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Giuseppe Abbagnale su Galeazzi: «A Seul ‘88 è come se fosse stato con noi sulla barca»

Intervista a Repubblica: «L’Olimpiade era il suo grande rimpianto da atleta. Era unico per l’umanità che metteva nel suo lavoro»

Giuseppe Abbagnale su Galeazzi: «A Seul ‘88 è come se fosse stato con noi sulla barca»
Imago - archivio storico Enzo Bearzot / foto Imago/Image Sport nella foto: Enzo Bearzot-Giampiero Galeazzi ONLY ITALY

La Repubblica intervista Giuseppe Abbagnale. Il tema è quello della morte di Giampiero Galeazzi, storica voce del canottaggio, oltre che del tennis, e dello scudetto del Napoli. Celebre la telecronaca dell’oro olimpico dei fratelli Abbagnale a Seul ’88.

«Siamo diventati famosi grazie a quella voce, al pathos di quei momenti incredibili. So che quel video è uno dei più cercati di sempre su Youtube e ogni volta sembra di essere là a remare, sembra di risentire il fiato grosso e la Germania dell’Est, e Redgrave».

Continua:

«Giampiero che aveva portato al grande pubblico alcune espressioni come “alzare i colpi”, “c’è luce”, diventate proverbiali. È stato imitato da tanti, ma era unico per l’umanità che metteva dentro il suo lavoro. La sua partecipazione era vera, pura, assoluta».

Con Galeazzi formarono quasi un equipaggio, dichiara.

«Come se fosse stato sulla nostra barca. L’Olimpiade era il suo grande rimpianto da atleta».

Cosa ricorda dei giorni di Seul?

«I consigli tecnici che ci dava, “salite ai 750 metri, occhio ai tedeschi che hanno un grande ritorno”, cose così».

E conclude:

«Siamo stati fortunati ad essere campioni in uno sport che lui amava e seguiva con tutta quella passione e con quella voce. La perdita per lo sport italiano è enorme. Per noi Abbagnale incolmabile».

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