Il destino di Suning è legato ad un Paese in cui il governo ha il potere di imporre le sue scelte ai privati. E l’Inter è al centro di un uragano economico internazionale
Ci sono due Inter, in questo momento. Una si avvia sotto gli occhi di tutti a vincere lo scudetto, in campo. L’altra non sa bene dove andrà a sbattere: il futuro societario è appeso a vari fili, che si muovono su scenari internazionali molto diversi tra loro ed estremamente complicati.
In un lunghissimo articolo su The Athletic James Horncastle prova a dipanare la matassa ripercorrendo le tappe della gestione cinese dell’Inter, che all’inizio pareva un successo e che invece ora s’è trasformata in un grande punto interrogativo. Tanto che il club che molto probabilmente vincerà lo scudetto è in cerca di un compratore, e rischia – per ora è solo un rischio improbabile – di fare la fine dello Jiangsu, la squadra di famiglia che Suning ha lasciato fallire da un giorno all’altro proprio dopo aver vinto il titolo nazionale.
Il punto è che il collasso del calcio cinese, fenomeno ben descritto nei giorni scorsi anche dal Guardian, rischia di avere serie ripercussioni anche in Italia. Sono gli effetti deteriori del calcio globalizzato.
Horncastle riassume la crisi del gruppo Suning. Una crisi di Stato. Col prezzo delle azioni dimezzato in tre anni, gli investimenti immobiliari andati a vuoto, un piano di salvataggio che coinvolge un’altra delle più grandi società cinesi fallito. Suning è stato costretta a vendere quasi un quarto delle sue attività quotate in borsa.
“Sotto la guida del co-fondatore Zhang Jindong, l’azienda è diventata un conglomerato, diversificandosi in media, immobili, sport e tecnologia, rendendolo uno degli uomini più ricchi della Cina. Il core business ha cambiato nome in Suning.com nel 2018 per segnalare un passaggio allo shopping online. Segnalare e fare sono due cose diverse, però. L’azienda è ancora il più grande rivenditore di mattoni e malta della Cina con centinaia di negozi, ma è scivolata fuori dai primi quattro in termini di vendite”.
La Cina è un grande paese, ma c’è ancora spazio per un solo capo e il suo nome è il presidente Xi Jinping, scrive The Athletic. Questo ha lasciato Suning senza alcun posto dove voltarsi se non verso due società di investimento sostenute dallo stato, che il mese scorso hanno pagato poco più di 1,6 miliardi di sterline per una partecipazione del 23% nell’attività.
“Sebbene sia una cosa interessante per il personale, i clienti e gli investitori di Suning, niente di tutto questo avrebbe turbato le pagine dei giornali occidentali se Suning e Zhang Jindong non si fossero lasciati coinvolgere nel calcio”.
E veniamo all’Inter, solo una parte degli investimenti nel settore. Il club cinese, riassumendo, è andato fallito, e l’investimento in PPTV, il servizio di streaming che aveva acquistato nel 2013 per la trasmissione dei diritti live sul calcio nazionale in Cina e in Italia e in Premier League si è rivelato presto sbagliato.
Simon Chadwick, professore di sport eurasiatico alla Emlyon Business School, dice che “Le vicende di Suning raccontano cosa significa vivere e lavorare in un paese autoritario e pianificato a livello centrale”. Chadwick ritiene che il “cambiamento epocale che alla fine ha portato alla debacle di Suning” sia iniziato alla fine del 2016, l’anno in cui Tevez si è unito a Shanghai Shenhua e Oscar ha firmato per lo Shanghai SIPG. Il governo ha costretto la più grande società immobiliare cinese, Wanda, a vendere la sua partecipazione nell’Atletico Madrid preoccupata per i troppi soldi cinesi che lasciavano il paese. Fu anche l’inizio di un giro di vite contro gli imprenditori famosi”, da Wang Jianlin di Wanda a Ma, il boss di Alibaba arrestato l’anno scorso.
“Nessuna persona e nessuna azienda può ora essere più grande dello Stato, che è onnipresente e onnipotente”, afferma Chadwick.
“Il ridimensionamento di Suning è la risposta archetipica alle priorità e alle pressioni del governo centrale: attenersi a ciò che si conosce, non impegnarsi in capricci all’estero e ricordare sempre chi è al comando. Per quanto riguarda il calcio, la visione è chiara. La Cina vuole ancora diventare una superpotenza del calcio, ma ha capito che questo si ottiene più facilmente avendo stretti rapporti con la FIFA e organizzando la Coppa del Mondo, che molti credono sarà nel 2030″.
L’Inter insomma si trova coinvolta negli affari di un paese “in cui il governo ha il potere di dire alle società private di investire nel calcio, e loro lo fanno, fino a quando il governo non dice loro di smetterla, e loro lo fanno”.
Zhang è arrivato a Milano come una forza modernizzante, ha riconosciuto il potenziale dell’Inter come marchio di lifestyle e di intrattenimento. Ha fondato Inter Media House, vedendo il valore nelle squadre di calcio come fornitori di contenuti unici. Il progetto di Suning stava per passare a un altro livello, stava per diventare un “super club”.
“Il progetto si è interrotto ad agosto”, ha detto recentemente Conte.
Dopo che Zhang inizialmente aveva definito le notizie di Suning che avrebbe venduto il club “del tutto prive di fondamento”, la posizione si è ammorbidita. Al termine di una teleconferenza per annunciare gli ultimi risultati finanziari dell’Inter il 26 febbraio, l’ultimo punto all’ordine del giorno era un aggiornamento sulla ricerca di un nuovo partner. “Nell’ambito della struttura del capitale e della gestione della liquidità in corso, l’azienda e la nostra proprietà sono in trattative per fornire soluzioni a tale riguardo”.
Una di questi, come riportato dal Financial Times, è la corsa a raccogliere 200 milioni di dollari in contanti sul mercato. Un’altra rinunciare a una quota di controllo o di minoranza nel club appena un paio di mesi prima che l’Inter vinca lo scudetto. “Suning ha nominato consulenti chiave in Asia per trovare partner idonei, sia con un’iniezione di capitale azionario o altro”.
Il gruppo di private equity londinese BC Partners era in trattativa con l’Inter ma il periodo di esclusività per concordare un accordo è scaduto. Dopo aver svolto la due diligence sui conti del club, l’interesse del private equity nel club divide gli esperti. Uno di questi dice a The Athletic: “Non vedo davvero come possano farlo funzionare dal punto di vista dei rendimenti. I numeri semplicemente non funzionano. Come puoi pagare 700 milioni o un miliardo di euro, qualunque sia il prezzo che vogliono, per qualcosa che è in perdita nell’ordine di centinaia di milioni? Come puoi presumere di poterlo rivendere a due o tre volte il suo prezzo di acquisto? Questo è ciò che richiede il private equity per l’approvazione di un investimento. Devi mostrare che puoi raddoppiare o triplicare i soldi in quattro o cinque anni”.
Suning resta riluttante a vendere il club, perché altri esperti dicono che il club potrebbe valere 3 miliardi di euro, e che i club di Serie A siano sottovalutati rispetto alla Premier League: all’Inter esiste un percorso di redditività con una gestione più disciplinata.
Calcio e Finanza scrive che l’Inter ha ora davanti a sé quello che “in termini finanziari si chiama dual track, ovvero doppio percorso. Abitualmente lo utilizzano le aziende che hanno bisogno di reperire risorse fresche per alimentare la crescita e quindi da un lato avviano un percorso che può portare alla quotazione in borsa dove verrebbe venduto parte del capitale in cambio di denaro. Dall’altro cercano chi, tipicamente i fondi di private equity, possa comprare quella quota di capitale senza quindi dover passare da Piazza Affari. Chi offre la soluzione migliore vince”.
Nel caso dell’Inter “l’obiettivo non è cedere una parte di capitale per crescere ma trovare l’opzione migliore che consenta al gruppi cinese di uscire dall’investimento nel club nerazzurro con meno danni possibile dopo aver immesso oltre 600 milioni di euro nella società milanese. Una prima opzione è quella più diretta: cedere subito il controllo della società. E in questo quadro il grande favorito resta Bc Partners che punta a chiudere l’operazione al più tardi alla fine del mese. Al netto dell’interessamento possibile di fondi arabi”.