A lungo accusato di aver sfruttato il lavoro di Conte, ora sembra che Allegri stia proseguendo quello di Pirlo
Molti, prima che Massimiliano Allegri poi guidasse la Juventus alla vittoria di cinque scudetti di fila, dissero che aveva basato le sue fortune lavorando sulla base lasciata da Antonio Conte che l’aveva preceduto. Stavolta, per quello che si è visto a La Spezia, sembra invece che abbia proseguito sulla falsariga del lavoro di Andrea Pirlo: un 4-4-2 cercato decisamente con troppa pertinacia, fatto di esterni inventati, manovra tutt’altro che fluida e amnesie difensive.
La verità è che Massimiliano Allegri avrebbe un disperato bisogno di Miralem Pjanic, che infatti voleva riavere a disposizione. Il periodo d’oro della sua Juventus vedeva la presenza di tre registi: il bosniaco a centrocampo, Bonucci in difesa, Dybala in avanti. I bianconeri avevano sempre una fonte di gioco, un’opzione di scarico, un punto di riferimento a cui affidarsi. Tutto quello che ora non hanno, perché manca un collegamento efficace tra i reparti. Così il gol del vantaggio nasce da un lancio di Bonucci per la testa di Rabiot, che appoggia a Kean: l’attaccante poi è bravissimo a spostarsi il pallone e trovare l’angolino. Tuttavia, la difficoltà nel tenere la partita viene fuori subito stavolta e Gyasi pareggia con un’altra prodezza qualche minuto dopo.
La necessità del regista già citato convince Allegri a tirare fuori dal campo Bentancur all’intervallo per inserire Locatelli, il calciatore in rosa che più si avvicina a questo tipo di caratteristiche. Nella ripresa è quasi un monologo della Juventus. Lo Spezia si aggira pericolosamente verso l’area avversaria due volte: nella prima occasione segna, quando Bonucci sbaglia la marcatura preventiva su Antiste e il giovane carneade poi infila Szczesny sul primo palo (ed esulta in modo che avrà impressionato qualcuno); nella seconda è proprio Antiste a sfiorare di nuovo la rete. In mezzo però c’è l’uragano Chiesa.
Se già con Cristiano Ronaldo si era guadagnato la palma di secondo giocatore più decisivo ex aequo con Cuadrado (che era in panchina), oggi ha potuto godere del primato indiscusso in questo senso. Inizio a marce basse, poi nel secondo tempo si trasforma nel flagello che è: corre e pressa a tutto campo, spazza ciò che si para innanzi con un’incredibile naturalezza, come succede sul gol del pareggio, quando recupera il pallone sulla bandierina, punta, triangola, vince un rimpallo poi s’inventa un dribbling mirabolante e segna in scivolata a centro area.
Il 2-2 arriva al 66’, la qualità della Juventus comincia a uscire fuori, la rete del sorpasso è soltanto questione di tempo, poco: sei minuti dopo De Ligt riscatta il reparto arretrato risolvendo con un bel destro un’azione da calcio d’angolo (procurato, indovina un po’, da Chiesa). Vincere aiuta a vincere, si dice spesso: alla Juve, anche dopo stasera, non resta che sperare che sia vero.