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Carolina Morace: “ho sposato due volte una donna, troppi pregiudizi nel calcio”

La campionessa racconta al Corsera la sua relazione con una donna australiana. «In Australia, come in molti altri Paesi del mondo, il fatto che due persone dello stesso sesso si amino non interessa a nessuno»

Carolina Morace: “ho sposato due volte una donna, troppi pregiudizi nel calcio”

Carolina Morace, una della calciatrici più forti di tutti i tempi ha raccontato in esclusiva al Corriere della Sera la sua storia con Nicola Jane Williams, la sua compagna di vita. 

Fa coming out dunque e racconta della sua storia con questa ragazza australiana con cui si sono già sposate due volte, lo fa soprattutto per le calciatrici più giovani, ma in generale per tutte coloro che ancora non hanno trovato il coraggio di raccontarsi la verità

«Il mondo del calcio è pieno di pregiudizi e di omofobia. Non biasimo chi non fa coming out. Per molti uomini il non farlo è una forma di protezione. Credo che sia giusto farlo quando si è pronti, quando si è sicuri di poter togliere la maschera e non rimetterla più».

Carolina racconta delle differenze, quelle che lei ha imparato grazie a Nicola

«In Australia, come in molti altri Paesi del mondo, il fatto che due persone dello stesso sesso si amino non interessa a nessuno. Lei stessa, nei primi tempi della nostra storia, quando veniva in Italia, si meravigliava del peso che diamo a queste scelte. E solo con lei sono riuscita a essere vera, senza maschere. Adesso non mi nascondo più».

Carolina racconta che deve tanto al suo papà, è per merito suo se adesso può sfoggiare il trofeo della Hall of fame del calcio italiano, perché non ha mai pensato che il calcio femminile fosse uno sport per uomini mancati

«Non ho mai detto “Da grande voglio giocare a pallone”, ho giocato e basta. E dico: non chiedete il permesso di fare una cosa che vi fa stare bene. Fatela. Assecondate il vostro talento. Sarà dura, ma vi sentirete vivi, veri e speciali».

Il calcio femminile purtroppo in Italia è ancora pieno di stereotipi e luoghi comuni che lo soffocano e non permettono alle ragazze di considerarlo un vero sport o anche una possibilità di carriera nella vita

«Centinaia di donne giocavano ma erano circondate da pregiudizi, considerate come maschi mancati. L’unico modo per motivare le bambine, dar loro l’ambizione di diventare campionesse, vuol dire restituire al calcio femminile la giusta dignità e smettere di considerarlo un parente povero. Se le bambine saranno motivate potrà aumentare il numero delle praticanti e diventerà, forse, uno sport di massa».

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