Napoli-Inter è stata anche una partita di calcio, al di là di quanto accaduto appena fuori dal campo o nel ventre del San Paolo, a microfoni accesi e telecamere aperte. Ed è stata una partita un po’ strana, particolare, che ha detto molto o non ha detto niente a seconda di come la si guardi. O di come la si voglia guardare. Intanto, il risultato, 0-2. Dire o no meritato è un esercizio inutile, anche rileggendo i dati: 8 occasioni da gol per il Napoli, 4 per l’Inter, 8 parate di Handanovic e 2 di Reina, ma pure un possesso palla che, sembra incredibile, stavolta è una statistica favorevole a una squadra che ha affrontato gli azzurri. L’Inter, infatti, ha chiuso con il 55% di possesso palla su 55 minuti di gioco effettivo.
Leggere queste cifre da sole ha poco senso, però: in realtà, questa Napoli-Inter non è stata partita molto diversa da tutte quelle giocate dalla squadra di Sarri, attentissima in difesa (delle 4 occasioni da gol, di cui abbiamo già detto, 2 sono tiri da fuori) e solo poco meno pungente rispetto al solito (col Sassuolo, ad esempio, le occasioni da gol costruite secondo la Lega Calcio furono 10, appena due in più). Il maggior possesso dell’Inter nasce dall’atteggiamento conservativo della squadra di Mancini, che per il 78% dei minuti in cui ha tenuto palla (23’39’’ su 30’17’’ totali) l’ha fatto nella propria metà campo. Il resto l’hanno fatto la capacità dei nerazzurri di sfruttare un errore tecnico, la palla giocata male da Hamsik sul gol di Jovetic, e il cinismo di Ljaljc nel capitalizzare un contropiede a palla scoperta e campo libero, situazione che il Napoli ha concesso per la prima volta durante la stagione, durante il recupero di una partita che stava giocando in dieci.
Altri due dati importanti sono quelli del baricentro (immagine sopra, in alto) e della distribuzione offensiva (immagine sopra, in basso). La squadra di Sarri ha tenuto, come solito, una posizione alta in campo (56 m circa), mentre l’Inter si è schierata molto dietro, tenendo il suo baricentro molto più lontano rispetto alla linea di metacampo, a 45 m. La distribuzione delle azioni d’attacco, invece, soprattutto rileggendo il dato riguardante il Napoli, ci fornisce un’interpretazione importante della partita. Gli azzurri, infatti, hanno utilizzato la fascia centrale del campo per il 55% delle loro sortite offensive. “Merito” o “colpa” sono da ascrivere alla contemporanea presenza in campo di Valdifiori e Gabbiadini, calciatori che presuppongono uno sviluppo della manovra totalmente diverso rispetto alla coppia titolare Higuain-Jorginho. L’ex Empoli gioca in maniera molto più verticale, più diretta, raramente apre il gioco sulle fasce e ha cercato con insistenza la palla lunga per l’inserimento di Gabbiadini alle spalle della difesa dell’Inter. Una scelta tendenzialmente sbagliata, e lo leggi nell’altezza dei due centrali nerazzurri (1,86 Miranda, 1,82 Murillo) e nel numero di palle perse dallo stesso Valdifiori (8, come Mertens: il peggior dato tra i 22 in campo). Più e meglio distribuiti i pochi attacchi nerazzurri, che hanno sfruttato maggiormente la fascia sinistra (quella di Telles e Ljaljc) rispetto all’out destro e alla zona centrale (44% e doppio 28%).
Il Napoli ha quindi pagato, più di ogni altra cosa, il minore o addirittura mancato utilizzo delle fasce laterali. Decisiva, in questo senso, la sostituzione dell’intera catena di sinistra e il mancato affiatamento tra Strinic e Mertens, col croato meno aggressivo di Ghoulam e il belga in brutta copia rispetto alle sue migliori edizioni. Ultima chiosa per la partita di Manolo Gabbiadini, non al meglio perché reduce da un infortunio ma comunque poco pericoloso in zona gol. L’ex doriano è sicuramente un attaccante diverso rispetto ad Higuain, meno accentratore e più incline a cercare l’inserimento su lancio da dietro o in alternativa il pallone sui piedi per il tiro da fuori area. Questo, come detto, ha influenzato (insieme all’utilizzo di Valdifiori) il gioco del Napoli, ma anche la prestazione generale è stata poco positiva: emblematico in questo senso la tabella in alto, che enumera le occasioni da gol create dai calciatori azzurri. Higuain, in 25 minuti di gioco, ha creato il triplo delle occasioni di Gabbiadini. Come dire: se Higuain è capocannoniere e tiene la sua strepitosa media gol (20 reti in altrettanti match di campionato), un motivo deve pur esserci. Gabbiadini è un calciatore di grandi doti e dall’altissimo valore prospettico. Ma la differenza, per condizione, caratteristiche e qualità, in questo momento, è davvero troppo elevata perché la squadra non ne risenta.
Quanto dice, quindi, la sfida di ieri sera?. Poco, perché in realtà la differenza con le partite giocate da questo Napoli, ma pure con la stessa Napoli-Inter di campionato, è sottile. Gli azzurri variano interpreti e modalità di sviluppo del gioco, ma non soffrono gli avversari se non su errori banali e non di concetto. Può dire anche tanto, però, sulla difficoltà di affrontare questa Inter, prima squadra ad uscire vittoriosa dal San Paolo in stagione e che già aveva messo in difficoltà il Napoli nell’incontro di campionato. Certo, le condizioni sono state molto diverse, col turnover (eccessivo?) di Coppa e l’attenzione rivolta alla corsda-Scudetto, ma la mancanza di alternative a centrocampo (Sarri è stato costretto a schierare insieme Jorginho e Valdifiori per l’infortunio a David Lopez) e la minor brillantezza offensiva quando si rinuncia a certi uomini, Higuain su tutti, devono essere qualcosa su cui lavorare. In campo, e, possibilmente, sul mercato.
Fonte dati: www.legacalcio.it