C’è una foto, nel web, che è diventata virale: ritrae un giovane uomo che esulta a bordo campo in una partita Nba dei Golden State Warriors. Ha la maglietta del Napoli, un cappellino da baseball calzato in testa e le braccia alzate in segno di vittoria per l’ennesimo canestro di Curry. Ha la bocca imprigionata in un urlo di gioia.
È Enzo Rosano, napoletano verace di Fuorigrotta, 40 anni, una voce allegra che rivela un concentrato di vivacità partenopea e di flemma di chi è “arrivato” e si gode il successo all’estero. Parla un misto di napoletano e italiano con accento americano che lo rende ancora più simpatico. È figlio di Napoli, uno che con forza di volontà, inventiva e sacrifici è riuscito a diventare imprenditore nel campo della ristorazione a San Francisco. “Sono nato in via Campegna – racconta – il più piccolo di nove figli. Ho perso mio padre a 11 anni e forse per questo ho sempre avuto voglia di evadere, viaggiare”. A sedici anni Enzo si è imbarcato come barista sulle navi da crociera, poi ha lavorato a Verona, all’Hotel Excelsior di Napoli, ma ha continuato a coltivare dentro di sé il sogno americano, fatto di sacrificio, lavoro duro, di vita da emigrante in terra straniera che si trasforma in successo. “Per imparare la lingua sono andato a Londra, al ristorante Vong. Il proprietario era il migliore chef vietnamita del mondo e il ristorante aveva una sede principale a New York. Prima ho fatto la spola, poi il general manager del locale mi disse che aveva degli amici a San Francisco e così arrivai al The Half Moon”. Enzo fa prima il barista, poi il cameriere, infine diventa manager in un ristorante, gli danno il 10% della proprietà. Mette da parte un gruzzoletto con non pochi sacrifici e apre un ristorante con i fratelli Tullio e Valerio. “Poi ho preso la mia strada e ho fondato la ‘Locanda Positano’ e poi ‘Gusto’, a San Carlos. Ho anche ‘Locanda Ravello’, a Danville, a 40 minuti da San Francisco”.
Oggi Enzo Rosano vive a San Carlos, nella Silicon Valley, con la moglie Lisa, conosciuta un mese dopo il suo arrivo a San Francisco, e i figli Antonio e Gigi, 10 e 5 anni, che, dice, “di americano hanno solo il passaporto”. Racconta che la vita a San Carlos è “a cinque stelle” e che la comunità italiana in America è molto particolare: “Sai, qui non esiste differenza tra Nord e Sud, ma solo spirito italiano. I miei migliori amici sono del Nord, da Vicenza alla Toscana”.
Per lui seguire il Napoli è come sentirsi a casa, vicino alla mamma e al resto della famiglia, rimasta qui. E poi ci sono i ricordi di infanzia: “Da bambini si andava allo stadio e si scavalcava, ci si arrampicava sopra la tettoia, adesso sono un imprenditore, meno spensierato di allora, erano bei tempi”.
Enzo ha creato dal nulla un impero napoletano del gusto a pochi chilometri da San Francisco. I suoi pizzaioli vengono formati a Napoli, alla pizzeria La caraffa di via Piave, dove lavora suo fratello Gino: “I bravi ragazzi, quelli più volenterosi, li mandiamo lì a fare training, poi tornano qui a lavorare quando sono pronti”. E poi c’è Antonio, lo chef del Punta Tragara di Capri, che d’estate lavora nell’isola azzurra e passa la stagione invernale in America: “Mi piace combinare le ricette antiche di mia mamma con la nouvelle cusine di Antonio, così i clienti li sciocchiamo”, ride. Il suo ristorante ha stregato anche il sindaco De Magistris in visita a San Francisco e toccato persino il cuore del San Carlo, con due serate di beneficenza in collaborazione con il Lirico celebrate proprio nella città del Golden Gate.
Racconta della sua infanzia a Fuorigrotta con un po’ di rimpianto per cosa è diventato adesso il quartiere, e la città: “Quando eravamo piccoli giocavamo in tanti, tutti insieme, sempre per strada. Non esisteva il computer, non avevamo niente, ci divertivamo con pochissimo. Adesso, ogni volta che torno, non vedo più bambini, la gente non sorride più”. Racconta di una città perduta, di quando “le carte per terra c’erano pure, ma non le notavi, perché erano sovrastate dalla bellezza. Oggi invece le vedi, perché lo stress e le difficoltà hanno fatto perdere il sorriso alla gente. E poi gli italiani tutti hanno una brutta caratteristica, si piangono addosso, si lamentano. La gente oggi è egoista, pensa solo a sé”. Racconta di un sogno realizzato, del napoletano che può riuscire dovunque purché sia disposto al sacrificio: “Noi cresciuti per strada sappiamo campare. Ci hanno spiegato da piccoli che se non porti rispetto ti puoi fare male, da piccoli se sbagliavamo ci riempivano di botte. Adesso vedo che i giovani vogliono tutto e subito, sembra vogliano spaccare il mondo, hanno grandi sogni, ma non vogliono conquistarli con fatica, li vogliono facili”.
Eppure Napoli è profondamente impressa nel suo cuore, tanto che vi dirotta quanti più turisti riesce e sempre negli stessi posti: una notte al Santa Lucia o all’Excelsior, i ristorantini tipici, il Cristo Velato. “Napoli è bellissima, unica, anche se ci vorrebbe un po’ più di ‘balance’. La gente si incanta, nove su dieci rimangono esterrefatti, la trovano bellissima, per niente pericolosa”.
Al San Paolo è stato l’ultima volta un paio di anni fa. Era anche a Roma, alla finale di Coppa Italia contro la Fiorentina, “ci siamo andati con amici toscani ospiti dei Della Valle, ci simm’ ‘ntossicat”.
È superstizioso, moltissimo, Enzo, che oggi vede la partita con alcuni amici al ristorante, mentre lavora. Sono le 10 del mattino e segue il Napoli in streaming dopo essersi concesso una partita di tennis per smorzare la tensione. Per fortuna ci pensano i gol a placare l’ansia, ogni gol azzurro fa tremare il ristorante e, quando sono ormai abbastanza, per festeggiare lui si fa preparare una pizza fritta cicoli e ricotta, “’na cosa leggera”, dice. Inneggia a “Paperino Gabbiadini”, lo definisce una potenza, vuole portarlo a Disneyland e anche a Maggio, che sembra resuscitato: “Amazing”.
Ilaria Puglia
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