In genere ci si sofferma sulla incapacità delle persone di non saper perdere, di non saper accettare le sconfitte. Ma tra i tanti difetti che affliggono il legno storto dell’umanità c’è anche quello di non saper vincere. Succede. Uno degli esempi che torna alla mente è Andrea Stramaccioni che dopo una storica vittoria con la sua Inter allo Juventus Stadium (se non sbaglio la prima sconfitta dei bianconeri in quello stadio) andò in tv a fare il ganassa invece di godersi la vittoria e basta.
L’incapacità di vincere è tornata in mente oggi dopo aver letto il resoconto dell’intervista concessa da Aurelio De Laurentiis a Radio 24, alla trasmissione “Tutti convocati”. È parso quasi il resoconto di una puntata della Zanzara di Giuseppe Cruciani. Il presidente del Napoli, con la squadra che veleggia al secondo posto in classifica, con un ambiente entusiasta e carico a mille, invece di volare basso ha offerto una visione aureliocentrica degli ultimi anni del Napoli. A parte l’episodio Verratti, che ormai è stato confermato da più parti ma che proprio per questo sarebbe bene non ricordare più, il revisionismo storico di De Laurentiis ha toccato anche gli ultimi due tecnici del Napoli.
Di Benitez ha detto che avrebbe voluto il brasiliano Damiao (in realtà provò a convincere il Condor Agostini a tornare), che se il Napoli oggi ha in formazione Higuain è esclusivamente per merito suo, del presidente che si è mosso in prima persona per portare il Pipita a Napoli. Lo abbiamo detto altre volte, sono dichiarazioni che non fanno onore al patron della Filmauro al quale noi del Napolista abbiamo sempre riconosciuto tanti meriti (e infatti ci becchiamo tanti insulti per questo). È più forte di lui, deve resettare il passato, deve rivestirlo come più gli aggrada, non riesce a digerire le separazioni e ha bisogno di elaborare il lutto a modo suo: “chi mi rifiuta è un incapace”. E così De Laurentiis si aggiunge al già corposo elenco di napoletani che ritengono il tecnico spagnoli il peggiore dei mali che abbia mai colpito la città. Ma che diciamo Napoli, l’Italia. Gira voce che possa essere tra gli indagati in una prossima riapertura del processo per piazza Fontana.
Ma De Laurentiis non si è fermato a Benitez. Ha proseguito anche con Sarri. Ha certificato – non che ce ne fosse bisogno ma nessuno avvertiva l’esigenza di una conferma proprio in queste ore – che il tecnico toscano avrebbe voluto Saponara a Napoli per sistemarlo nel suo 4-3-1-2. Dirlo proprio mentre l’ambiente è alle prese con la metabolizzazione del caso Insigne non si può definire una scelta felicissima. Non pago, ha aggiunto che se il Napoli è passato al 4-3-3 il merito è suo che ha fatto pressioni sul Sarri attraverso Giuntoli. Insomma, le cinque vittorie consecutive, la difesa di ferro, le tre in Europa League hanno un solo segreto e questo segreto, manco a dirlo, si chiama Aurelio De Laurentiis. L’intervista ha poi regalato anche un’altra chicca: è stato solo un misunderstanding tra lui e l’agente di Reina lo scorso anno a tenere Pepe lontano da Napoli, ma per fortuna dodici mesi dopo si sono finalmente chiariti.
Diciamo la verità, dichiarazioni di cui non si sentiva la mancanza. De Laurentiis non ha resistito alla tentazione di dire che è tutto merito suo. Che poi è una versione riveduta e corretta di Doha, quando quasi voleva strappare la Coppa dalle mani di Hamsik.
Noi, che siamo fedeli al pappone, per certi versi lo comprendiamo. Anche in questi giorni, tranne Arrigo Sacchi che stamattina sulla Gazzetta ha elogiato il suo coraggio per la scelta di Sarri, nessuno ha mai accostato il nome De Laurentiis al Napoli che sta mostrando il calcio più bello d’Italia. I meriti? Di Sarri. Di Higuain. Di Reina. Di Hamsik. Mai di De Laurentiis e ne siamo certi che questa dimenticanza gli procura sofferenza anche se dovrebbe essere abituato visto che molto raramente dei grandi capolavori cinematografici ci si ricorda chi fu il produttore. De Laurentiis viene nominato solo quando si pareggia o si perde. De Laurentiis pappone. De Laurentiis cacc’e sorde. Lo abbiamo scritto mille volte, è lui il motore dei successi di questo Napoli, di questo decennio che è senza dubbio il secondo miglior decennio della storia del Napoli.
Ma il suo ruolo richiede un diverso atteggiamento. Non è minimizzando – anche in maniera grottesca e finanche nociva – le qualità di chi lavora o ha lavorato con lui che ci si guadagna la stima e il consenso. Aver portato Benitez è un merito di Aurelio De Laurentiis. Una medaglia. Così come aver ingaggiato Sarri. Le scelte aziendali vanno protette sempre, anche quando i rapporti si chiudono. E a maggior ragione quando sono in corso. L’intervista avrà fatto divertire gli ascoltatori di Radio 24 che avranno pensato al marchese del Grillo (“Io so’ io e voi nun siete…”), però non ha portato un beneficio al Napoli. Quindi non è stata una buona intervista. Lui è il padrone, il Napoli è suo, suoi sono tanti meriti. Ma non è parandosi davanti a una telecamera con una coppa in mano che gli spettatori se ne accorgono. È un lavoro lungo e spesso il silenzio è la formula più convincente. Soprattutto quando i risultati parlano da sé.
Massimiliano Gallo