Nei titoli del film “Natale in casa Cupiello” abbiamo letto “soggetto di Eduardo…” e come sceneggiatori due nomi. Quindi Eduardo avrebbe buttato lì un’idea…
Riportiamo sul Napolista, con il permesso dell’autore, un commento del regista e sceneggiatore napoletano Nino Russo su Facebook a “Natale in Casa Cupiello” di Edoardo De Angelis. Nino Russo ha commentato sulla bacheca del critico cinematografico Michele Anselmi.
“EDUARDO SOGGETTISTA? DA TENER PRESENTE, MI SEGNO IL NOME”
IL REGISTA NINO RUSSO DICE LA SUA SU QUELLA STRANA…Pubblicato da Michele Anselmi martedì 29 dicembre 2020
Tutta questa operazione deriva dal degrado culturale, e anche morale, nel quale ci siamo beatamente immersi in questi nostri squallidi giorni di deregulation etica.
Qui non c’entra la Siae, né c’entrano le norme giuridiche sul diritto d’autore.
Qui c’entra in primo luogo il buon gusto, il senso della misura, il rispetto del passato e di chi in questo passato ha creato dei monumenti.
E, ovviamente, il problema non riguarda la riproposizione o, come si usa dire con un termine stupido ma di moda, “la rivisitazione” di opere del passato. Azioni pienamente legittime se vengono rispettati i limiti e la terminologia dei ruoli.
E i termini ci sono, usiamoli!
Possiamo usare, ad esempio, “tratto da…” oppure “liberamente ispirato a…” e via dicendo.
La cosa che invece non possiamo fare, non fosse per altro che per un minimo senso di, come dicevo, buon gusto, è quella di usare, nei titoli di testa di “Natale in casa Cupiello”, l’orrenda scritta: “soggetto di Eduardo de Filippo”.Ma come, “soggetto”?
Il soggetto, come ci diceva Cesare Zavattini, si può scrivere su una bustina di cerini. Ed è questo il contributo che Eduardo ha dato all’opera?
Il fatto diventa addirittura surrealmente stralunato quando, nello scorrere dei titoli, leggiamo: “sceneggiatura di…” coi due nomi degli sceneggiatori del film.
Quindi, in base a queste scritte, io spettatore che non conosco “Natale in casa Cupiello” ne deduco che Eduardo, il soggettista, avrà scritto qualche riga su un’idea, più o meno, “di una famiglia napoletana di ceto basso che trascorre la giornata di una fredda vigilia di Natale tra la costruzione di un presepe, piccole incomprensioni familiari e piccoli drammi che poi sfociano in un dramma vero”.
E che su queste righe i due sceneggiatori abbiano, poi, “inventato” situazioni, dialoghi, sviluppo temporale e ritmo narrativo.
Però! Da tener presente anche questo soggettista. Ora mi segno il nome.
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