Intervista all’Huffington Post: «Noi anziani siamo cattivi perché non abbiamo più vita. Se mi dicono di non uscire, non esco, penso agli altri. La Lega vincerà sicuramente le prossime elezioni. A quel punto, spero di essere morta»
Sull’Huffington Post una lunghissima intervista a Natalia Aspesi. Interviene nel dibattito sugli anziani. In un primo momento si era ventilata l’ipotesi che, con l’allentamento del lockdown, dovessero restare comunque a casa, per preservarne la salute.
«Sinceramente mi chiedo perché a tutti interessino improvvisamente i ‘vecchi’, visto che non hanno mai interessato a nessuno, che sono sempre stati dimenticati e loro sono stati contentissimi di esserlo, almeno io. Penso che molte delle cose che si dicano in questi giorni, siano inutili. Abbiamo un Governo che ci dice che cosa dobbiamo fare, anche io ho voglia di uscire, ma se mi dicono di non farlo, non lo faccio. Non capisco questa passione che ognuno ha di dire la sua. Non capisco che Paese siamo. Se mi dicono di non uscire, non esco».
Se le diranno di non uscire, lei ubbidirà, dice. Perché vorrebbe dire pensare agli altri.
«Siccome sono di natura una persona che non ha mai ubbidito in vita sua, davanti a una cosa che non riguarda me, ma riguarda tutti gli altri, ubbidisco. Se muoio oggi che ho novant’anni pazienza, tanto non se ne accorge nessuno tranne me, naturalmente. Penso agli altri, voglio fare quello che mi dicono e malgrado tutto l’orrore del nostro Paese, ho deciso di fidarmi delle persone che ci dicono queste cose».
E’ una favola quella dei vecchietti buoni. Con l’avanzare dell’età si diventa più cattivi.
«Viviamo nell’ipocrisia da secoli. Il vecchietto buono è una vipera che in realtà vorrebbe vedere tutti morti attorno a sé tranne lui. Noi anziani siamo cattivi perché non abbiamo più vita. Siamo qua, ma senza vita. Dobbiamo essere anche buoni? È impossibile. La bontà dei vecchietti è un’invenzione. Facciamo finta, è ovvio, ma sotto sotto siamo crudelissimi. Almeno io – eh – e le mie amiche».
Parla del giornalismo, di come le abbia insegnato a vivere, racconta pezzi di professione. Dopo il lockdown? Tornerà tutto come prima, dice, anzi, peggio.
«Io penso che tutto tornerà come prima, ma con più cattiveria. La mia è un’illazione. Il mondo sta andando da quella parte, non certo per colpa del Covid, ma di tutto. Io sono comunque contenta perché tanto sono vecchia e la cosa non mi interessa».
Le viene chiesto anche un parere sul governatore della Lombardia, Attilio Fontana.
«Mi scusi, ma io non giudico nessuno della Lega, perché li considero la rovina del nostro Paese. Non li ascolto, non li sento, non mi importa di loro, però vinceranno sicuramente le prossime elezioni. A quel punto, spero di essere morta, sennò pazienza, tanto io sarò chiusa in casa. Sono molto triste, ma l’Italia vuole quello, non vuole la libertà, vuole essere comandata e così l’italiano che vuole sempre uno che risolva per tutti, non vuole preoccupazioni e vuole essere mantenuto…quindi va benissimo la Lega per gli italiani. Per me no, ma infatti io non conto».
Un’intervista a tutto tondo, in cui la Aspesi tocca moltissimi temi. E parla di quello che per lei conta davvero.
«Oggi vorrei davvero che tornassimo o arrivassimo ad una vera democrazia. L’unica cosa che oggi davvero mi interessa non riguarda me, perché ormai sono mezza andata, ma proprio il mio Paese: vorrei che la gente fosse libera e intelligente, che sapesse cosa dice, cosa fa, capisse. Seguendo Facebook – perché sì, sono su Facebook – vedo che la gente non sa niente, non ha letto nulla e mi chiedo cosa ha fatto la scuola. Che brutto non sapere nulla, fidarsi dei cretini che ci propinano stupidaggini. Chiunque mi conosce sa che io non ho studiato, non ho fatto neanche il liceo. Ho avuto comunque un’adolescenza in tempi in cui l’unico divertimento era leggere, per cui per me leggere è stata la fonte della vita e lo è tutt’ora. Leggere non i romanzetti, ma le cose che ti fanno capire cos’è l’umano o perché la storia è andata così, perché sono successe certe cose…secondo me è indispensabile, il resto non importa se non c’è cultura».