A New York sono le 14.45 e i napoletani esuli sono in fervida attesa per una partita fondamentale dati i risultati della giornata. Rosario Procino è pronto: 43 anni, sposato con due figli, Matteo (12 anni) e Davide (8 anni), ingegnere in pensione, è ristoratore per passione. E che ristoratore! Rosario è il proprietario del Ribalta, sulla 12th strada, sede del Napoli Club New York: una casa, per lui e per tanti tifosi napoletani a New York. Soprannominato “Romario” per la passione che gli scatenò il brasiliano nei Mondiali del 1994, contro l’Italia di Sacchi, Rosario è nato e cresciuto al Vomero, in via Fracanzano. Nel 1998, appena laureato in Ingegneria, si trasferì a New York per raggiungere la moglie newyorkese conosciuta in vacanza tre anni prima.
Racconta che a New York si vive “tristemente bene”. Descrive la città come un mix perfetto tra efficienza e operosità americane e confusione e creatività napoletane. Dice che qui si è sentito a casa dal primo giorno, e che per un napoletano non è una sensazione così facile da provare, ma aggiunge che gli mancano il mare, la famiglia, gli amici, la mozzarella: “Perché a Napoli non si può vivere bene come a NY? Perché a Napoli non si può vivere col sogno di diventare imprenditore?” si chiede tristemente.
Il suo piatto preferito è la pizza, non a caso a New York ha tre pizzerie: “Senza pizza non so stare. Quando sono arrivato qui mi è bastato poco per capire che quella che loro chiamavano pizza, pizza non era. E allora ho capito che se volevo la pizza, la mia pizza me la dovevo fare io…”.
È particolarmente legato a piazza Fuga, luogo della sua adolescenza, e alla scogliera di Giuseppone a mare, da dove il lungomare appare in una prospettiva unica, isolata dal resto: “Una birra, due amici e puoi stare lì per ore a guardare la città dal basso, dal mare”. La sua canzone napoletana del cuore è Reginella: la cantava sempre sua nonna.
Napoli per lui è una risorsa enorme: “È ora che i napoletani si riprendano la città e facciano partire il riscatto”, ma la città è legata indissolubilmente alla squadra: “Il Napoli è amore, passione, fede, voglia di riscatto, è la mia terra, la mia città. Non si può parlare del Napoli e non finire a parlare di Napoli, del Sud, delle tue radici”.
È affascinato dalle alchimie del Principe di San Severo, ma per lui Napoli è tradizione, leggende, storie e voci popolari e racconta che la tradizione che gli manca di più è andare allo stadio ogni domenica.
La sua prima partita al San Paolo è stata Napoli-Roma 1-0, campionato 1981/82. Era il Napoli di Krol e lui era in Curva B. Per lui il San Paolo è come la basilica di San Pietro per un cattolico: “Ho avuto la fortuna di averlo vissuto in tutti i suoi aspetti. Abbonato in curva B dai 10 ai 18 anni, dipendente del Napoli come addetto al controllo degli spogliatoi dai 18 fino ai 26. L’ho vissuto dal suo ventre, fino ad essere invitato da De Laurentiis in Tribuna d’Onore lo scorso anno”, racconta.
Benitez gli piace ma lo fa anche incazzare moltissimo, anche se lo ha criticato solo dopo Bilbao. È convinto che si possa riagguantare il terzo posto. I suoi idoli sono sempre stati i guerrieri, quelli che al Napoli mancano, ma è legato ad Insigne che in campo mette tutto il cuore.
La partita la vede nel suo Ribalta, naturalmente, con altri 20 tifosi. Il gol di Gabbiadini gli sembra così assurdo che quasi non esulta. Al gol di Higuain cade dalla sedia. A quello di Insigne al Ribalta si scatena il delirio e le lacrime dello scugnizzo commuovono tutti: “Dimostrano che gioca col cuore”. Rosario si emoziona perché, sul 3-1, continuiamo ad attaccare.
Poi, al 23° del secondo tempo, gli si scarica il telefono. Poco prima che si interrompa il collegamento dedica i tre gol a noi del Napolista, con una menzione speciale per Anna Trieste e Mimmo Carratelli. Ciao Ribalta, è stato un onore: il rigore di Higuain ve lo dedichiamo noi.
Ilaria Puglia