Giancarlo Chesi compie 30 anni il 7 maggio prossimo. Napoletano, ricercatore scientifico, vive in America da circa tre anni. La sua grande passione sono i viaggi: «Ho avuto la fortuna di avere dei genitori che mi hanno fatto conoscere quasi tutta l’Europa, per lo più in auto. Il viaggio più bello è stato quello fino ad Edimburgo. Hanno sempre fatto il possibile affinché la passione per i viaggi che avevamo mio fratello ed io potesse essere coltivata». Dopo la laurea, Giancarlo inizia a lavorare all’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Napoli, «uno degli istituti di ricerca più importanti d’Italia, che ha una visibilità a livello mondiale per la sua alta qualità di ricerca e di cui Napoli e la Campania dovrebbero andare fiere e invece se ne parla troppo poco», dice. Durante questa esperienza comincia una collaborazione con la John Hopkins University of Baltimora: vi si reca per effettuare alcuni esperimenti di laboratorio e finisce col viverci per alcuni mesi, poi lui e la moglie hanno l’opportunità di trasferirsi a New York e non ci pensano due volte. Oggi vivono a Manhattan: Giancarlo è ricercatore scientifico presso l’Hospital for Special Surgery, dove lavora su una malattia autoimmune, l’artrite reumatoide.
Ci racconta che vivere a New York è stupendo: «Una città magnifica, dove hai la possibilità di confrontarti quotidianamente con persone di lingua, religione e cultura totalmente diverse dalle tue. È una grande fortuna, c’è grande tolleranza e rispetto per tutti e questo può solo arricchirti». Ci racconta della Roosevelt Island Tramway, «la funivia che collega l’isola di Manhattan con l’isola di Roosevelt e che passa in mezzo ai grattacieli a quasi 100m di altezza, con un panorama mozzafiato» e dell’immenso Central Park, uno dei suoi posti preferiti nella Grande Mela, dove oggi è andato a correre indossando la maglia del Napoli.
Ci spiega che gli americani che hanno visitato Napoli ne parlano estasiati, ma che, in generale, Napoli non è molto conosciuta perché è fuori dai classici itinerari dei tour operator americani, che prevedono solo Roma, Firenze e Venezia. «Per un americano arrivare direttamente a Napoli non è così facile – dice Giancarlo – Ad oggi non ci sono voli diretti dagli Stati Uniti a Napoli, a parte un pessimo volo Meridiana per tre mesi l’anno. Ma Meridiana non è una compagnia importante, bisogna portare a Napoli Delta e American Airlines».
Giancarlo torna a Napoli raramente, a causa dei pochi giorni di ferie di cui può godere. La prossima volta tornerà a Natale «e la prima cosa che farò, sarà andare a mangiare spaghetti cozze e taralli da Acunzo a Via Cimarosa».
Il suo luogo del cuore è San Martino: «È lì che ho chiesto a mia moglie di sposarmi. È il posto dove nacque il nostro amore e riportarla sul luogo del delitto per la proposta di matrimonio mi sembrava una cosa romantica. Mi manca tanto la nostra panchina, lì a San Martino, come mi mancano il cornetto di Fabiolotto a mezzanotte, al Viale Michelangelo, la terrazza della casa di mia zia a Via Tasso ed entrare nella Basilica di Santa Chiara, la chiesa dove mi sono sposato». Racconta che, quando gli prende la nostalgia, corre in una delle pizzerie napoletane a New York: «Ribalta su tutte ma anche Kestè, nel Greenwich Village, o Don Antonio by Starita: una bella pizza salsiccia e friarielli e sei a casa!».
È il Napoli che gli ricorda, anche a distanza, chi è e da dove viene: «Un senso di appartenenza che da quando sono a New York si è rafforzato in modo esponenziale». Definisce il rapporto tra la città e la squadra discontinuo: «In questi anni ci sono stati momenti in cui la città ha cercato di proteggere la squadra contro tutto e tutti e altri in cui l’ha esclusivamente giudicata (anche con eccessiva severità) e l’ha lasciata sola. Se e quando la città di Napoli troverà il giusto equilibrio tra queste due cose, potremo dire di aver fatto l’ultimo grande salto di qualità».
La sua prima volta al San Paolo è stata il 26 gennaio 1997: Napoli-Parma 2-1 (Pecchia, Chiesa, Cruz). «Ero nei Distinti con mio padre, mio zio e mio cugino Sergio. L’amore scattò alla punizione di Cruz sotto l’incrocio. Ma non ho mai volto abbonarmi: trovo scandaloso che la terza città d’Italia non abbia uno stadio che possa accogliere decentemente i napoletani e i tifosi ospiti. L’ultima volta è stata il 18 settembre 2013, Napoli-Borussia Dortmund 2-1. Gridare “The Champioooons”, è qualcosa che rimarrà nel mio cuore per sempre».
Il giocatore del Napoli che gli piace di più è Hysaj: «L’ho conosciuto a Castelvolturno lo scorso anno e sono rimasto davvero impressionato. Un ragazzo giovanissimo ma con uno spirito di sacrificio e un’umiltà fuori dal comune. A luglio nessuno credeva in lui, oggi è uno dei terzini più forti della Serie A».
Il primo e il secondo posto in classifica per lui rappresentano un po’ anche una lotta fratricida. Suo fratello, infatti, è juventino, ma «è un tifoso moderato e obiettivo, e soprattutto ama il bel calcio. Mi dice sempre che un eventuale scudetto del Napoli non gli dispiacerebbe perché apprezza molto il modo di giocare di Maurizio Sarri». Per quanto riguarda lui, crede ancora che ci saranno risvolti sia intesta che in coda, in campionato: «Credo che Gabbiadini possa farci sognare. Offre soluzioni tattiche alternative: attacca la profondità centralmente, meglio di come lo faccia Higuain, e questa è un’arma che potrebbe rivelarsi letale. Ad ogni modo il Napoli deve lavorare principalmente sulla fase difensiva. Stiamo subendo troppi gol». Confida anche in possibili passi falsi della Juve: «Le squadre di Allegri pagano solitamente a fine marzo-inizio aprile (non a caso il Milan 2011/2012 di Allegri perse lo scudetto in quel periodo, lasciando il primato a 8 giornate dalla fine), ed il Napoli potrebbe approfittarne. La Roma darà filo da torcere fino alla fine. In coda vedo male la Sampdoria ed il Palermo. Per il Palermo mi dispiacerebbe molto, perché sono troppo poche le squadre del Sud Italia in Serie A».