Sul Fatto. Gli studi dicono che il virus porta danni al cuore e ci sono anche calciatori tra i contagiati. Ma al calcio non frega niente. Quello che conta è tornare a giocare
“Al calcio italiano manca solo una cosa, che ci scappi il morto: un calciatore che lasci le penne in campo mentre gioca in condizioni inumane partite insensate, utili solo a riaprire il rubinetto dei soldi dei diritti-tv, che poi è l’unica cosa che davvero sta a cuore ai nostri presidenti”.
Scrive così, Paolo Ziliani, su Libero.
Mentre in Italia ancora muoiono 500 persone al giorno, ci sono 130 medici uccisi dal virus, i tamponi non si trovano e le terapie intensive solo adesso iniziano a svuotarsi, “il carrozzone del pallone” s’inventa di finire il campionato di Serie A. Chiedendo ai giocatori di disputare una partita ogni tre giorni in piena estate, dopo due mesi di stop, e con atleti reduci dal contagio. Con sfide fondamentali per lo scudetto, le qualificazioni e la salvezza, in condizioni climatiche e psicologiche proibitive,
“con comitive di 60-70 persone che i 20 club ininterrottamente caricheranno su pullman, treni e aerei invadendo hotel e spogliatoi e sottoponendoli obbligatoriamente a un tampone ogni 4 giorni, il che significa 1200-1400 tamponi a volta sottratti alla gente comune, quella lasciata morire in casa senza che nessuno dica bah. Il tutto in attesa del primo Rugani-bis che mandi tutto a puttane spedendo in quarantena compagni di squadra e avversari e fermando il carrozzone”.
E tutto dovrà essere fatto in fretta, perché poi ci sono le competizioni Uefa.
Ziliani ribadisce che manca solo che ci scappi il morto. Anche perché i danni che il virus provoca al corpo non sono ancora noti. E cita gli studi esistenti al momento. Quello degli Spedali Civili di Brescia, ad esempio, pubblicato su Jama Cardiology, dichiara che molti infettati non hanno accusato polmoniti ma “miocarditi acute con versamento pericardico o insufficienze cardiache”.
Stesso riscontro che dà il cardiologo del Niguarda, Enrico Ammirati. E c’è anche il presidente dei medici italiani di calcio, Enrico Castellacci, che
“ha dichiarato che “dalle autopsie effettuate in questa pandemia si è constatato che c’erano cicatrici a livello cardiaco, talvolta danni al cuore, pericarditi”. Danni al cuore. Arrecati da un virus che ha colpito anche i calciatori. E però, chi se ne frega: quel che conta è tornare a giocare. Dio perdona loro”.