Come con la Juventus, peggio che con la Juventus. Nell’analisi della partita di sabato (qui), scrivemmo che, dati e sensazioni alla mano, i bianconeri avevano giocato una partita accorta, tesa a soffocare i punti forti del Napoli più che a esaltare i propri. Avevano vinto con una deviazione balorda all’88esimo, ma non avevano rubato nulla e il risulato era, se non giusto, quandomeno non esagerato. Stessa storia ieri sera, o no? Decisamente no. Rileggere i dati di Villarreal-Napoli, rivedere nella testa movimenti e situazioni di gara vuol dire affermare che il Napoli ha giocato una buona partita su un campo difficilissimo, contro una squadra ben messa in campo e quasi completamente annullata, se non in un quarto d’ora finale di sbandamento collettivo. Lo diciamo, lo scriviamo a chiare lettere: Sarri fa bene a non essere preoccupato. Non può esserlo dopo questo tipo di partita contro questo Villarreal.
Iniziamo dalle sensazioni: partita godibile, velocissima, a un certo punto Caressa e Bergomi si sono “piegati” e hanno detto che «il Napoli sarebbe perfetto per giocare nella Liga, a questa intensità». Intensità è la parola chiave della notte del Madrigal: la squadra di Marcelino, schierata con un 4-4-2 elastico, ha cercato per 90 minuti lo sviluppo laterale, grazie al lavoro combinato dei due esterni di centrocampo (gli ottimi Suarez e Samu Castillejo, subentrato a Dos Santos) e di uno dei due attaccanti (Baptistao più di Soldado, regista avanzato classico del Submarino Amarillo). La ricerca del corridoio esterno avveniva soprattutto grazie ai lanci dei difensori centrali (78 palle lunghe per il Villarreal, 56 per il Napoli), bravi nell’impostazione e sempre veloci a rientrare a chiudere le ripartenze azzurre. Il lancio in avanti era l’unico modo per superare la maggior qualità del palleggio del Napoli e l’inferiorità numerica al centro del campo (il doble pivote del Villarreal contro i tre mediani azzurri), con e l’eccezionale Soriano e lo scudiero Trigueros impegnati più nella fase difensiva che in quella di costruzione. Il Napoli rispondeva, semplicemente, facendo il Napoli: ritmi alti, sovrapposizioni sugli esterni (gran partita di Strinic) e pure un buon numero di occasioni, a dispetto da quanto detto (scritto) dai più. Eccole, allora, le cifre che ci dicono quanto Villarreal-Napoli sia stata una partita equilibrata, o che addirittura fossero gli azzurri a meritare qualcosa in più: 12 tiri a 10, la solita percentuale di possesso (59% a 41% per la squadra di Sarri secondo Whoscored) e pure 11 key passes (a 7), ovvero passaggi chiave per la creazione di un’opportunità offensiva. Sotto, i tiri effettuati dal Napoli.
Pure cifre più particolari e profonde ci dicono come Villarreal-Napoli sia vissuta sul filo dell’equilibrio, e che solo un episodio ha cambiato un risultato di pareggio pure giusto. Fa specie, infatti, pensare che lo sfruttamento intensivo delle fasce da parte degli spagnoli non porti a una supremazia nel numero di cross (21 a 13 per il Napoli), e che il numero dei passaggi brevi sia, al solito, favorevole di gran lunga al Napoli (555 a 433). Prima abbiamo scritto che “intensità” è stata la parola chiave. Vero: si sono affrontate due squadre raccolte in pochi metri (sotto, i campetti posizionali: a sinistra gli spagnoli, a destra il Napoli) e armoniche nei movimenti a chiudere o aprire il campo. Un altro concetto chiave, però, è quello della fisicità. Il Napoli, da questo punto di vista, ha pagato una certa deficienza strutturale nei confronti dei padroni di casa, e lo leggi soprattutto nei dati dei duelli aerei: solo il 25% dei contrasti aerei, infatti, è stato appannaggio degli azzurri. Ovviamente, parliamo di un dato influenzato dall’altezza media della squadra, e che si acuisce quando andiamo oltre il centrocampo (i tre duelli aerei vinti ieri sera sono di David Lopez, Strinic e Valdifiori): i vari Insigne, Mertens e Callejon (ma pure gli stessi Hamsik e Gabbiadini, più alti dei compagni ma meno possenti rispetto agli avversari) pagavano qualche o anche molti centimetri di differenza con gli spagnoli. La squadra di Sarri, solitamente, bypassa questa problematica con qualità e ritmo del palleggio, ma quando gli avversari propongono un pressing veloce come quello degli azzurri, la palla alta (alta, non lunga) a scavalcare la linea di pressione diventa una risorsa importante. Esattamente quello che non è successo ieri sera, con 9 duelli aerei vinti dai saltatori in maglia gialla.
Parlando dei singoli giocatori, ecco riproporsi l’annosa questione del turnover e della differente qualità tra titolari e riserve. Su Strinic abbiamo anticipato qualcosa, ma il croato merita due parole in più. Dopo un inizio un po’ spaesato, è entrato alla grande nella partita e ha saputo offrire un contributo totale sulla fascia sinistra, in appoggio così come in ripiegamento: 5 cross (li vediamo sotto, nel campetto), 6 palle recuperate e altrettanti interventi difensivi riusciti. Il biondo ex Dnipro, col tempo (e con la cura Sarri) è diventato più che una valida alternativa a Ghoulam. Buona, pur senza brillare troppo, la partita di David Lopez: è elementare, non riece a proporsi come Allan e non ne possiede la straripante fisicità, però mette insieme una percentuale molto positiva di passaggi riusciti (86%) e di interventi difensivi a buon fine (67%).
Meno bene, infine, Manolo Gabbiadini. Il giudizio negativo sulla sua prestazione, però, non nasce dai numeri. Anzi, l’ex Doria è stato l’attaccante più pericoloso del Napoli, con 3 tiri verso Areola e una deviazione sottoporta mancata davvero di pochissimi centimetri. Il suo è un problema di adattamento al contesto, al gioco del Napoli: se Higuain, con i suoi movimenti a pendolo, permette alla squadra di avere sempre due soluzioni differenti, in profondità oppure in appoggio, Gabbiadini invece tende a nascondersi dietro il difensore centrale e a chidere la sola palla in profondità. In verità, soprattutto nel primo tempo del Madrigal, abbiamo visto un Gabbiadini più propenso a rientrare anche nella propria metà campo per giocare il pallone e offrire la sponda all’esterno o alla mezzala, ma nel secondo tempo questo tipo di movimenti è scomparso. Il Napoli non può prescindere dall’appoggio del suo centravanti, è una fonte fondamentale per far ripartire l’azione in transizione. Manolo manca in questo tipo di lavoro, per caratteristiche tecniche come per struttura fisica. La condizione, poi, è ancora deficitaria, soprattutto in una partita giocata a questi ritmi. Un peccato per lui, un peccato per il Napoli.
Dati da whoscored.com, e squawka.com