Due episodi in poco tempo: prima l’Atalanta, poi la Lazio. Per Pino Aprile è un termine da esibire con orgoglio. Bossi venne condannato (e poi graziato) per aver insultato così Napolitano
“Mandiamo un saluto al presidente della Repubblica. Napolitano, Napolitano, nomen omen, non sapevo fosse un terùn”. Era il 2011, Umberto Bossi pronunciò queste parole all’imperdibile manifestazione “Be’rghem frecc” ad Albino (ovviamente provincia di Bergamo). Frase che a Bossi costò una condanna – del Tribunale di Bergamo – per vilipendio al presidente della Repubblica. Otto anni dopo, a dicembre dello scorso anno, è arrivata la grazia firmata dal presidente Mattarella (siciliano). Nella nota, il Quirinale mise in evidenza che Giorgio Napolitano non aveva alcun motivo di risentimento nei confronti del Senatùr.
Fino a qualche giorno fa, terrone sembrava un insulto demodé, da seconda repubblica che ormai è preistoria. Oggi, molto probabilmente, non saranno pochi a ignorare l’esistenza di Umberto Bossi. Un dinosauro della politica, prostrato da molti malanni. La Lega non è più lui.
Pensi a terrone e tornano in mente i cartelli “non si affitta ai meridionali” che campeggiavano a Torino negli anni dell’emigrazione. E quei meridionali venivano definiti terroni, anche napuli, mau mau. Si dice che proprio per favorire l’integrazione, in quegli anni la Juventus acquistò calciatori meridionali: da Anastasi a Furino, a Cuccureddu.
“Terrone? Vieni, vieni!
Adesso me lo devi dire in faccia ‘terrone’!”Quanto cazzo gasi Ringhio! 💙#NapoliLazio#ForzaNapoliSempre pic.twitter.com/5ABnP4trEJ
— OsiVEN (@pasqualecaso92) August 1, 2020
Nel ventunesimo secolo, le cose sono apparentemente cambiate. Non nel senso che sia cambiato il giudizio di un congruo numero di settentrionali nei confronti dei meridionali. Nel senso che “Terroni” è anche il titolo del libro di Pino Aprile, un manifesto di quello che possiamo definire meridionalismo contemporaneo, l’opera che ha ulteriormente acceso la voglia di revisionismo del Risorgimento, con tutto quel che ne è derivato.Insomma l’altra fazione. Da insulto tout-court, terrone è diventato un termine da esibire anche con orgoglio. O con simpatia: terronia è un termine talvolta usato con leggerezza dagli stessi meridionali emigrati al Nord.
Fino a che, meno di un mese fa, sulla scena non è apparso Mirco Moioli (team manager dell’Atalanta) che ha apostrofato terrone del cazzo un presunto tifoso del Napoli che all’aeroporto di Torino – vigilia della sfida con la Juventus – ricordava a Gasperini la scarsa combattività che storicamente l’Atalanta ha mostrato con i bianconeri. L’abbiamo detta con garbo. Mentre Gasperini si è limitato a mandare il soggetto a quel paese, Moioli gli ha dato del terrone.
Il dirigente si è scusato. La Procura Figc ha aperto un’inchiesta che per ora non ha dato risultati. Poi, non se n’è saputo più niente. Neanche chi fosse il tifoso. Il “terrone” è rimasto appeso.
Intanto è successo nuovamente. Ieri sera, al San Paolo, con un accenno di rissa che potuto far dire a Gattuso a fine match che da qualche anno in Italia si gioca fino all’ultima giornata. Frase che avrebbe meritato un approfondimento. Ancora una volta, all’origine del parapiglia, un “terrone” stavolta di merda. Che un collaboratore di Inzaghi ha rivolto proprio a Gattuso che non ha gradito. E dall’audio si capisce che Gattuso non ha gradito proprio “terrone”. Che fosse di merda o meno, era secondario per l’allenatore di Corigliano Calabro che da quel dì ha lasciato il suo paese per lavorare persino in Scozia e avere un ruolo tutt’altro che secondario nel Milan e in Nazionale. La singolarità, stavolta, è che il collaboratore accusato è romano, quindi cade l’esclusiva settentrionale (in realtà poi si è autodenunciato il fisioterapista che è bresciano). E a calmare Gattuso ci ha pensato, ci ha provato, Igli Tare che da albanese se ne sarà sentite e ancora ne sentirà di peggiori.
E si vi domandate se se sia il calcio italiano a essere fuori dal tempo, e a viaggiare con almeno vent’anni di ritardo, oppure se invece abbia intercettato il ritorno del termine come insulto, la risposta potete trovarla su una rivista online che ci sembra decisamente immersa nel paese reale: condominioweb.com. Il termine è ancora di moda e gli insulti a sfondo razzista sono quelli che costano di più in termini di pena pecuniaria. Insomma, terrone non è mai passato di moda. Proprio come il razzismo.