Zielinski e Fabián; Lukaku e Lautaro sono marcati, anche in posizione piuttosto avanzata, da Manolas e Maksimovic; Demme è pronto a offrire aiuto orientandosi in base alla posizione del pallone, mentre Di Lorenzo e Mario Rui sarebbero immediatamente disponibili al raddoppio sulle due punte e/o sui laterali dell’Inter. In questo modo, la squadra di Conte è stata forzata ad un’apertura sulle fasce e poi a un lancio lungo in avanti.
Com’è andata la partita
E così il Napoli difensivo visto a San Siro ha inaridito quasi completamente il gioco dell’Inter. Ma ha anche determinato le condizioni per poter vincere la partita. Prima abbiamo detto della ripartenza che ha portato alla chance sprecata da Zielinski nel primo tempo. Poi c’è il gol realizzato da Fabián Ruiz, ovvero il risultato di un contropiede gestito neanche troppo bene dagli uomini di Gattuso, che però si sono giovati della loro ottima difesa nell’azione precedente e in quel frangente della partita. La chiusura di tutti gli spazi e di tutti i varchi, in avvio di ripresa, ha invitato l’Inter ad alzare il ritmo del suo gioco, a portare più uomini nella metà campo avversaria.
L’azione del gol di Fabián Ruiz comincia da qui. L’Inter è sbilanciata, ci sono sei uomini in maglia nerazzurra dentro la trequarti del Napoli – che però ha otto uomini più Elmas (la cui gamba è visibile in alto a destra) in copertura.
I nerazzurri, per provare a sbloccare la partita, hanno quindi deciso di rischiare. La prima parte del secondo tempo è stata abbastanza difficile per il Napoli che non riusciva quasi mai a venir fuori dalla pressione dell’Inter. I giocatori di Conte hanno fiutato l’odore del sangue, allora hanno fatto all-in. Però sono stati puniti da una squadra che, nonostante tutto, ha dei valori tecnici ben sopra la media – e la conduzione del pallone e le finte e il tiro di Fabián Ruiz sono un segnale chiaro, in questo senso.
Un tiro da vedere e rivedere
Dopo la rete dello spagnolo, Conte ha provato a cambiare assetto e uomini per cercare di raggiungere il pareggio. Così facendo, ha solo creato qualche azione di pura confusione, con appena due occasioni nitide – le conclusioni ravvicinate di Lukaku e D’Ambrosio. Per chiudere il discorso puramente tattico: oltre a uno schieramento più accorto, e a un maggior equilibrio percepito nelle varie fasi di gioco, l’assenza di Insigne ha determinato anche un minore sbilanciamento nella scelta della zona di campo su cui costruire gioco. Il Napoli di Gattuso utilizza tantissimo le fasce laterali, e quando c’è in campo il numero 24 finisce per sovraccaricare quella sinistra. Ieri sera, invece, le manovre sono partite da entrambe le corsie. Anzi, il Napoli ha giocato più a destra (45%) che a sinistra (41%).
Conclusioni
Cosa resta, dunque, di Inter-Napoli? Innanzitutto, la certezza che in questo segmento della stagione la squadra di Gattuso si esprime al meglio con un piano partita difensivo, piuttosto che con uno dominante. La predilezione per il possesso resta la caratteristica più evidente (anche ieri sera, alla fine, il Napoli ha tenuto il pallone per il 45% del tempo di gioco), solo che la circolazione della sfera è più efficace come arma difensiva, piuttosto che offensiva.
Gattuso, forse, ha capito che ora come ora non può chiedere di più alla sua squadra. Certo, resta un’incognita: come saranno preparate e gestite, da qui a fine stagione, le partite in cui il Napoli dovrà affrontare avversari inferiori per qualità individuale e collettiva? Non a caso, lo stesso tecnico calabrese ha spiegato – nel postgara di ieri – che lui desidera avere e vedere «due Napoli, uno in fase difensiva e un altro in fase offensiva».
La prima di queste due squadre esiste ed è anche efficace, quando viene “schierata”. La seconda, invece, è ancora in fase di costruzione. Però finisce per fagocitare la prima quando deve essere chiamata in causa – per esempio la partita contro il Lecce, in cui il Napoli non è riuscito a essere equilibrato. Passa da qui, dalla ricerca di un nuovo compromesso tra pragmatismo e qualità offensiva, il futuro a medio termine della squadra di Gattuso. E forse anche quello a lungo termine dell’allenatore.