Il commento di Dotto. “Diego Armando Maradona, dove sei? Facci sapere, ovunque tu sia. Ne vedremo e ne sentiremo delle belle”
Sul Corriere dello Sport Giancarlo Dotto scrive del terremoto provocato dalla Superlega tirando in ballo i miti biblici.
In realtà, scrive, non si tratta di un “conflitto tra il bene e il male” , o tra buoni e cattivi.
“In guerra qui sono due soggetti che discendono dalla stessa matrice. Lo sfruttamento intensivo del sistema calcio e lo stupro del tifoso, da soggetto rilevante di un rito che nasce come religioso e tribale a mucca da mungere fino all’ultima stilla. La costola che si è staccata nella notte dei lunghi coltelli, una costolona, porta il concetto all’esasperazione. La cancellazione definitiva del tifoso, ridotto a un pupazzo un po’ coglione da ingozzare a tempo pieno con l’idea di un super “divertimento” (parole e musica dell’ultimo Perez, nella versione grottesca e spudorata del “salvatore della patria”) che è pura plastica, mangime per polli d’allevamento. Roba per lobotomizzati”.
La Superlega è l’ultimo atto di una storia antica, scrive. E viene alla Bibbia.
“Nel caso della Superlega, matti da superlegare, non c’è una regia umana, tantomeno divina (Florentino Perez e Aleksander Ceferin sono la parodia nana di Aronne e Mosè. «Inventaci un Dio che ci salvi, che ci restituisca il nostro cammino…» è in questo caso l’invocazione di una dozzina di satrapi che ridurrebbero a un’economia da show anche una veglia funebre)”.
La Superlega è il nuovo vitello d’oro.
“Ancora una volta, guardatevi intorno. Gli autori più abili e strapagati degli studios sono tutti reclutati a scrivere soggetti per serie televisive che raccontano come la tecnologia sia in prima linea asservita a questa cancellazione del “caso umano”. Agli occhi super illegali degli adoratori del vitello d’oro siamo tutti “casi umani”. Avanzi di un mondo superato. Probabilmente hanno ragione. Che siano loro a dirlo, e non un androide costruito in laboratorio, è la nefandezza. Diego Armando Maradona, dove sei? Facci sapere, ovunque tu sia. Ne vedremo e ne sentiremo delle belle. Per dirne una, allenatori umanisti, “casi umani” come Guardiola e Klopp al timone di storie che loro per primi, in pubblico e in privato, non potranno che definire oscene”.