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Boskov tenne a galla il Napoli in declino e descrisse perfettamente Maradona (VIDEO)

La prima in campionato al “Maradona” sarà contro la Sampdoria che lui portò ai più grandi successi – mai più ripetuti – della sua storia

Boskov tenne a galla il Napoli in declino e descrisse perfettamente Maradona (VIDEO)
Per uno strano scherzo del destino il primo incontro di campionato a tenersi nello Stadio “Diego Armando Maradona” sarà Napoli-Sampdoria, ossia la stessa gara in cui Diego fece il suo esordio casalingo in serie A, nonché realizzò la sua prima rete, in campionato, con la maglia del Napoli. Era il 23 settembre 1984 e si disputava la seconda giornata di campionato (alla prima, che segnava l’esordio di Maradona in massima serie, il Napoli venne sconfitto 3-1 a Verona dai gialloblù di Osvaldo Bagnoli, che a fine anno conquisteranno, contro ogni pronostico iniziale, il loro primo e unico titolo di campioni d’Italia…); la partita terminò sul punteggio di 1-1 con il Napoli che si portò momentaneamente in vantaggio al 16′ circa del secondo tempo grazie ad un rigore trasformato, appunto, da Maradona.
Ma ad accumunare la Sampdoria al Napoli, oltre al fatto di essere stata la squadra contro cui Diego ha esordito in campionato all’ormai ex San Paolo e alla quale ha realizzato la sua prima rete in A, vi è anche il ricordo di un altro grandissimo personaggio del passato, anche lui, come Maradona, passato purtroppo “a miglior vita”: Vujadin Boskov, ricordato con affetto a Napoli come “zio Vuja”.
Sicuramente Boskov ha lasciato un ricordo più grande nei cuori dei tifosi blucerchiati, non fosse altro per il maggior numero di anni trascorsi sulla panchina della Sampdoria (dal 1986 al 1992 e, successivamente, nella stagione 1997/98 quando subentrò, dopo 8 giornate, al posto dell’esonerato Menotti, già allenatore della Nazionale argentina dal 1974 all’82, nonché campione del mondo nel 1978) e per i successi conseguiti alla guida della stessa: lo scudetto nel 1990/91, le due Coppe Italia consecutive del 1987/88 e quella del 1988/89 quando superò in finale proprio il Napoli di Maradona (più una finale persa nel 1990/91 vedendo così sfumare una storica doppietta scudetto+Coppa), la Supercoppa Italiana nel 1991 e una Coppa delle Coppe vinta nel 1989/90 (più una finale persa nell’edizione precedente contro il Barcellona e una finale di Coppa dei Campioni persa, sempre contro il Barcellona, nel 1991/92) per un totale di cinque titoli vinti (più tre finali conquistate).
A Napoli, invece, il compianto Boskov ebbe la sfortuna di approdare nel periodo in cui iniziava il lento ma inesorabile declino: arrivò nella stagione 1994/95 per sostituire l’esonerato Guerini in quella che fu l’ultima stagione che vide il Napoli impegnato nelle Coppe Europee (prima di una lunga assenza interrotta solo nel 2008). Erano gli anni delle dolorose cessioni estive per cercare di sanare, purtroppo invano, i conti societari e degli organici allestiti grazie agli esuberi delle altre squadre, girati in prestito o comproprietà, e gli azzurri, che l’anno precedente, con Lippi in panchina, avevano conquistato una insperata quanto meritata qualificazione alla Coppa Uefa, persero in estate, oltre al tecnico viareggino, ben sette titolari, ossia il capitano Ferrara (passato con Lippi alla Juventus), l’idolo della curva Paolo Di Canio, il libero Giovanni Bia, Francini, Gambaro, Fonseca e Thern (oltre ai ritiri delle “riserve” Corradini e Nela).
A rimpiazzarli arrivarono a Napoli il libero brasiliano André Cruz dallo Standard Liegi, il centrocampista franco-armeno Alain Boghossian dall’Olimpique Marsiglia, il colombiano Freddy Rincon dal Palmeiras (via Parma), il difensore Matrecano (anche lui in prestito dal Parma), l’esperto centravanti Massimo Agostini (detto il Condor) e il giovane fantasista Benito “Benny” Carbone (girato dalla Roma come contropartita tecnica nell’operazione che portò in giallorosso Thern e Fonseca). Insomma ai nastri di partenza il Napoli si presentava con un organico completamente stravolto e, com’era facilmente preventivabile, ebbe un turbolento avvio di stagione tanto che, dopo appena appena sei giornate, la panchina di Guerini saltò.
A cercare di risollevare le sorti degli azzurri venne chiamato proprio l’ex tecnico della Sampdoria campione d’Italia e vicecampione d’Europa (fermo da più di un anno dopo un’esperienza non proprio esaltante alla guida della Roma) che, nel giro di qualche settimana, complici alcune felici intuizioni, come quella di trasformare Buso e Tarantino da abulico centravanti il primo e impacciato centrale difensivo il secondo rispettivamente in una delle migliori ali-tornanti e dei migliori esterni difensivi sinistri del torneo, riuscì ad invertire la rotta e a condurre il Napoli ad un soffio dalla qualificazione alla Coppa Uefa, sfumata solo nei minuti finali dell’ultima giornata di campionato, quando un gol allo scadere di un giovane Marco Delvecchio regalò la vittoria e la conseguente qualificazione europea all’Inter proprio ai danni dei ragazzi di Boskov.
L’estate seguente a salutare Napoli fu la volta di Cannavaro (ceduto al Parma), Carbone (che fu acquistato dall’Inter) e Rincon (che non venne riscattato) mentre in riva al golfo arrivarono il libero argentino Ayala (che però fu utilizzato in marcatura dal momento che il ruolo di libero era già occupato da Cruz), il fantasista Fausto Pizzi, più i giovani difensori Colonnese e Baldini e l’attaccante Arturo Di Napoli. Nonostante l’ennesimo depauperamento tecnico, gli azzurri di Boskov furono protagonisti di un discreto inizio di campionato (tre vittorie e due pareggi nelle prime cinque giornate, tra cui una vittoria per 2-1 in casa con l’Inter e, la domenica successiva, un pareggio per 1-1 in casa dei campioni d’Italia della Juventus…) che vide il Napoli inizialmente stazionare anche nei piani alti della classifica, grazie alle gesta di quei ragazzi (Pecchia, Buso, Tarantino, Di Napoli e il compianto Carmelo Imbriani) che il tecnico slavo era solito chiamare affettuosamente i “fratellini”, ma poi alla lunga il rendimento calò sensibilmente e il Napoli concluse la stagione con un deludente 12.imo posto che mise così fine all’esperienza napoletana di Boskov, esperienza che, come visto, è stata avara di successi e piazzamenti importanti ma che, nonostante le mille difficoltà (tecniche, economiche e ambientali) non è stata del tutto priva di soddisfazioni.
Ma, al di là dei risultati (e delle sue celebri frasi…), Boskov a Napoli è particolarmente amato e ricordato soprattutto per queste sue vecchie dichiarazioni che però, mai come in questo periodo, risultano essere particolarmente attuali e opportune.
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