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La sottile linea granata: sulla Gazzetta continua il racconto del ritiro bellico di Juric

Le lettere dal fronte di Santa Cristina dell’inviato embedded: tra urla e danze rituali, prosegue la cronaca del nuovo corso Gattusiano

La sottile linea granata: sulla Gazzetta continua il racconto del ritiro bellico di Juric

Se ne potrebbe fare un diario di guerra. E non escludiamo che qualcuno, nella truppa agli ordini del sergente Juric, spedisca a casa le mail dal fronte:

“Mia amata mamma, te lo figuri, neh, tuo figlio a provare la costruzione dalle retrovie mentre infuria la tormenta? Eppure ti dico che non ho avuto freddo. Per la grandezza del Toro resistiamo”.

Sulla Gazzetta dello Sport prosegue il racconto del Battaglione Torino. La sottile linea granata. Sembra di leggere Barzini. I toni, per i feticisti del genere, sono bellici al punto giusto. Il giornale dell’editore Cairo glorifica la nuova lena della squadra del Presidente Cairo. Difesa, centrocampo, attacco, sono reparti scelti. Forze speciali. Ma non è l’unico. Tuttosport (che pure non ama Cairo) titola “C’è poco da ridere”. Meglio di “non ci resta che piangere”.

“Neanche a dirlo, il generatore di tutta questa energia è lui”: Juric. “Che chiede e pretende, segue tutte le esercitazioni stando fisicamente presente in mezzo al campo, nel cuore del lavoro, fianco a fianco con i calciatori”.

Mario Pagliara, embedded a Santa Cristina, tratteggia rapito financo le mani del tecnico, che “si muovono vorticosamente”, “le parole fanno solo da accompagnamento perché con la gestualità Juric ha disegnato nell’aria uno schema o un’azione che i calciatori devono solo tradurre con i piedi”.

C’è del Gattusismo agonistico, qui. Ne annusiamo il pericolo a mille chilometri di distanza. La retorica del Grande Motivatore, ricalibrata perché non vada a noia subito. E sia chiaro: non è cattivo, Juric. “Esige tanto, è vero, ma spiega pure continuamente. Tutto: il posizionamento del corpo di un difensore, il movimento senza palla di un centrocampista, l’inserimento di un esterno, la sintonia dei movimenti degli attaccanti”.

Il pezzo è caldo, pronto per la metafora climatica. Che arriva, fatale come il Generale Inverno:

“L’atmosfera è già calda, nonostante su Santa Cristina da due giorni piova senza soluzione di continuità”. “Poi, di colpo, arriva il gelo. Perché se Juric accompagna e corregge, chiede e ripete, chiaramente pretende. Prima di tutto che vi sia una serietà totale nel lavoro, nella concentrazione, in ogni secondo sul campo”.

Ad un certo punto, “nel cuore di una esercitazione su un due contro due”, qualcuno si fa scappare una battuta. Ridono, i soldati. “Juric fischia, ferma tutti, urla: «Non voglio vedere sorrisi né scherzi: qui si lavora sul serio». Ve lo ricordate Joker, in Full Metal Jacket? “Sei proprio tu, John Wayne?”. Ecco.

Zaza va in scivolata – d’altra parte ci si allena nel fango, come i veri marines – e resta a terra un secondo di troppo: «Che ci fai a terra? Qui non si dorme!». Verdi ha la faccia di uno che avrebbe voluto fare il servizio civile, in biblioteca.

E basta con quei ritiri fighetti, da lavativi. Il Torino, scrive la Gazzetta, lavora “quattro ore (quattro!)” al mattino. E “al pomeriggio per novanta minuti abbondanti”. La cronaca tace della marcia nei boschi alla ricerca del “veleno”.

Juric intanto “non sta fermo un attimo. La sua sembra quasi una danza, un rito personale che l’allenatore desidera diventi rapidamente collettivo”. Siamo ad un passo dall’Haka maori.

E visto che piove, ecco “un’alluvione di «spingi spingi», «ancora ancora», «recupera e corri»”.

Che sia chiaro: “la musica è cambiata, l’etica del lavoro sarà sempre in cima a tutte le priorità di questo allenatore. È una questione di principi e di cultura. «Facciamo squadra, incoraggiamoci: si recupera palla tutti insieme e si corre l’uno per l’altro». Eccolo, il secondo comandamento“. Attendiamo con ansia gli altri otto, per la divinazione completa.

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