Al Corsera: «Come potrebbe reagire una donna quando le si rivolge come a un cane? Conosco donne che per paura non si vestono come vogliono»
Il Corriere della Sera intervista Aurora Ramazzotti. Con un video sui social ha denunciato il fenomeno del classico fischio per strada indirizzato dagli uomini alle donne. Quello che si chiama «cat calling». I commenti non sono stati tutti benevoli. Si dice amareggiata.
«Molto. Non mi aspettavo commenti così offensivi, specie da parte di donne».
Dice di considerare umiliante il gesto del fischio.
«Tante donne non hanno la forza di reagire a quella che ormai è una prassi considerata normale. Ma quelli che fischiano, o che dicono di peggio, non sanno che cosa si prova. Paura, umiliazione».
Nel video ha detto senza mezzi termini che chi fischia per strada le fa schifo.
«Possibile che nel 2021 succeda ancora il fenomeno del cat calling? Appena mi tolgo la giacca sportiva perché sto correndo e fa caldo devo sentire fischi, commenti sessisti e altre schifezze. Mi fa schifo e se sei una persona che lo fa, mi fai schifo».
Ma a piovere, sulla figlia di Eros Ramazzotti e Michelle Hunziker, sono stati molti insulti. Anche da parte di donne.
«A intervenire sono state anche le donne. E poi perché alcuni commenti lasciano intendere che il cat calling “te lo devi meritare”, che non sono abbastanza bella per un fischio per strada o un commento sessista».
E continua:
«Penso di saper distinguere una frase gentile, un complimento, da una forma di molestia verbale. Certo, ci sono molestie molto più pesanti, per non parlare delle aggressioni e della violenza fisica, però io agli uomini dico: mettetevi nei panni di una donna che sta camminando da sola per strada o sta correndo in un parco deserto. Come pensate che possa reagire quando voi fischiate e richiamate la sua attenzione come se fosse un cane? Ci sono donne che hanno smesso di vestire come vogliono per non attirare sguardi imbarazzanti. Temo che sia una prassi così normalizzata da risultare antipatico — per paradosso — un intervento come il mio».
La cosa che l’ha ferita di più, dice, è stata
«che in tanti abbiano legato questo mio sfogo alla foto nella quale facevo vedere la mia pelle imperfetta, quella che ho diffuso qualche tempo fa. Il discorso è stato più o meno questo: prima si lamenta della pelle brutta e poi si lamenta se le fanno un complimento. Vuol dire non aver capito nulla, non aver colto né il primo né il secondo messaggio. Addirittura quando ho postato la foto con l’acne hanno detto che lo stavo facendo per farmi pubblicità».
Nella battaglia c’è bisogno anche degli uomini, dice.
«La condanna da parte loro diventa un cambio di passo. Abbiamo bisogno degli uomini, non solo in questa battaglia ma anche in tante altre. Per esempio, quella per la parità salariale. Eppure anche io, che sono un’ottimista, di fronte a questa sfida mi deprimo. Cambiamo argomento».