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Ranieri Guerra: «Non è il caso di ridurre la quarantena sotto i dieci giorni»

Al Giornale: «Sappiamo che la contagiosità si abbatte solo dopo l’undicesimo giorno. Se vogliamo aprire le scuole dobbiamo mitigare gli altri rischi, dalla quarantena ridotta alla riapertura del campionato di calcio al pubblico»

Ranieri Guerra: «Non è il caso di ridurre la quarantena sotto i dieci giorni»

Il governo francese vuole ridurre la quarantena per i positivi al Covid a 7 giorni. In Italia se ne inizia a parlare. Il Giornale intervista sul punto il direttore aggiunto dell’Oms, Ranieri Guerra.

«Per ridurre la quarantena dev’esserci una concertazione nella Ue basata sull’evidenza scientifica e non sul calcolo politico o economico».

E continua:

«Ad oggi noi sappiamo che la contagiosità si abbatte solo dopo l’undicesimo giorno. E vista la situazione epidemica non proprio incoraggiante non è il caso di mettere in discussione questo punto fermo se non attraverso risultati chiari di ricerca e valutazione congiunta».

Il tempo minimo di quarantena deve essere di 10 giorni, dichiara.

«Dieci giorni è il minimo. Anche per gli asintomatici. Non abbiamo ancora prove definitive e certe che anche la scarsa sintomatologia non possa trasformarsi in danno. Accorciare la quarantena può essere un rischio non eccessivo se considerato da solo e in linea teorica. Ma questa scelta va inserita nel contesto sociale e comunitario in cui viviamo. Bisogna fare la sommatoria dei rischi complessivi che siamo disposti ad accettare. Ci sono delle priorità da rispettare».

E le elenca:

«Le scuole da riaprire, i trasporti pubblici utilizzati in modo massiccio, il via libera agli sport di contatto. È una questione di priorità. Vogliamo aprire le scuole? E allora dobbiamo mitigare tutti gli altri rischi, dalla quarantena ridotta alla riapertura del campionato di calcio con 100mila persone in uno stadio».

Guerra indica le opzioni da scegliere dal punto di vista sanitario.

«O l’esecuzione di due tamponi negativi entro 24 ore o l’evoluzione puramente clinica, cioè il numero di giorni di malattia più tre di assenza da sintomi. Con i due tamponi si rischia di tenere a casa persone che non sono più infettive, ed è vero. Con l’isolamento c’è invece il rischio, minimo ma esistente, di mandare in giro persone ancora contagiose».

La strada da seguire dipende dal momento della curva dei contagi.

«Dipende dal momento. Se c’è una curva in ascesa meglio essere cauti e scelgo i due tamponi negativi, perché non possiamo immettere in comunità persone che trasmettono il virus contribuendo ad aumentarne la circolazione. Se c’è curva in discesa si può adottare la procedura clinica».

 

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