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A Sky parlano del cashmere di Mancini (e lo fanno senza giacca) per non parlare del rigore negato all’Empoli

A Sky parlano del cashmere di Mancini (e lo fanno senza giacca) per non parlare del rigore negato all’Empoli

Mancini è bello. Mancini è ricco. Mancini veste solo abiti di cashmere. E, all’opposto, anche se il confronto non è stato esplicitamente fatto, Sarri non è bello, meno che mai ricco e, come se non bastasse, veste ahimè una tuta di ordinanza con i calzini che spuntano al di sotto del pantalone stretto alla caviglia. Incredibile ma vero, la lotta per lo scudetto, mai così incerta, vive anche di questi autorevoli raffronti e, sotto questo aspetto, il tecnico mezzo napoletano e mezzo toscano è sicuramente perdente rispetto ai suoi avversari visto che anche Allegri e Sousa, aspettando Garcia che ora ha altro cui pensare, obbediscono agli stessi canoni di eleganza e prediligono lo stesso look del manager di Jesi. Anzi, fanno anche di peggio: quando sono arrabbiati di brutto – è successo a Max Allegri nell’incontro con il Carpi – non si fanno scrupolo di scagliare i cappotti super eleganti sulla pista bagnata senza preoccuparsi di raccoglierli, tanto c’è chi lo fa per loro.

Il pomeriggio della domenica calcistica, soprattutto ora che la “signora del calcio” è momentaneamente assente causa maternità – a proposito, buon viaggio a Matteo ultimo arrivato in casa Buffon – trascorre anche così in attesa del clou notturno con i “talents” che vengono stuzzicati da Fabio Caressa e nella seconda ora scendono addirittura in campo, cioè intorno al tavolo, senza giacca. Il penultimo baluardo in difesa di una “mise” più austera è caduto ieri sera allorquando Mario Sconcerti ha deciso di mettere in bella mostra la sua pancia lasciando il testimone della resistenza a Zvone Boban che è rimasto al suo posto, compunto e rispettoso dei canoni classici dell’eleganza. Questo è, se ci piace. E deve piacere. Un giorno o l’altro, però, gradiremmo che gli esperti televisivi fossero chiamati a spendere la loro saggezza e a esaminare criticamente gli spunti più interessanti emersi dalle partite appena concluse. A meno che non si voglia ritenere – e più di una volta, in tutta onestà, ci è capitato di pensarlo – che i discorsi ameni servano a deviare l’attenzione dai temi più scorbutici. Quasi si avesse timore di affrontarli. Nel palinsesto di ieri, ad esempio, l’argomento più potenzialmente adatto a innescare il dibattito – e a stare sul pezzo, come usa dire – era senza alcun dubbio il confronto tra i due rigori, quello sanzionato contro il Napoli e l’altro non concesso, invece, all’Empoli. Il signor Di Bello e il signor Celi hanno usato un metro di valutazione profondamente diverso: il fallo moltissimo presunto di Goulham appartiene alla casistica degli interventi che si puniscono una volta ogni cento, a differenza di quello commesso da Murillo ai danni di Pucciarelli ormai a tu per tu con Handanovic. Ad una valutazione più attenta che si sarebbe ottenuta mettendo a confronto le due situazioni sarebbe emersa la differenza abissale tra l’intervento di Ghoulam, che prendeva anche la palla, e quello di Murillo che, al contrario, ha nettamente colpito la gamba del centravanti empolese.

Le conseguenze di questi due modi di punire il gioco duro nell’area piccola sono sotto gli occhi di tutti: nel caso del Napoli hanno cambiato il risultato e l’inerzia della gara che gli azzurri stavano dominando e che, di colpo, è stata rimessa in discussione; nel caso dell’Empoli, invece, il danno è stato addirittura superiore: il rigore, se concesso e realizzato, avrebbe sancito il pareggio con un preziosissimo punto in più ai toscani e due punti in meno agli interisti che sarebbero stati scavalcati dalla Fiorentina e dal Napoli e ulteriormente avvicinati dalla Juve arrembante. Alla vigilia dell’assegnazione, platonica finché si vuole ma comunque piacevole, del titolo di campione d’inverno. Di tutto questo si è fatto pochissimo cenno nei commenti a caldo e nel panel serale con e senza giacca: Mancini si è limitato a dire che «secondo me il rigore non c’era» tradendo il giuramento degli allenatori obbligati a dire la verità mentre il povero Giampaolo, sapendo di giocare in campo avverso, si è limitato a chiedersi «dov’è la giustizia sportiva»? Appunto, dov’è? E che abiti veste?    

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