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Il ritorno dei Warriors, serie sul 3-1: King LBJ a un passo dalla quinta finale perduta

Il ritorno dei Warriors, serie sul 3-1: King LBJ a un passo dalla quinta finale perduta

Si erano semplicemente presi una pausa. Sì, in gara-3 delle Nba Finals 2016 i Golden State Warriors si erano semplicemente presi una pausa, perché erano stati troppo molli per essere veri, su entrambi i lati del campo. Soltanto così, i Cleveland Cavaliers avevano potuto dimezzare lo svantaggio nella serie, perché a parità di energia, intensità e concentrazione i campioni in carica sono troppo più squadra rispetto a LeBron James e compagni: più profondi, innanzitutto; e poi, comunque, dotati di un maggior talento diffuso, esaltato da un sistema di gioco fatto apposta, invece, per destabilizzare le certezze degli avversari.

Gara-4 di stanotte, dunque, ha rimesso le cose al loro posto, con i Warriors capaci di espugnare la Quicken Loans Arena con una certa sicurezza (108-97 il punteggio finale), allungare sul 3-1 nella serie e far partire l’organizzazione della festa per il titolo che, presumibilmente, potrebbe arrivare già al termine della prossima gara-5, sul parquet casalingo di Oakland. La buona notizia per Steve Kerr e il suo staff è che stanotte hanno firmato “presente” anche le due stelle della squadra, gli “splash brothers” Stephen Curry e Klay Thompson, autori rispettivamente di 38 (con 7 su 13 da tre) e 25 punti, ma soprattutto coinvolti e convinti come mai nelle precedenti tre gare di finale. Accanto a loro, però, sono stati decisivi il solito monumentale Andre Iguodala (una specie di computer, in attacco ma soprattutto in difesa), un Harrison Barnes da 14 punti, il consueto “termometro emotivo” Draymond Green (12 rimbalzi), il sempre utilissimo Shaun Livingston e persino protagonisti inattesi pescati da Kerr dal fondo della panchina, come per esempio l’inedito a questi livelli James McAdoo e, ancora di più, il “fighter” brasiliano Anderson Varejao, autore di tre giocate “sporchissime” a rimbalzo offensivo decisive nella seconda metà dell’ultimo quarto.

Il numero-chiave del match è stato il 17 su 36 dei Warriors da tre punti, nuovo record delle Nba Finals per triple andate a segno. Ma, a proposito del contributo di Varejao, proprio la maggiore solidità a rimbalzo nei momenti topici del match e una difesa che ha chiuso a Cleveland tutti i varchi grazie a continui cambi da capogiro hanno fatto la differenza rispetto a una prima metà di gara nella quale, invece, a dominare sotto le plance erano stati i Cavaliers, soprattutto con Tristan Thompson (5 rimbalzi offensivi nel solo primo quarto, da lì in poi più nulla!) e col rientrante Kevin Love (11 punti), tanto da chiudere avanti di cinque alla sirena dell’intervallo, 55-50. Nella seconda metà, però, il parziale è diventato 58-42 per Golden State, che in particolar modo nel terzo quarto è riuscita a ribaltare totalmente l’inerzia della partita, facendo crescere paurosamente l’intensità in difesa e mantenendo una buona efficacia in attacco.

Iguodala (anche 7 assist per lui) e Green hanno saputo contenere molto bene (e innervosire) LeBron James che, nonostante numeri quasi da tripla doppia (25 punti, 13 rimbalzi e 9 assist), non è riuscito a fare la differenza che invece sarebbe servita per dare qualche speranza ai suoi. Accanto a lui, poi, s’è distinto soltanto il miglior Kyrie Irving della serie (34 punti), mentre il resto della squadra non è stato all’altezza lungo i 48 minuti. Inoltre, dalla panchina, coach Tyronn Lue non ha pescato nessun jolly inatteso, a differenza di quanto fatto ancora una volta dall’ottimo Kerr. E adesso per King James s’avvicina lo spettro della quinta finale Nba persa in carriera.

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