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Mihajlovic: «Io e Couto, che coppia. Uno litigava e l’altro menava, oggi non c’è più gusto»

“Un difensore centrale che ha esperienza, carattere, che fa assist, gol, punizioni e mette paura agli avversari perché li minaccia, come me, oggi non c’è”

Mihajlovic: «Io e Couto, che coppia. Uno litigava e l’altro menava, oggi non c’è più gusto»
Bologna 22/08/2021 - campionato di calcio serie A / Bologna-Salernitana / foto Image Sport nella foto: Sinisa Mihajlovic

“Un difensore centrale che ha esperienza, carattere, che fa assist, gol, punizioni e mette paura agli avversari perché li minaccia, come me, oggi non c’è. Alla Lazio io e Fernando Couto, che è mezzo zingaro come me, andavamo avanti a minacce. Uno menava e l’altro litigava. Adesso ogni contatto è fallo, ogni fallo è ammonizione. In questo calcio avrei giocato la metà delle partite

Sinisa Mihajlovic s’è raccontato tra aneddoti e ricordi ad evento del Festival dello Sport, organizzato a Trento dalla Gazzetta dello Sport. Il tecnico del Bologna ha parlato di calcio, della sua infanzia e della sua malattia:

“C’è stato un periodo della vita in cui mi sono dimenticato di piangere. Poi ho pianto spesso, ora sono in una via di mezzo”. L’ho vissuta per come sono fatto io, non sono un eroe. C’è gente che si vergogna e si nasconde per la malattia e non è giusto. Io l’ho comunicato perché non c’è nulla di cui vergognarsi, ho pianto tante volte e ho scoperto che è giusto farlo. Quando mi presentai in panchina a Verona pesavo 15 chili meno di oggi, ero più vivo che morto, ma ci sono andato per far capire a tutti che combattevo e volevo vivere normalmente. Quando mi sono visto in tv non mi sono riconosciuto ma non era un’immagine di debolezza, bensì di forza. Ci sono stati momenti in cui allenavo con 40 di febbre, avevo dolori e magari mi facevano un’iniezione di morfina prima di cominciare l’allenamento. Dopo oltre un mese chiuso in ospedale volevo tornare in campo, ma i globuli bianchi non lo consentivano. Il dottore ha capito e mi ha lasciato lo stesso: se fossi rimasto in ospedale sarei morto”.

Sulla guerra:

“Con la guerra non esistevano più i legami familiari: un mio cugino voleva buttare una bomba in casa, mentre mio padre stava guardando in tv la Stella Rossa di Belgrado. Si fermò solo perché in casa c’era anche suo fratello insieme a mio papà…”.

 

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