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Ora Mancini fa il costituzionalista: “Il calcio è un diritto come la scuola”

Un attimo fa era epidemiologo e voleva aprire gli stadi. Ora ce l’ha col ministro della Salute: “bisogna pensare quando si parla, ogni tanto”

Ora Mancini fa il costituzionalista: “Il calcio è un diritto come la scuola”

Dice Roberto Mancini che “bisogna pensare quando si parla, ogni tanto”. La notizia è che non è un monito a se stesso. Il Ct della Nazionale ce l’ha col Ministro della Salute Speranza che aveva osato, in qualità di ministro della Salute, dettare (anche se retoricamente) le priorità del paese: la scuola viene prima del calcio.

L’epidemiologo Mancini ci aveva spiegato qualche giorno fa che era arrivato il momento di aprire questi benedetti stadi alla gente, argomentando così: “Sono passati tanti mesi, si può fare questo passo in avanti”.

Poi aveva deciso di non convocare i giocatori del Napoli entrati in contatto col cluster Genoa, “per precauzione”, chiamando però i giocatori della Juventus, Bonucci e Chiellini (che tra l’altro non sono ancora a Coverciano perché bloccati nella fragilissima “bolla” della Continassa in attesa dei risultati dei tamponi) che in teoria avrebbero affrontato domenica sera proprio i giocatori del Napoli. Un ragionamento da premio Nobel per la Medicina.

Ora Mancini, nel tranquillizzarci sull’esito dei tamponi dei due bianconeri (“Non ci sono grandi problemi, i giocatori della Juventus arriveranno probabilmente mercoledì”), diventa costituzionalista. E dice:

Per tutti gli italiani lo sport è un diritto, come la scuola. Non è una cosa data così, abbiamo diritto a tutto questo. È una priorità importante, lo sport in Italia è praticato da milioni di italiani, a tutti i livelli”.

Non lo sport di base, beninteso. Lo sport inteso come “Serie A”, come “campionato”, come “amichevoli della Nazionale”. Gli italiani hanno diritto “a tutto questo”. Come hanno diritto all’istruzione. Uguale, proprio.

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