«Sbaglia chi si meraviglia, io sapevo che la vela, nella programmazione dell’Olimpiade che forse ci sarà, non sarebbe toccata a Napoli. Che pure è l’unica candidata seria e gradita da tutti i velisti del mondo». Pippo Dalla Vecchia, un altro santone della vela all time, dalla terrazza di casa sua che guarda sui crateri della Solfatara, annuncia il suo verdetto che è chiaro e senza appello, a differenza di quello ammantato di mistero che dovrebbe sancire il rinvio della sentenza sul caso-De Luca.
Su cosa ha basato questa certezza?
«Sull’esperienza. So come vanno le cose dalle nostre parti. Mi spiego meglio, dal tempo dei tempi la politica del Coni è come un piatto di spezzatino e, di volta in volta, il boccone migliore tocca a chi offre di più. Stavolta, non toccava a Napoli che era la città più degna e quindi da escludere, ma alla Sardegna o, in subordine, al golfo di Gaeta che pure aveva avanzato la candidatura, per dare forza al progetto della città dello sport che sta crescendo intorno agli impianti di Formia. Nessuna sorpresa, anzi una conferma che le cose in Italia vanno avanti sempre alla stessa maniera». Senza una visione d’insieme e che a decidere è un piatto di spezzatino. Certo è che sostituire, o meglio barattare la vela con alcune partite di calcio che, come tutti sanno, è uno sport pochissimo olimpico e anche mal digerito, e sostenere, sia pure con un filo di voce che più flebile e scornosa non potrebbe essere, che tutto va bene madama la marchesa è pura follia. Ma siamo a questo e quel che è peggio il consenso allo scartiloffio ai danni di Napoli, viene concesso, come nella migliore tradizione degli oppressi, dai danneggiati, cioè dall’opinione pubblica. Che o tace o parla a pie’ di pagina giusto per dire che i patti erano questi e che per Napoli si era sempre e solo pensato al calcio – che sarà, tra l’altro, una sorta di contentino per dieci stadi – non alla vela che, evidentemente, non è nelle corde organizzative della città.
Che, però – e questo lo ripetiamo solo a beneficio di chi ha fatto finta di non sentire – non ha abitanti ma il mare ce l’ha,magari è sporco, ma c’è e respira splendidamente grazie ai venti che negli anni hanno fatto guadagnare al Golfo il primato di stadio ideale per la vela. E a beneficio di quanti non sanno, aggiungiamo che a dirlo, oltre a Straulino a Russel Coutts e a Paul Cayard, è stato anche un altro grandissimo velista, Paul Elvstrom, che nell’Olimpiade napoletana – quella che in questi giorni è stata come dire ripudiata come una donna troppo sfiorita rispetto alla sua antica bellezza – vinse la sua quarta medaglia d’oro regatando tra i finn. Paul, manco a dirlo, divenne popolarissimo sulla banchina del Molosiglio e il mitico Salvatore Chiaiese, in arte “piscione”, il marinaio della sezione velica che dava del tu a Straulino (‘o masto) affibbiò al flemmatico campione danese nato a Hellerupp un sobborgo di Copenaghen, il nomignolo di “a’ zoccola cu ‘e lente” per lo spessore dei suoi occhiali. Paul un po’ capiva e molto no, ma era felicissimo e tornò più volte a respirare, come diceva, “quell’aria”.
C’è un’utima cosa da dire. Malagò, il presidente del Coni, ha fatto ieri due ammissioni importanti sulle quali è bene che fin da ora Napoli si interroghi per ricavarne un minimo di vantaggio. La prima riguarda la ristrutturazione del San Paolo che potrebbe essere accelerata – anche se non ci crediamo perché il 2024 è lontano -, la seconda, invece, riapre uno spiraglio proprio per l’organizzazione del torneo velico. «Abbiamo un anno per le possibili varianti»: non tutto è perduto, insomma, e c’è tempo per ottenere una correzione di rotta ed è questo l’obiettivo dichiarato del Comitato che sta per costituirsi su iniziativa di Luciano Cimmino, Lapo Elkann, Pippo Dalla Vecchia e Carletto Rolandi, che lo presiederà. Qualcuno capirà che è tempo di svegliarsi dal letargo?
Carlo Franco