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La regressione tattica del Napoli (ma col Barcellona non ci sarà da comandare)

Contro squadre come il Parma, non ha soluzioni se non lo sterile possesso palla. È un problema che Gattuso non avrà nell’unico match che davvero conta

La regressione tattica del Napoli (ma col Barcellona non ci sarà da comandare)
foto Hermann

Una partita estrema

Parma-Napoli deve essere considerata come una partita estrema. Non tanto e non solo per il calendario, per le – conseguenti – condizioni atmosferiche in cui si è disputata, per lo stato di forma dei giocatori. È pure un discorso di assetto tattico, anzi di assetti: da una parte c’era il Parma, la squadra in Serie A con l’approccio difensivo più conservativo, più esasperato, ancora più conservativo ed esasperato di quello dell’Udinese; dall’altra c’era il Napoli di Gattuso, ovvero la squadra che fa più possesso palla nel campionato italiano, per di più privata delle due prime punte presenti in rosa – in realtà ci sarebbe anche Llorente, ma lo spagnolo è stato completamente cancellato dal progetto.

Difficile immaginare uno scontro più estremo. Proprio per questo, però, le indicazioni che sono arrivate sono poco incoraggianti. Anzi, possiamo anche dire che i segnali sullo stato – mentale, fisico, tecnico – del Napoli sono decisamente negativi. Per una questione di ripetizione di temi e situazioni: per l’ennesima volta, la squadra di Gattuso non ha saputo rispondere alle difficoltà. A certe difficoltà ben precise. Anzi, questa sua incapacità di venire a capo di un avversario così prudente e speculativo ha finito per mettere a nudo i suoi difetti. E questa volta non c’era, cioè non c’è stato, un attaccante che con un guizzo ha risolto i problemi.

Cosa abbiamo visto in campo

Ma andiamo con ordine: di cosa parliamo quando definiamo il Parma come «una squadra speculativa»? Di quello che vedete nelle due immagini sotto, ovvero un frame della partita del Tardini e l’immagine che mostra lo schieramento degli uomini di D’Aversa in fase di non possesso, nel primo e nel secondo tempo. Come anche per l’Udinese pochi giorni fa, le spaziature e l’atteggiamento degli emiliani sono state pensate e attuate in base alle caratteristiche dei giocatori a disposizione. D’Aversa può contare su Gervinho, Kulusevski, Cornelius e Inglese, su difensori fisicamente strutturati e con scarsa sensibilità tecnica come Bruno Alves, Iacoponi, Dermaku, Pezzella. Per quale motivo l’allenatore di certi giocatori dovrebbe provare a tenere il possesso palla? Perché non provare a invitare la squadra avversaria ad attaccare in massa per poi colpirla in ripartenza, quando è più vulnerabile e scoperta?

In alto, il baricentro medio delle due squadre nelle due fasi di gioco; in basso, la conseguenza dell’atteggiamento descritto nel grafico: il Parma difende con un solo uomo all’altezza del pallone e con due blocchi che presidiano gli spazi centrali. Agli esterni è concessa libertà di portare palla, anche perché al centro non ci sono centravanti in grado di occupare l’area di rigore con una certa presenza fisica.

Ieri è andata proprio così, solo che il Napoli ha difeso peggio rispetto alla gara contro l’Udinese. La squadra friulana dava l’impressione di poter essere pericolosa in tutte le manovre di ripartenza, ma era solo un’impressione, la verità dei numeri è che le occasioni concesse a Lasagna, De Paul e compagni erano state molto limitate, e legate soprattutto a errori individuali.

Ieri, invece, il Parma ha tirato per 5 volte dall’interno dell’area di rigore del Napoli, più altre 3 oltre i sedici metri. Di questi tentativi, 3 sono finiti nello specchio – compresi i due rigori – e solo uno è stato respinto da un difensore: quello di Siligardi che Di Lorenzo ha tolto dalla porta (sguarnita) di Meret. Potrebbero sembrare dei numeri bassi, e forse lo sono. Se non fosse che il Napoli è riuscito a fare ancora peggio, cioè ha inquadrato la porta di Sepe solo in 4 occasioni. Anche in questo caso il rigore di Insigne è incluso nel conteggio.

Cosa vuol dire questo? Che il Napoli ha fatto tanto gioco per nulla, dato che non è quasi mai riuscito a essere davvero pericoloso. Considerando invece che il Parma ha tenuto il pallone con una percentuale del 31% (la sua media stagionale è del 44%), è evidente come la squadra di D’Aversa trovato il modo per mettere in difficoltà la difesa avversaria. Con una giocata sempre uguale, tra l’altro: il taglio dell’esterno offensivo nello spazio tra un terzino e il centrale difensivo di parte.

Il Parma muove il pallone sulle fasce con il laterale difensivo. Nel primo frame, Karamoh sfrutta una lettura errata di Di Lorenzo e un passo molto più veloce rispetto a Maksimovic, così riceve il pallone sulla corsa e può puntare il difensore servo uno contro uno; nel secondo caso, invece, Kulusevski si giova dell’aiuto di un compagno che tiene occupato Mario Rui mentre lui taglia nel mezzo spazio tra il terzino portoghese e Koulibaly. Dinamiche posizionali diverse, ma identico movimento, nello stesso identico spazio, per i due esterni offensivi del Parma.

Rispetto al 3-5-2 dell’Udinese, il 4-3-3 del Parma in fase offensiva è più adatto a cercare questo tipo di movimenti nei mezzi spazi. Il Napoli, costretto a portare molti uomini in avanti per provare a scardinare il sistema difensivo di D’Aversa, ha finito per soffrire proprio quella dinamica. Come ha detto Gattuso nel postpartita, «a volte i miei giocatori si fanno prendere troppo dall’entusiasmo, saliamo con entrambi i terzini e non siamo attenti. Così, non appena gli avversari entrano nella nostra metà campo, finiamo per prendere gol».

Il punto focale e il passo indietro del Napoli stanno proprio qui: gli azzurri, più o meno come nei primi mesi della gestione-Gattuso, hanno palesato grandi problemi di equilibrio tattico. Le parole del tecnico calabrese, in questo senso, sono chiare: descrivono la difficoltà della squadra a riordinarsi, a non accusare scompensi, quando deve attaccare con molti uomini. Un problema che diventa fatale se accoppiata all’assenza di meccanismi offensivi in grado di disarticolare un sistema chiuso – eufemismo – come quello del Parma.

I problemi in attacco

Come detto in apertura, va tenuto conto dell’assenza di Mertens e di Milik – più quella (autoimposta?) di Llorente. Al netto di questa considerazione, però, il Napoli ha offerto una prova davvero inconsistente in fase offensiva. Abbiamo già snocciolato dei numeri – scarni per non dire scarsi – relativi alle conclusioni tentate, ora ne aggiungiamo altri: la squadra di Gattuso ha provato il tiro per 19 volte, di cui 12 da fuori area; di questi 12 tiri, addirittura la metà sono stati respinti. Di conseguenza, va rilevato come pure queste conclusioni forzate siano state in qualche modo contenute dalla difesa del Parma.

È un dato evidentemente grave: il Napoli, soprattutto contro squadre così chiuse, fatica tantissimo a creare azioni che portano a occasioni nitide. Riavvolgendo il nastro della partita, solo i tiri di Politano (dopo 3′ di gioco) e quello di Younes nel finale sono arrivati al termine di un’azione lineare, di squadra e non personale. A queste conclusioni va aggiunta quella di esterno destro di Lozano ben contenuta da Sepe. Il messicano ha iniziato (malissimo) la partita come attaccante centrale, ma poi si è spostato a destra e ha offerto una prova non certo splendente, ma comunque sufficiente.

Nel frame in alto, il centrocampo ruota e Allan diventa vertice basso, con Demme e Fabián Ruiz in posizione più avanzata. Con Lobotka al posto di Demme, questa dinamica è ancora più fluida e visibile, ma anche ieri Gattuso ha provato a disordinare così l’assetto difensivo del Parma. Nell’immagine sopra, invece, classico movimento a due della catena di destra: Politano viene nel mezzo spazio al centro per ricevere il pallone e giocarlo col piede invertito, Di Lorenzo scappa sulla destra. È successo molto spesso anche dall’altra parte, con Insigne e Mario Rui.

Per provare a forzare la difesa avversaria, il Napoli ha cercato di sfruttare i mezzi spazi con gli esterni offensivi e di ruotare molto i tre uomini a centrocampo. Nei due frame che vediamo sopra, queste dinamiche sono abbastanza evidenti. Ma il problema riguarda la velocità con cui vengono provate certe soluzioni, soprattutto contro una difesa schierata, bassa e compatta. A certi livelli, la qualità – ipotetica e reale – di una giocata si misura soprattutto per l’effetto-sorpresa che determina nell’avversario. È per questo che pure alcuni meccanismi ripetuti continuamente – per esempio il lancio Insigne-Callejón – funzionano nonostante i difensori li conoscano, li studino, e provino a fermarli: se fatti velocemente, sono del tutto incontenibili.

Ieri, il Napoli è mancato proprio in questo. Il possesso palla è stato continuo e asfissiante, e anche positivo nella precisione (92% di passaggi riusciti a fine partita). Ma è stato lento, non ha avuto guizzi in avanti. La mancanza di un centravanti vero in area  – laddove il Parma presidiava gli spazi con meno giocatori – e l’assenza di Mertens hanno fatto il resto, rendendo sostanzialmente inutile lo sfondamento sulle fasce e privando Gattuso di un contributo tecnico in più sulla trequarti avversaria.

Con Lozano, il Napoli poteva pensare di attaccare la profondità alle spalle della difesa avversaria. Solo che il Parma di ieri ha stazionato a pochi metri dalla sua porta. In pratica, la profondità non esisteva. A quel punto è diventato inevitabile portare in avanti molti uomini per cercare di aumentare le linee di passaggio. Il risultato di questa scelta imposta dal contesto – o meglio: dal Parma – è stata la perdita di equilibrio difensivo di cui abbiamo parlato nei paragrafi precedenti.

Conclusioni

Il Napoli di Gattuso sta proseguendo il suo preoccupante percorso del gambero. Dal punto di vista tattico, sembra una squadra in regressione piuttosto che in crescita. È ovvio che questo atteggiamento non può prescindere dall’assenza di motivazioni per le gare di campionato, ma è vero pure che partite del genere potrebbero essere un’occasione – per il tecnico, per i giocatori – di provare a capire quali possano essere gli obiettivi per il Barcellona e per la stagione che verrà. Che verrà prestissimo, tra l’altro.

I passi in avanti fatti a cavallo tra l’inizio e la fine del lockdown si sono dissolti nelle gare delle ultime settimane. Che hanno mostrato – a noi e a Gattuso – come il vero limite di questa squadra si manifesti quando le avversarie le lasciano il pallino del gioco. I meccanismi offensivi risultano ancora poco fluidi, così il possesso diventa prevedibile e costringe la difesa a scoprirsi per provare qualcosa di più. O di diverso.

È una problematica soprattutto a lungo termine, considerando che difficilmente il Napoli dovrà comandare il gioco nell’unica partita che conta da qui a fine stagione – quella contro il Barcellona, ovviamente. Ma va affrontata e risolta, per l’esistenza stessa di un progetto ad alto livello per questa squadra, per questo club. Si può risolvere attraverso il mercato, oppure attraverso un lavoro tattico diverso, più vario e multiforme in fase offensiva. Per entrambe le soluzioni, non sarà facile.

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