La Uefa non prevede ulteriore giro di tamponi. Hanno lasciato a casa dieci persone tra positivi e sospetti positivi. E girano indisturbati per la città. Siamo all’assurdo
La protervia del calcio è ormai al di là dell’imbarazzante. Gli attori di questo sport ormai sempre più spesso utilizzano parlano a sproposito per commentare le prestazioni o la preparazioni a una determinata partita. Ormai non si rendono più conto che agiscono in un contesto più ampio, in cui ci sono regole e leggi da rispettare. Soprattutto in casa di pandemia e quindi di emergenza sanitaria.
Ieri – ne abbiamo scritto – è stata surreale la conferenza dell’allenatore del Leicester Brendan Rodgers. Non si capiva se stava facendo pretattica o se stava parlando di un’emergenza sanitaria grava, gravissima. Ha detto che hanno lasciato alcuni giocatori (sette, più tre dello staff: fanno dieci) a casa perché positivi o perché presentavano sintomi sospetti. Quindi saremmo in presenza di un cluster. Ha aggiunto che non sono venuti per rispetto dell’Italia. Come se loro potessero gestire a piacimento, indisturbati, un viaggio dal Regno Unito all’Italia con persone colpite dal Covid. Forse Rodgers non sa che ci sono leggi che valgono anche per chi gioca a calcio.
Ora il Leicester è a Napoli. Hanno prenotato in un albergo napoletano. E a quanto ci risulta non hanno fatto ulteriori tamponi. Sono fermi a quelli effettuati in patria. Ma è sostenibile una situazione del genere? L’Asl non interviene, quantomeno per un ulteriore giro di tamponi? È vero che la Uefa non lo prevede ma la Uefa dovrebbe contare come il due di picche. È un’associazione che organizza tornei di calcio. Questo è. Non è che per la Uefa la città di Napoli si ritrova un cluster di Covid per una partita di pallone. Oltre al rischio per i calciatori del Napoli.
Siamo oltre l’assurdo. La speranza è che qualcuno a Napoli si ricordi che i garanti della legge non sono i dirigenti della Uefa.