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David Lopez, il calciatore elementare stimato più dagli allenatori che dai tifosi

David Lopez, il calciatore elementare stimato più dagli allenatori che dai tifosi

Quando si definisce un calciatore “elementare”, lo si fa di solito in senso dispregiativo. Elementare, nel football, vuol dire semplice e poco fantasioso. Vuol dire essere quello che non ti sposta gli equilibri, che in qualche modo vedi ma non senti all’interno di una partita. 

La mentalità del tifoso è questa, prendere o lasciare. Solitamente, purtroppo, è simile anche quella dei commentatori sportivi. Per cui esistono il gol, la giocata importante e poco altro. Qualche chiusura importante e il tempismo negli interventi se sei un difensore, la garra e i palloni recuperati se invece sei un mediano di rottura. Il resto fa volume. In quel volume ha sempre giocato David Lopez, oggetto semi-misterioro approdato al Napoli l’estate scorsa e simbolo vivente del papponismo: ripiego dopo i vari Mascherano e Khedira del tempo, mediano sempliciotto e pure un po’ statico dopo i primi approcci. Per alcuni, Benitez lo schierava per dispetto. Perché sì, David Lopez andava eccome in campo con il vecchio allenatore: 32 presenze in campionato per 2597 minuti, più altre 11 partite tra Europa League e Coppa Italia. Il dispetto, ok, ma anche una necessità di schierarlo (quasi) sempre. In mezzo, anche l’unico gol azzurro al Dnipro in quella maledetta semifinale.

Una follia. O no? Anche Maurizio Sarri ci ha detto di no. Ce l’ha detto con le sue parole, più di una volta al miele verso il mediano spagnolo. Se non ricordate, non credete o volete credere a questo, credete ai numeri. Pur con un minutaggio assolutamente imparagonabile a quello dello scorso anno (1500 minuti in tutte le competizioni), David Lopez ha comunque messo insieme 35 presenze stagionali. Non sono poche, soprattutto in un contesto di turnover in cui il titolarissimo meno utilizzato, Insigne, ha messo insieme 2856 minuti stagionali. Il dodicesimo uomo, Dries Mertens, si ferma a 1682. Il tredicesimo è lui, David Lopez. Il calciatore elementare.

I dati

Elementare anche per Sarri che in realtà ha apprezzato proprio questo dello spagnolo: geometria, applicazione tattica, determinazione pure fisica, nel senso di corsa e impegno. Lopez è sempre stato il primo calciatore di riserva a centrocampo, il primo appiglio quando c’è stato da far tirare il fiato o da sostiuire Allan e Hamsik. Indifferentemente a destra e a sinistra, sempre con il suo passo non da sprinter ma con una presenza tattica che non è da buttare. I tifosi non sentono David Lopez. Gli allenatori e le statistiche sì: lo spagnolo, quest’anno, ha una percentuale di passaggi riusciti pari all’89%. Roba elementare, ancora e ok, ma utilissima. E poi anche altro, come ad esempio gli 1,4 interventi difensivi a partita e il 54% di duelli individuali vinti. 

Il meglio della sua stagione nelle partite da titolare, quelle dell’Europa League. 19 interventi difensivi riusciti in 8 match, più un totale di 6 occasioni da gol create (5 key passes e un assist). Certo, poi questi dati vanno in qualche modo contestualizzati con la realtà, e il modo per farlo è quello di assimiliarli e confrontarli a quelli dei suoi compagni di squadra. Perché il passaggio medio di David Lopez ha un percorso di 14 metri, mentre quelli di Jorginho di 18. Per non parlare di quelli di Albiol e Valdifiori (20 m, record della squadra per i calciatori di moviment), giocatori che rischiano di più quando si tratta di giocare il pallone. Il regista difensivo del Napoli e la riserva di Jorginho, che in qualche modo tentano costantemente la giocata che ti cambia l’azione, ti scombina il piano difensivo avversario. Quello che David Lopez non è in grado di fare. La sua forza, ma anche il suo limite.

Ah, e poi c’è anche questo. Che fa volume, anche in questo caso. È un gol del 6-0, ma è l’unico della sua stagione. Anche in questo caso, David Lopez è sempre David Lopez.

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Le prospettive

La forza e il limite, entrambi nella limitata capacità di spostare gli equilibri. Da questa considerazione ambivalente, quasi contraddittoria e paradossale, nasce il futuro di David Lopez. Che è un calciatore che può far comodo ma che sicuramente non sarebbe un lusso per una squadra da Champions League. Una competizione, quasi un luogo immaginario, completamente diverso da quello dell’Europa League. Gli squadroni fin da subito, l’impossibilità di pensare che la partita di dopo sia più facile di quella precedente. Cioè, non c’è paragone.

E quindi, le valutazioni su un calciatore come Lopez vanno valutate di pari passo col mercato. Perché un’offerta vantaggiosa dal punto di vista economico potrebbe in qualche modo giovare al Napoli e al ragazzo, soprattutto se De Laurentiis e Giuntoli dovessero realmente acquistare uno o due calciatori a centrocampo, in quella casella oggi occupata dall’ex Espanyol. Senza dimenticare Alberto Grassi che in qualche modo avrebbe dovuto essere il concorrente dello spagnolo e invece è stato spinto ai margini dalla sfortuna e poi dalla (incomprensibile, francamente) idiosincrasia di Sarri. Però Grassi resterà, rappresenta il futuro. Mentre David Lopez ha quasi 27 anni, e pure l’occasione per strappare l’ultimo contratto che in qualche modo possa essere più vicino alla sua dimensione. Che è una Europa League, indubbiamente. Anche a buon livello, ma sempre come calciatore che i tifosi vedono, ma non riescono a sentire. Come in questi due anni a Napoli, in cui però gli insulti dei primi giorni (una pagina davvero indecorosa, di cui parlammo qui) si sono trasformati prima in indifferenza, e poi in una specie di rapporto amichevole per merito.

David Lopez non ha mai fatto rumore, sempre professionale e attento al comportamento. Un suo gol (!) di testa (!!!), prima che arbitro e guardalinee impazzissero, stava per consegnare al Napoli la seconda finale europea della sua storia. Fosse successo, forse oggi invocheremmo la sua permanenza solo per una storica riconoscenza. Alla fine e in realtà non ci è dispiaciuto, anche senza quella maledetta finale di Europa League. È stato il nostro modo, sempre un po’ contorto, di volergli bene. Gliene vorremmo anche se dovesse restare qui, per una Champions che magari non si sarebbe mai aspettato di giocare. E che forse necessiterebbe di interpreti un po’ più rodati, dotati, determinanti. Quelli che ti cambiano gli equilibri.

Come professionista, invece, meriterebbe entrambe le cose. La Champions e un affetto vero da parte di noi tifosi. Questo è sicuro.

Le biografie già pubblicate

– Koulibaly, da pacco a mostro

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