Col Milan si è vista molta più libertà di movimento in avanti, Lorenzo ha agito da regista avanzato. Il tecnico sta lavorando a un nuovo equilibrio
Le parole di Gattuso
Dopo la sfida contro il Milan, esattamente come avvenuto al termine di Genoa-Napoli, Gattuso ha spiegato (benissimo) ciò che è successo in campo nelle interviste postpartita. Anzi, questa volta il tecnico azzurro è andato anche oltre: ha rivelato come e su cosa sta lavorando quotidianamente. In cosa e come sta provando a costruire il suo Napoli. Riprendiamo le sue parole più significative: «Stiamo provando a fare qualcosa di diverso dopo che per due mesi mi avete dato del catenacciaro. A volte rischiamo, e concretizziamo troppo poco per quello che produciamo. Perché? È semplice: creiamo tanto, siamo bravi ad arrivare con qualità negli ultimi venti metri. Poi però sbagliamo molto, troppo, anche perché io chiedo grande sacrificio agli attaccanti in fase di non possesso».
C’è il racconto di Napoli-Milan in questa serie di frasi. In realtà c’è anche il racconto delle partite precedenti, diciamo dalla Coppa Italia in poi. Gare in cui gli azzurri hanno provato a fare qualcosa di diverso, a portare avanti un percorso di miglioramento che, ovviamente, non è ancora terminato. E che, come ha spiegato Gattuso, è ancora perfettibile.
In fase d’attacco
Le idee che si sono viste nella gara contro il Milan riguardano soprattutto la variazione organizzata dell’assetto offensivo. Ovvero: rendere meno scolastico il gioco da centrocampo in su, preparando e attuando modifiche tecniche e di movimento. Questa intenzione si è fatta percepire fin dalle scelte iniziali di formazione: la conferma di Lobotka come centromediano presupponeva la volontà di interpretare il ruolo di centrocampista centrale in maniera più ampia, forse si può dire anche più creativa; l’inserimento di Callejón al posto di Politano ha depauperato un po’ la costruzione del gioco sulla fascia destra (che infatti è tornata a essere quella meno utilizzata dalla squadra azzurra: il 31% delle azioni è stato creato da quella parte), ma voleva provare a sfruttare le letture non ancora perfette – diciamo pure approssimative – di Theo Hernández in fase difensiva.
Entrambe le idee si sono manifestate compiutamente in campo. Per quanto riguarda il centrocampo, l’inserimento di Lobotka ha reso più fluide le posizioni di tutti, creando rotazioni inattese, difficili da comprendere e da gestire per gli avversari. Come in questi due frame consecutivi sotto, completamente diversi nonostante siano praticamente consecutivi.
Nell’immagine in alto, Lobotka è in posizione di centromediano mentre Mario Rui consolida il possesso sulla fascia sinistra. Più che la sua posizione, però, è interessante vedere come sono scaglionati le due mezzali: Fabián Ruiz è tra le linee di pressing sul centrodestra, mentre Zielinski ha preso il posto di Mertens come centravanti perché il belga si è spostato nello spazio di mezzo sul centrosinistra. Le distanze sono molto più ampie rispetto ad altre azioni tipiche del Napoli di Gattuso. Nel frame sopra, invece, la rotazione a centrocampo è molto differente: Fabián Ruiz si è associato ai difensori per dettare i tempi della manovra, con Lobotka che è andato a occupare la sua posizione sul centrodestra; lo spagnolo scambia con Zielinski e poi aprirà il pallone sulla sinistra, verso Mario Rui.
Questo continuo movimento di uomini cambia dimensioni e prospettive del Napoli di Gattuso. Non a caso, ieri sera, il centrocampista centrale (Lobotka) è stato addirittura il centrocampista azzurro che ha toccato meno palloni: lo slovacco si è fermato a 47, mentre Zielinski e Fabián Ruiz sono arrivati a 64 e 72, rispettivamente. L’idea del tecnico calabrese, evidentemente, è quella di non dare riferimenti fissi agli avversari, di sfruttare il talento creativo e organizzativo dei suoi centrocampisti più tecnici. Un’altra conferma rispetto a questa nuova strategia tattica – ma anche politica – è l’accantonamento di Allan. Al netto dei suoi problemi fisici, infatti, il brasiliano ha giocato una sola partita da titolare nel post-lockdown, in casa del Verona.
Si tratta di un’altra scollatura importante dal modello teorico – molto teorico – inseguito dal Napoli di Gattuso, o che sarebbe stato inseguito da Gattuso fin dal momento del suo arrivo al Napoli, almeno secondo la narrazione comune. Ci riferiamo, ovviamente, al Napoli di Sarri. Quella squadra cercava il proprio equilibrio nell’aggressività difensiva senza compromessi, e quindi aveva bisogno di un giocatore come Allan, cioè un centrocampista in grado di coprire ampie distanze, in attacco e in difesa, senza perdere lucidità. In cambio, ovviamente, il suo contributo tecnico era inferiore rispetto ad altri elementi – si pensi che il suo slot, oggi, è occupato da Fabián Ruiz. Il Napoli di Gattuso è progettato per inseguire un equilibrio tattico diverso, ma di questo parleremo più avanti. Perché ora tratteremo di un’altra dinamica di grande importanza, si potrebbe dire quasi rivoluzionaria, che si è vista – di nuovo – contro il Milan.
La libertà di Insigne
Già nelle partite precedenti, Gattuso aveva dato grande libertà di movimento e interpretazione del gioco a Lorenzo Insigne. Che, in teoria, agisce nel suo ruolo preferito – esterno sinistro di un attacco a tre – ma in realtà fa molte più cose rispetto al passato. In questo, Gattuso ha seguito e sta seguendo le orme di Ancelotti, che al capitano del Napoli chiedeva di giocare in una posizione diversa e in una maniera diversa. L’approccio di Gattuso forse è più soft, ma solo per la forma. Nella sostanza, contro il Milan, Insigne ha spesso scambiato la posizione con Mertens, operando nello slot di centravanti, quindi come trequartista, regista avanzato. Insomma, non si è isolato solo nella sua mattonella, ma ha esplorato il campo. Tagliando al centro e associandosi a destra, talvolta.
Due rilevazioni statistiche, dal sito Whoscored.com: in alto la heatmap della partita di Insigne; in basso la distribuzione spaziale dei suoi 69 palloni giocati. È evidente come il capitano del Napoli sia andato ben oltre il suo classico gioco da esterno sinistro a piede invertito.
In diverse occasioni, ieri sera, Mertens si è fatto trovare sulla sinistra, ovvero nella posizione di Insigne – che poi è sempre stata sua fino a un certo punto della carriera. Questo tourbillon offensivo è stato completato dall’interpretazione classica, più lineare, di Callejón: con i suoi continui movimenti a tagliare dentro e dietro la difesa avversaria, lo spagnolo ha offerto continuamente uno sfogo sulla destra Come detto, anche dallo stesso Gattuso, il Napoli sta studiando per diventare una squadra con un attacco più mobile, quindi più vario. In alcune partite – per esempio quella di ieri sera – la presenza di un esterno destro creativo come Politano avrebbe richiesto un maggior sostegno, nelle varie fasi di gioco, da parte degli altri elementi di movimento. Che, invece, si sono spesi tantissimo nelle coperture difensive.
Un Napoli corto e accorto
E qui veniamo alla seconda parte del discorso di Gattuso. Che, come tutti gli altri allenatori, soprattutto ad altissimo livello, compie una serie di scelte concatenate tra loro. Il tecnico calabrese ha detto che gli attaccanti del Napoli sono poco lucidi in fase conclusiva e di rifinitura per via dei sacrifici richiesti loro in fase di non possesso. Ma quali sono i sacrifici che l’allenatore azzuro chiede ai suoi uomini, soprattutto quelli offensivi? Dopo la prima pressione – tendenzialmente aggressiva – portata proprio dagli attaccanti, il Napoli rincula subito dietro e passa a difendere occupando gli spazi. Però, come detto, prova a farlo senza schiacciarsi troppo: secondo i dati della Lega Serie A, ieri sera il baricentro della squadra di Gattuso è stato posto a 48 metri, praticamente poco prima del centrocampo.
L’immagine che vediamo sotto è molto più significativa rispetto al rientro difensivo – con scivolata annessa – fatto da Mertens durante la ripresa. Per un motivo semplice: per quanto quella giocata passiva sia importante, resta ciò che è, ovvero un’interpretazione singola, quindi inevitabilmente estemporanea; sotto, invece, vediamo una squadra che difende in maniera organizzata e compatta, senza però schiacciarsi troppo nella propria area; lo fa al minuto 62′ di una partita giocata il giorno 13 luglio a Napoli, quindi con temperature superiori ai 30 gradi.
Come difende il Napoli
Con questo atteggiamento difensivo, è quasi inevitabile schierare due attaccanti come Mertens e Insigne, in grado di muoversi molto, di accorciare il campo piuttosto che allungarlo. Anche Milik potrebbe funzionare, ma Mertens nello slot di centravanti garantisce maggiore velocità e vivacità, sguscia meglio tra i difensori avversari, è più propenso a scambiarsi posizione con Insigne, e poi è pure implacabile in fase realizzativa. Callejón, come detto, rappresenta invece una variabile continua, non improvvisata, quasi meccanica; inoltre garantisce una copertura più intelligente in fase di non possesso. Ieri sera il giocatore più pericoloso del Milan era – ed è stato, effettivamente – Theo Hernández. Il terzino affrontato proprio da Callejón.
Contro il Milan, il Napoli non ha vinto la partita ma ha portato a casa la sfida tattica. Il primo gol dei rossoneri è nato da una grande intuizione di Bennacer, da un’ottima giocata di Rebic e da una chiusura in ritardo di Callejón su Theo Hernández; il rigore di Kessié, invece, è stato concesso per un fallo ingenuo (se c’era) di Maksimovic in posizione non pericolosissima. Insomma, si è trattato di due episodi. Di un errore forzato dalla buona giocata collettiva degli avversari, e da un’interpretazione sfortunata. Del resto anche le statistiche sono favorevoli agli uomini di Gattuso: 16 tiri tentati contro i 5 del Milan, inoltre solo 3 conclusioni della squadra di Pioli sono entrate nello specchio della porta. Come dire: il risultato non è quasi mai casuale, ma di certo stavolta ha premiato il Milan oltre i suoi reali meriti.
Callejón chiude in ritardo su Hernández, ma vanno riconosciuti anche i meriti del Milan: questo gol è un piccolo gioiello tecnico e tattico
Conclusioni
In virtù di tutto questo, il Napoli può guardare con soddisfazione alla sfida contro il Milan, se non altro per le indicazioni tattiche che sono arrivate. Gattuso ha impostato il suo lavoro partendo dalla difesa, ora sta lavorando all’attacco. Il problema, soprattutto contro squadre di livello medio-alto o altissimo, riguarda il bilanciamento tra queste due anime: l’approccio difensivo che rende sicuro il Napoli costa ancora troppo ai giocatori offensivi, li rende meno efficaci in avanti; solo che la squadra paga ancora degli scompensi, anche se meno evidenti rispetto al passato, quando prova ad alzare il ritmo, a portare molti uomini nella metà campo avversaria.
Non è un caso che pure alcune delle gare “difensive” giocate finora si siano concluse con un risultato o una prestazione positiva – il pareggio contro l’Inter in Coppa Italia è stato sostanzialmente immeritato, quello contro il Barça in Champions League ha favorito comunque i catalani per la qualificazione sui 180′.
In questo senso, gli esperimenti che stiamo vedendo per rendere più varia la fase offensiva sono una buona notizia. Lavorando su questi aspetti, Gattuso dà la sensazione di essere cosciente di ciò che la sua squadra sta facendo. Di ciò che la sua squadra potrà fare. Dei suoi limiti, delle sue possibilità. Proprio perché il Napoli ha una rosa lunga, e di alto livello qualitativo, l’allenatore deve coltivare l’ambizione di poter vincere le partite. Per riuscirci, nel calcio contemporaneo, una squadra serve subire poco, creare molto e concretizzare il più possibile. Gattuso è riuscito a capire come arrivare a risolvere le prime due parti di questo rebus, ora sta cercando di venire a capo della terza. In vista della sfida contro il Barça, e della prossima stagione.