Un’occasione perduta per dar sfoggio di intelligenza. Non sanno che le leggi, soprattutto in materia di salute pubblica, non dipendono dal fatturato
Raramente abbiamo assistito a una scena più stupida, più lontana dall’intelligenza, di quella cui abbiamo assistito con i calciatori della Lazio in campo, nell’inutile attesa del Torino che non si sarebbe mai presentato per giocare perché bloccato dall’Asl competente. Siamo costretti a ripetere quel che abbiamo scritto mesi fa: esiste una gerarchia del diritto, il protocollo sottoscritto dalla Serie A è carta straccia di fronte all’autorità sanitaria che costituzionalmente tutela il diritto alla salute.
Ci ripetiamo: concetti chiari a bambini delle scuole elementari. Non ai rappresentanti del calcio. Eppure Dal Pino le scuole elementari le ha superate con successo, ha alle spalle una brillantissima carriera di manager a livello internazionale. Come è successo a tanti, però, anche a lui è capitato – una volta entrato in contatto col mondo del calcio – di smarrire tante facoltà.
Il calcio italiano e la Lazio (grottesche le dichiarazioni di Tare) questa sera hanno offerto una scena ridicola. Sanno benissimo, visto che adesso c’è anche un precedente, che a nulla servirà. Che, se pure la giustizia sportiva nei primi due gradi di giudizio si adeguerà ai voleri dei presunti potenti, poi arriverà il Coni e ristabilirà giustizia, o meglio ricorderà concetti – ripetiamo – da scuola elementare.
Il calcio italiano oggi è questo. Una serie di persone che credono di detenere chissà quale potere perché la loro azienda fattura tanto. È come se i più ricchi potessero andare contromano senza incorrere in alcuna contravvenzione.
Stasera è andata in scena l’ottusità del potere. Una di quelle farse all’italiana che tanto ci piacciono.