In piena Champions le prime tre pagine dell’inserto sportivo sono dedicate alla campagna dei medici contro il junk food per i bambini. Perché lo sport va oltre il calcio e le polemiche da bar

In piena Champions League, con la Juve eliminata dal Porto, e il Liverpool in crisi impegnato col Lipsia, il Daily Telegraph dedica le prime tre pagine – non quelle interne, proprio le prime tre – del suo quotidiano inserto sportivo al tema sociale: la campagna della British Medical Association per il divieto di pubblicità di junk food nello sport. Con interviste, approfondimenti e commenti. Non Ronaldo, non Klopp: i bambini. La rivoluzione della gerarchie delle notizie.
Non è la prima volta che il Telegraph si spende per le campagne sociali, con una visione laterale del tema sport, molto più ampia di quella dei giornali concorrenti e del tutto aliena rispetto al giornalismo di piccolo cabotaggio a cui siamo abituati qui in Italia. In Inghilterra in generale in questi mesi di pandemia, tutti, non solo il Telegraph, hanno spesso dedicato ampio spazio alle difficoltà dello sport di base, ai bambini relegati sui divani mentre ai professionisti viene garantita la liberta di allenarsi. Una polemica impegnata e strisciante, più volte messa in prima pagina e non nelle retrovie del giornale.
Il Telegraph poi non è uno di quei giornali che ha due pagine di sport in coda. Ogni giorno pubblica un giornale a parte, corposissimo. Come se la Gazzetta dello Sport fosse un inserto del Corriere della Sera, ma con presupposti più alti. In Inghilterra – e le tre pagine dedicate all’educazione alimentare dei bambini lo sottolineano – hanno questo vizio di considerare lo sport parte integrante della società, da raccontare bene, in profondità. Senza restare ancorati alle polemiche del campo.