Solo cinque gli azzurri in ginocchio per unirsi alla protesta contro il razzismo. Cinque secondi di bizzarra confusione. Strano per una squadra che ha fatto della collettività la propria bandiera
L’Italia di Mancini, che mostra unità in tutto ciò che fa, ha avuto solo un momento di mancata compattezza: sul Black lives matter. Lo scrive Giulia Zonca su La Stampa.
Quando Bale ha indicato al Galles che era arrivato il momento di inginocchiarsi, sono stati solo cinque gli azzurri a farlo, e non senza esitazioni e incertezze: Belotti, Toloi Bernardeschi, Emerson e Pessina.
Zonca scrive:
“c’è da capire se il pubblico allo stadio se ne è davvero accorto perché sono stati cinque secondi di bizzarra confusione con sei azzurri in piedi, cinque abbassati e tra loro qualcuno abbozza: scende e si rialza, in uno strano imbarazzo che ci mette un po’a dissolversi”.
L’Italia non ha mai dichiarato che si sarebbe inginocchiata.
“Quando l’argomento è stato toccato Mancini lo ha più o meno accantonato e Bonucci ha evocato decisioni Uefa che non esistono: c’è il via libera sul gesto e ovviamente nessuno si sogna di chiederlo o imporlo. La sensazione, fino a qui, era che le risposte assai vaghe in merito volessero far cadere la discussione. Può darsi che nel ritiro l’umore sia cambiato o che vedere tante squadre insistere con questo particolare accento sui diritti civili abbia scatenato il desiderio di partecipare oppure il momento diretto dal Galles ha scatenato l’empatia. A macchia. Belotti si inginocchia subito, Verratti gli sta dritto davanti e partono occhiate di traverso per vedere in giro che succede in quel su e giù sincopato. Pessina, che nelle immagini sembra tentennare dice: «Non mi sono ricordato, l’ho fatto un secondo dopo». Lascia supporre che ci fosse una volontà di gruppo. Non si è vista. Ed è strano in una squadra che ha fatto della collettività la propria bandiera“.
Non che ci si debba inginocchiare per forza, chiarisce Zonca. Non è che non inginocchiandosi si avalla il razzismo, “vale solo quello che ogni singolo prova e pure il modo in cui vuole oppure non vuole mostrarlo”.
Ma sarebbe il caso di valutare meglio cosa fare.
“Non perché sia necessario trovare una presa di posizione che valga per tutti, solo per evitare gli sguardi interrogativi, la titubanza. Se non è un moto del cuore meglio che non sia, se succede solo quando la squadra avversaria lo fa, magari meglio prendersi una pausa di riflessione”.