In conferenza stampa: «Non dobbiamo farci ribaltare da un risultato, ma continuare a lavorare in modo corretto e serio. Abbiamo più alternative di modulo, bisogna stare attenti a non smarrire convinzioni e sicurezze»
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Alla vigilia di Napoli-Lazio, partita in programma domani sera allo stadio Maradona alle 20.45, l’allenatore del Napoli, Luciano Spalletti, presenta la gara in conferenza stampa.
Il Napoli è in emergenza come la passata stagione. L’occasione giusta per tirare fuori la mentalità da chi gioca di meno?
«Tutto sommato va bene, però ci sono da fare precisazioni. Innanzitutto la rosa è di un certo livello e anche nelle prime partite con Mertens fuori hanno giocato gli stessi per due o tre partite e abbiamo fatto ciò che volevamo, poi è chiaro che attraverso queste risposte si dà una certa impronta al cammino che vogliamo fare. Noi non abbiamo da dimostrare niente, non dobbiamo innervosirci, dobbiamo lavorare in modo corretto e serio ogni giorno, quello trova la soluzione a tutto, proseguire il nostro metodo e ogni volta metterci qualcosa in più. I livelli fanno la differenza. Tutte le volte bisogna arrivare ad essere un livello superiore rispetto a quello proposto la volta prima senza lasciarci coinvolgere da polemiche. Chiaro che in tutto questo, se poi andiamo lì a giocare la partita con lo Spartak sapendo del clima sia meteo che nello stadio e poi prendiamo gol dopo 30 secondi, il primo che deve fare un esame se ha lavorato bene sono io. A volte è meglio un silenzio che frasi fatte senza andare ad avere la responsabilità che si deve avere in partita».
Domani ci sarà la posa della statua di Maradona.
«Maradona è sempre nei pensieri dei calciatori, che vorrebbero emularlo. Non importa sapere se è stato un buono o cattivo esempio o il miglior numero 10 del calcio, quello che è fondamentale è sapere il vuoto che ha lasciato quando è venuto a mancare, la sensazione di vuoto, di spazio lasciato al niente, perché è stato uno smarrimento totale che non si era mai visto nella storia del calcio e probabilmente quando si parla di Maradona, parlare di storia del calcio è riduttivo. Per me è stato il più grande di tutti. Ci ho giocato una volta contro e me lo ricordo bene. Per capire la profondità della sua anima non va guardato nemmeno quando giocava a calcio, ma va ascoltato quando cantava. Le persone più umili e normali che hanno lavorato con lui, come le ha fatte sentire del suo livello, quella è la grandezza, di riuscire a far diventare grandi tutti quelli che gli erano vicino».
Non gira bene, infortuni, Covid, ha gestito la sconfitta, atipica per il suo Napoli… che peso ha la partita di domani?
«Assume un peso diverso perché veniamo da risultati che non sono quelli che avremmo voluto, davanti abbiamo una squadra che è del nostro livello, fa parte delle sette proprietà del condominio, dobbiamo sempre però prestare continua attenzione, renderci conto del calcio che abbiamo proposto e di dove vorremmo andare a portarlo. Lavorare in maniera corretta e seria giorno dopo giorno senza lasciarci ribaltare da un risultato».
Stretta di mano mancata?
«In Russia ci sono stato, ci sono persone vere che hanno comportamenti seri e perbene, società serie, che sanno stare in un calcio europeo, e poi c’è lo Spartak, che è diverso dalle altre società. Posso aggiungere che a chi non mi saluta in modo corretto o all’inizio di partita faccio a tutti così. Le offese non si fanno nei tweet o in conferenza stampa, si fanno di persona, io sono andato lì e non gli ho dato la mano. Poi se interessa di più dire che sono nervoso o ho altro. Non interessa a nessuno che tutti i calciatori dell’Inter che si è detto che avevo gestito male sono venuti tutti ad abbracciarmi? Lo hanno visto tutti ma non è interessato a nessuno».
Su Insigne e Fabian:
«Insigne e Fabian sono a completa disposizione. Hanno svolto l’intera seduta in gruppo e con grande intensità».
«Bisogna stare attenti alla linea sottile tra propongo qualcosa di diverso e creo un po’ di confusione dentro la squadra, ma il mio discorso e il mio sguardo va sempre al di là del recinto, se si guardano le squadre europee forti sanno adattarsi, ci mettono di più nelle partite. La costruzione a 4 o a 3 non fa trovare la stessa misura nelle pressioni degli avversari, è diverso, però poi c’è il rovescio della medaglia, bisogna stare attenti a non smarrire convinzioni e sicurezze».
Sarri che avversario è? Cambierà qualcosa senza Osimhen?
«Sarri è un avversario difficile perché qui lo hanno visto come da altre parti come sia bravo ad organizzare il gioco di squadra e nel mantenere la squadra corta e nel fare la ragnatela di passaggi stretti e acchiappare subito la posizione e lo spazio in campo. La percezione di dove si può andare a far male. Loro stanno anche bene per quello che si è visto in Russia, sarà una partita vera, di livello. Osimhen è un calciatore unico, completo. Si può migliorare un po’ la tecnica, raffinarla, ma le altre caratteristiche le ha tutte, difficile trovarne altri. Mertens sotto la tecnica e le scelte di posizionamento non ne sbaglia una, se deve fare uno strappo di 70 metri è diverso da Osimhen, come sui colpi di testa, o bloccare una palla, ma se gli capita al limite dell’area mette la palla dove vuole sempre. Fondamentale è che si riesca ad essere al top per la qualità che si ha in campo. Petagna uguale. Siamo assortiti bene in quanto ad attaccanti. Continuiamo a lavorare correttamente senza perdere di vista i nostri obiettivi».
Sulla difesa:
«Quando si analizzano le partite diventa completo il discorso, si va ad analizzare una fase di pressione e di costruzione, di linea difensiva, di come deve guadagnare campo, rubare campo, mangiare campo, fare squadra corta, Quella è la cosa fondamentale di una linea: non lasciare spazio tra lei e quella di metà campo, altrimenti gli avversari ti creano problemi. Bisogna avere una linea corta col resto della squadra».
Quanto l’essere camaleontico può giovare in questo momento non semplice al Napoli?
«Lo ritengo un vantaggio quello di poter cambiare modulo. Secondo me bisogna lavorarci ancora più in profondità ma è un vantaggio che si dà alla squadra».
Quest’estate disse che le sarebbe piaciuto vedere una rumba di posizioni della trequarti. Ad oggi c’è un Lorenzo Insigne a zero gol su azione, Lozano a 2, Politano a 1, un bottino che sembra povero. Quando non c’è una forma fisica brillante mancano guizzi o c’è altro?
«Non sono affezionato ai numeri ma qualche gol lo abbiamo fatto, poi se si va nello specifico alle voci che ha detto è vero che c’è qualcosa da migliorare, bisogna credere di più nel gioco di entrare in molti dentro il campo e poi andare a perfezionare la qualità nello stretto, negli spazi un po’ cupi che ci sono fra difensori, mediani, ecc. Bisogna metterci mano e fare qualcosa in più».
Nel Napoli di Sarri Mertens diventò punta centrale. Potrebbe essere ora la chiave di volta decisiva?
«Mertens è uno di quelli che non ha tanti problemi nella confidenza con la casina. Sa fare benissimo il ruolo del 4-2-3-0, ho l’attaccante e non ce l’ho più dove è andato a finire non lo trovo più. Altri hanno caratteristiche che li vedi, li tocchi e ti danno più riferimento. Apro una parentesi: Messi, Ibra, Ronaldo, quando lo domandi al centrale difensivo chi preferiresti marcare, quasi tutti ti rispondono che preferiscono il più grosso e visibile, non quello più piccolo, che non trovi. Sono due situazioni tutte e due difficili e redditizie, dipende. Speriamo che Mertens funzioni, avendo l’allenatore che gli ha insegnato questo ruolo, per lui diventerà più facile metterlo in pratica».
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