Giocò fino a 39 anni. Insegnò calcio leggiadro. Faceva allenamenti duri, ma divertenti. Superstizioso, lo accompagnava il guaritore Maggi
Nils Liedholm ci pensò una notte intera prima di lasciare la sua cittadina baltica, Valdemarsvik, dove faceva il contabile e il calciatore dilettante e poi decise di scendere al sud, nel Paese del sole. Aveva due gambe lunghe e robuste, le efelidi e la timidezza degli uomini del grande Nord, una voce gentile e leggera. Raggiunse Milano, che non era esattamente il paese del sole, ma c’era una nebbia nordica che non lo deluse, e giocò col Milan per dodici campionati, da quando aveva 27 anni, 394 partite, 89 gol, con altri due sensazionali giocatori della terra svedese, il pompiere Gunnar Nordahl di 80 chili e l’esile e stempiato Gunnar Gren che per la maestria del gioco era chiamato il professore. Un giorno, a San Siro, Liedholm calciò così forte che il pallone colpì la traversa degli avversari e rimbalzò sin nella metà campo del Milan.
Dei tre svedesi, Nils era il più elegante, centrocampista di classe genuina, e fu per tutti il Barone, titolo nobiliare confermato quando a 46 anni, nel 1968, sposò una nobildonna del Monferrato, la contessa Maria Lucia Gabotto di Sangiovanni, proprietaria di vigne e Nils, astemio, mise su un’azienda vinicola, Villa Boemia, a Cuccaro Monferrato.
Smise col calcio a 75 anni, dodici da giocatore, ventotto da allenatore. Diceva: “Allenatore di calcio è il mestiere più bello del mondo, peccato che ci sono le partite”. Allenando Milan, Verona, Monza, Varese, Fiorentina e Roma disse: “Gli schemi sono belli in allenamento: senza avversari riescono tutti”. Aggiunse: “Sapete come mi allenavo io? Scartando due cani. Loro guardano la palla e non abboccano alle finte”.
Insegnò calcio leggiadro. Faceva allenamenti duri, ma divertenti. Ebbe giocatori mediocri, che appresero da lui la gioia del gioco, ed ebbe un giocatore divino, Paulo Roberto Falcao, che sfiorava l’erba e giocava con palloni musicali e, con suprema eleganza, più assomigliò a Nils.
Era superstizioso, Liedholm. Portava nelle tasche sale, cornetti e ciondoli contro il malocchio. Per qualche tempo lo accompagnò un guaritore di Legnano, Mario Maggi. Gli “leggeva” in anticipo le partite. Gli predisse, quand’era sulla panchina della Roma, che il giocatore Ciccio Graziani avrebbe sbagliato il rigore decisivo nella fondamentale partita contro il Liverpool. Graziani tirò e sbagliò.
Raggiunse l’obiettivo di due scudetti, uno col Milan del leggiadro Rivera e uno con la Roma del divino Falcao. Raccontò: “Non solo l’Inter, ma anche la Juventus mi cercò perché andassi ad allenare la squadra bianconera. Venne da me Boniperti, parlammo a casa mia fino alle cinque del mattino, ma non se ne fece nulla. Boniperti, poi, mi disse che, tornando a Torino, si fermò in macchina a dormire perché era sfinito”.
Ricordava quando aveva smesso di giocare: “È stato un po’ come morire, perciò ho giocato sino ai 39 anni nel mio caro Milan. Per morire il più tardi possibile”. A Cuccaro si divertiva a giocare, nelle vigne, con i nipotini: ”Negli anni li ho scartati troppo e loro si saranno annoiati di un nonno che gli toglieva sempre il pallone per dribblarli”.
Nils Liedholm è morto a 85 anni, nel 2007. Sui campi del calcio miliardario, tutti correvano e pressavano, e non ci fu più il calcio felice del barone delle vigne.