ilNapolista

Caro Mourinho, solo nella tua testa il Napoli è come il Leicester

Caro Mourinho, solo nella tua testa il Napoli è come il Leicester

José Mourinho è tornato in Italia, ieri sera, per seguire da vicino la partita della sua Inter. È stata l’occasione giusta per chiedergli qualcosa sul nostro calcio, visto da esterno e da disoccupato (momentaneo: il suo approdo allo United è un vero e proprio segreto di Pulcinella). Qualche parola pure sulla lotta scudetto tra Napoli e Juventus. Queste, per l’esattezza: «Mi piacerebbe che il Napoli vincesse lo scudetto, è come il Leicester in Inghilterra». Un bel passo in avanti rispetto al passato, rispetto ai tempi della sua avventura nerazzurra. Le ultime parole (famose) di Mourinho sulla società azzurra sono queste qui:

Già è qualcosa, quindi. Però il paragone Leicester-Napoli, ripensandoci, è una forzatura. Una grossa forzatura. Una cosa che sta in piedi adesso e solo adesso, mentre Serie A e Premier vivono questo momento romantico con due club “imprevisti” ai vertici della classifica. Due club che sono molto diversi, però. Lo dice la storia, lo leggi nei palmarés più che negli undici in campo. Il Leicester City è un club sì importante, storico, che ha un suo posto importante nella geografia del calcio inglese. Però ha vinto poco, anzi nulla: tre League Cup inglesi (l’ultima nel 2000), una Charity Shield (1971). Fine delle trasmissioni. E poi il passato recente che conferma queste differenze storiche: le Foxes sono alla seconda stagione di Premier League, l’anno scorso sono arrivati alla salvezza dopo un campionato pieno di difficoltà. L’ultima partita europea nella città dell’East Midlands si è giocata nel 2000, in Coppa Uefa, e si parlava della terza partecipazione in tutto dopo un’altra Coppa Uefa nel 1997/98 e una Coppa delle Coppe nel 1961/62

Certo, il Napoli vive un periodo buono in una vita di alti e bassi, ma sempre e comunque ai massimi livelli del calcio nazionale tranne che nel periodo pre e post fallimento. Più o meno come il Leicester, anche nella storia delle difficoltà finanziarie. Questo, forse, l’unico parallelo realistico: il Napoli retrocede in Serie B nel 1998 avviandosi così alla rifondazione del 2004; il Leicester scende in seconda divisione nel 2002 e nel 2004 per poi conoscere un periodo difficile in società, con un’altra retrocessione in terza serie nel 2008. Tutto cambia con i nuovi proprietari, anche se di “paste” completamente diverse: il Napoli viene acquistato da De Laurentiis, mentre il Leicester finisce nelle mani di un magnate thailandese tale Vichai Srivaddhanaprabha proprietario del colosso dei duty free King Power. Il Napolista ne ha già scritto qui.

Differenze di fatturato a parte, sono i tempi ad essere diversi. Il Napoli è nelle prime posizioni del campionato italiano da quasi un decennio, è la squadra di Serie A col maggior numero di presenze consecutive in Europa, e adesso si gioca lo scudetto da protagonista dopo anni di apprendistato giusto un attimo dietro la favorita di turno (sempre la Juventus). Il Leicester, invece, sta studiando proprio “da Napoli”: squadra piena di calciatori-scommessa, all’esordio a questi livelli, a iniziare dai due alfieri Vardy e Mahrez provenienti rispettivamente dalla quinta serie inglese e dal Le Havre, Ligue 2 francese. E poi, intorno, un buon gruppo di onesti mestieranti con qualche punta di talento (Kanté, Huth, Drinkwater, Fuchs), comunque inatteso a certi rendimenti a questi livelli. Un po’ la storia del Napoli di Reja e Mazzarri, con Hamsik proveniente dal Brescia, Lavezzi dall’Argentina o Cavani dal Palermo, con i vari Aronica, Dossena e Gargano a supporto.

Il Leicester è un Napoli in pectore, un Napoli in divenire. Perché, a parte Higuain, gli azzurri hanno oggi un gruppo di calciatori a un livello superiore alla scommessa, di riconosciuto (o in riconoscimento) valore internazionale: è sufficiente pensare a Insigne, a Mertens, Reina o Albiol. Probabilmente lo sa anche lo stesso Ranieri che recentemente ha detto cose precise, forse poco romantiche perché impopolari: «I miei calciatori sanno che l’anno prossimo, se tutto andasse bene, lotteremmo per una posizione dalla sesta alla decima. Abbiamo un’occasione irripetibile, quest’anno». Parole realistiche, ragionate, documentate su una storia. Esattamente il contrario di quelle di José Mourinho.

ilnapolista © riproduzione riservata