La “breaking news” del rinvio degli Europei non è interessata a nessuno. Dicono che c’è il timore che la Premier non finisca, le vere paure sono altre
Nella bolla rarefatta in cui il calcio galleggia il rinvio degli Europei è stato annunciato come una notizia sconvolgente. Al di fuori della bolla, però, in un mondo in chiusura causa pandemia, la “breaking news” ha preso un suono strano. Appena un mese fa sarebbe stato un terremoto, oggi l’abbiamo accolta quasi con l’attenzione che si riserva all’infortunio della riserva del terzino destro della squadra per cui tifiamo.
E’ l’irrilevanza inconsapevole in cui è piombato lo sport, in un momento di crisi sistemica globale. Eventi che fino ad un attimo fa sembravano enormi ora rimpiccioliscono di fronte all’emergenza, ma non se ne accorgono. Lo scrive Marina Hyde sul Guardian, in una lucida e ironica analisi della situazione in cui lo sport va riposizionandosi nelle priorità della gente. Il divertimento popolare non è più un affare di stato, insomma. Potrebbe tornare relegato al suo essere divertimento punto e basta.
Hyde fa l’esempio della dichiarazione di Gianni Infantino il presidente della Uefa che prima di sospendere le competizioni europee aveva continuato a far giocare le partite con sprezzo della salute pubblica. Infantino, che annunciando il rinvio dell’Europeo, dice: “Cooperazione, mutuo rispetto e comprensione devono essere i principi guida che devono avere in mente tutti quelli che prendono decisioni in questo momento”. Una cosa – scrive Hyde – che deve aver avuto un gran significato per il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, ascoltandola dal Presidente di una associazione di base in Svizzera ad un’altra.
E così la decisione da parte di Sky Sports di non far pagare ai pub i pacchetti calcio e sport per il prossimo futuro, data come “breaking news”, quando di lì a poco avrebbero chiuso i pub del tutto. dà la misura di quanto le cose siano già cambiate.
La sospensione della Premier League è un perfetto termometro di questo cambio di visione: si parla ancora di “vero timore” che la stagione potrebbe non finire. Ma ora dovremmo – scrive il Guardian – ragionare se questo “vero timore” rientrerebbe oggi nella lista delle nostre “reali paure”.