Sono cominciate le grandi manovre nel mercato delle media company e delle aziende di telecomunicazione. Sempre più spesso nel mercato americano e in quello europeo aziende televisive e service provider di telefonia e internet cercano di trovare una convergenza firmando accordi commerciali o puntando alla fusione. La competizione è sempre più da affrontare su scala globale e i contenuti (sport, film, serie tv) hanno bisogno di essere distribuiti su tutte le piattaforme possibili (streaming, cavo, satellite, iptv). Per questa ragione anche in Italia sono in atto diversi movimenti che potrebbero portare molte novità per i consumatori.
La prima mossa è stata quella di Sky che ha riunito in un’unica azienda BSkyB (Inghilterra e Irlanda), Sky De (Germania ed Austria) e Sky Italia dando vita a un colosso da oltre 20 milioni di abbonati. In Inghilterra i canali di BSkyB sono disponibili sia via satellite (come anche da noi) che via cavo attraverso la rete di BT (ex British Telecom), sia pure con un’offerta “a consumo” sempre via Internet nota col nome di Sky Now (in Italia Sky On Line). Tuttavia le trasmissioni via cavo o via fibra ottica all’estero sono una realtà consolidata da anni mentre da noi sono qualcosa di ancora praticamente sconosciuto e per questa ragione ha un peso rilevante l’accordo tra Telecom (che a breve assumerà la nuova denominazione TIM) e Sky per portare via fibra ottica l’intera offerta di Sky nelle case di coloro che per ragioni tecniche non possono installare la parabola (ad esempio nei centri storici delle città italiane). Un accordo triennale (con ottimi introiti minimi garantiti) che consente a Sky di rafforzare la sua posizione di primo attore nel mercato italiano della pay tv.
Ma nel mercato della pay tv dell’ultimo anno è da registrarsi anche la notizia che Mediaset Premium si è aggiudicata per il triennio 2015/18 l’esclusiva per Champions League, con Sky che rischia per la prima volta dopo oltre dieci anni di non trasmettere la massima competizione calcistica europea. Certo Sky avrà in esclusiva tutte le partite di Serie A, avrà in esclusiva l’Europa League, le partite delle Nazionali e i canali Fox Sports (Premier League, Bundesliga, Liga), ma la perdita è significativa.
Mediaset Premium esiste d’altro canto da diversi anni. Nata come alternativa low-cost alla pay-tv satellitare, nel corso del tempo ha dovuto fare i conti con i limiti tecnici del digitale terrestre (limitazione dei canali HD) e con l’incremento dei costi dei diritti, finendo per generare perdite di bilancio ripetute al punto che Mediaset ha smesso di pubblicarne i bilanci separatamente per inglobarli invece in quelli del gruppo.
Dal 1° dicembre scorso Premium, con in pancia i pregiati diritti della Champions, è stata costituita come S.p.a. posseduta all’89% da Mediaset e all’11% da Telefonica. La mossa è stata letta subito come un invito a nuovi soci ed eventuali acquirenti; si sono infatti interessati sia il gruppo arabo BeinSport che quello francese Vivendi, ma per diverse ragioni non hanno ritenuto di procedere. Il problema è che Premium dovrà sborsare oltre 700 milioni di euro nei prossimi 3 anni per la Champions League e come dichiarato dai suoi manager sarà necessario un cospicuo aumento del numero degli abbonati (oltre ad un incremento dei prezzi degli abbonamenti) per centrare il break-even, una prospettiva tutt’altro che certa. Per gli analisti di mercato però non è realistico che 3-400 mila abbonati lascino Sky per Mediaset per la sola Champions League a fronte di una così grande differenza di qualità nei contenuti e nei servizi; per questa ragione in molti hanno sostenuto l’utilità di un accordo tra le due pay-tv, possibilità però sempre negata dai protagonisti nel corso degli ultimi mesi.
Tutto è però cambiato all’inizio di questa settimana quando indiscrezioni di possibili accordi con Vivendi o con Sky hanno spinto il titolo Mediaset a una crescita record in Borsa (+8%). La stampa ha disegnato scenari diversi: dalla cessione dell’intero gruppo Mediaset ai francesi, alla cessione del solo ramo pay-tv. È addirittura di oggi la notizia di un incontro avvenuto nei giorni scorsi tra Rupert Murdoch (21st Century Fox, Sky) e Silvio Berlusconi per la possibile acquisizione di Premium da parte del gruppo Sky, l’incontro è avvenuto come confermato da Pier Silvio Berlusconi che però ha rifiutato di commentare la possibilità di un accordo. La situazione è quindi in continua evoluzione. Considerando che Vivendi a breve diventerà primo azionista di Telecom e che l’azionista di riferimento, il finanziere bretone Vincent Bolloré, ha ottimi rapporti sia con Murdoch che con Berlusconi, la partita potrebbe quindi coinvolgere in qualche modo anche il primo gruppo telefonico del paese, ipotesi quest’ultima che sembra però davvero complessa da realizzare.
Più in generale possiamo dire che l’Italia sembra muoversi nella direzione degli altri paesi più avanzati, per consentire di vedere canali e contenuti disponibili su più piattaforme diverse, ad esempio al pc via streaming oppure in Tv via cavo o via satellite, ed ancora avere canali di una pay-tv visibili in opzione sulla piattaforma di un concorrente (ad esempio BSkyB e BT, oppure Canal+ e BeinSport, etc).
Per i clienti-tifosi la situazione attuale impone di scegliere a quale pay-tv abbonarsi per seguire la propria squadra e vedere anche le coppe europee, tuttavia il quadro ad oggi ha solo alcune certezze: per quanto concerne la Serie A, Sky trasmetterà tutte le 380 partite del campionato di tutte le 20 squadre, mentre Mediaset solo le partite di 8 squadre (che saranno definite non prima di luglio), per il resto Europa League su Sky e Champions League su Mediaset, con una partita di Champions e una di Europa League che andranno sempre in chiaro il mercoledì e il giovedì. A coloro che si abbonano alla pay-tv per le sole partite è bene consigliare di attendere il più possibile prima di stipulare l’abbonamento per la prossima stagione per essere certi di chi trasmetterà cosa ed evitare sorprese dell’ultimo minuto.
Andrea Iovene