A La Verità: «Non mi metterei mai in ginocchio contro il razzismo. In una società bombardata di immagini ripetere un gesto lo svuota di senso»

La Verità ospita una lunga intervista a Sara Simeoni, medaglia d’oro nel salto in alto a Mosca 1980 e prima donna nella storia a saltare oltre i due metri. La sua storia è cominciata a Monaco di Baviera, ai Giochi del 1972. Aveva solo 19 anni. Quest’anno le Olimpiadi saranno senza pubblico.
«Gareggiare senza pubblico, a porte chiuse, snatura il senso dei Giochi. Nella mia prima esperienza, appena maggiorenne, lo spirito olimpico era praticamente ovunque: negli stadi e nei palazzetti colmi di pubblico, tra gli atleti nel villaggio olimpico, in ogni sito allestito per le sfide. È stato tutto questo a stregarmi».
Quelle di Tokyo saranno Olimpiadi diverse.
«L’atmosfera asettica di Tokyo 2020 stravolge la natura dei Giochi: lo spirito olimpico va a farsi benedire. Sentire il calore del pubblico, gli applausi o la delusione fa un certo effetto, soprattutto per gli atleti. Li carica, li motiva. Le Olimpiadi hanno il pregio di far convivere le persone da ogni parte del mondo per più di due settimane: atleti e spettatori, con abitudini diverse, continuamente a contatto. Quest’anno non sarà così, si è arrivati addirittura a un manuale di comportamento per gli atleti all’interno del villaggio, senza molta possibilità di movimento».
La Simeoni fa un parallelo con il calcio.
«Non riesco a capire come mai in alcune situazioni ci sia libertà e in altre no. Agli Europei di calcio si è passati rapidamente da poche persone sugli spalti, distanziate e con le mascherine, a un liberi tutti generale, con gli stadi colmi di persone. In Giappone hanno scelto diversamente, adottando una soluzione drastica. Quella contro il Covid è una guerra particolare, mi rendo conto, ma a questo punto non sarebbe stato più opportuno rinunciare alla manifestazione?».
A Tokyo c’è solo business, dice.
«Ho sempre messo le Olimpiadi su un piedistallo, per vari motivi: per la storia, per i tanti significati sportivi e personali, per i valori. Ora salta un po’ tutto. L’unica cosa a cui non si è riusciti a rinunciare è il business che ruota attorno a una manifestazione come questa».
Sul Black Lives Matter:
«Viviamo in un mondo dove l’apparenza la fa da padrone. Si può essere d’accordo con un principio anche senza essere plateali. Oggi conta l’immagine, si va avanti per spot».
Lei non si sarebbe mai inginocchiata, dice.
«No. E non perché non creda ai principi che sono alla base di quella battaglia, ma perché ritengo che il gesto abbia un impatto superficiale sul problema: oggi viviamo in una bolla fatta di immagini, di cui non resta nulla. Le apparenze non mi sono mai piaciute, ho sempre preferito anteporre i miei comportamenti».
E aggiunge:
«Oggi siamo bombardati di immagini e l’eccessiva quantità le svuota di significato. Per quale motivo dovrei inginocchiarmi se poi tutto torna come prima qualche secondo dopo?».
Sugli inglesi che alla premiazione della finale di Euro 2020 si sono tolti dal collo la medaglia del secondo posto:
«Non è un gesto da proporre come esempio, specie se arriva da un Paese che si è sempre fregiato di essere molto attento al fair play. Vincere piace a tutti, ma lo sport è fatto anche di sconfitte. La sconfitta è qualcosa di cui fare tesoro, ti aiuta a non commettere altri errori. I calciatori inglesi avrebbero dovuto saperlo. Se mai accadesse qualcosa del genere alle Olimpiadi, mi auguro possano esserci delle sanzioni».