“Lo sapevo che c’erano, ‘sti bastardi”. Assomigliava terribilmente a Daniela Fini la signora mesciata davanti a me in Tribuna Monte Mario. Almeno di spalle. Così ha esclamato rivolgendosi ai napoletani collocati alla destra della tribuna stampa dello stadio Olimpico. Un boato che mi ha riportato all’infanzia, a quelli che ascoltavo dalla casa di Fuorigrotta. Non ricordo neanche più quanto tempo sia passato dall’ultima volta in cui non mi fu permesso esultare in uno stadio. Forse proprio qui, all’Olimpico, contro la Lazio, fine anni Ottanta. Un pareggio 1-1, se non sbaglio gol di Neri e Ruben Sosa. Con Roberto ci trovammo su un autobus pieno di laziali. Ne uscimmo incolumi e compimmo il gesto sacrilego di acquistare una sciarpa degli aquilotti.
Vent’anni dopo, mi sono ritrovato in una condizione simile. Io, unico napoletano, circondato da abbonati della Lazio. Avvelenati contro di noi. Per fortuna al mio fianco c’era Sophia, con indosso la maglia bianoceleste, giovane laziale figlia del mitico Sandro, alias Agustarello. E quando Hamsik l’ha messa piano alle spalle di Muslera, l’unica cosa che ho potuto fare è stato stringere forte il suo ginocchio, sentendo i brividi per quel boato. Lei ha sorriso dolcemente, dicendo: “Però non è giusto che tu non possa esultare”. Mentre al nostro fianco signore e signori ne dicevano di ogni sui napoletani e in sottofondo lo stadio cantava “lavali, lavali, lavali col fuoco, o Vesuvio lavali col fuoco”… Ma io guardavo Hamsik e mi sentivo meglio.
Massimiliano Gallo
Da solo, all’Olimpico,
non ho potuto esultare
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