Il ministro ritiene non ci siano pericoli per le scuole ma i dirigenti scolastici la pensano diversamente: «Al ritorno a scuola, le aule non saranno più sicure»

Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ieri ha lanciato ampie rassicurazioni per il ritorno a scuola in presenza, il 10 gennaio, dopo le feste di Natale. Tutti gli studenti torneranno in classe. Se si riscontreranno dei focolai, saranno i presidenti delle Regioni e i sindaci a decidere se chiudere o no l’istituto dove è scoppiato il cluster. Bianchi ha aggiunto che, però, si dovrà trattare «di condizioni straordinariamente rilevanti ma isolate».
Bianchi ha rivolto un appello ai genitori:
«Chi non lo ha ancora fatto si vaccini e vaccini anche i figli».
Ed ha aggiunto:
«Prima della chiusura festiva avevamo un numero di bambini positivi molto controllato, 0,5% su un totale di 8 milioni e ora che vi siano aumenti è possibile, e stiamo lavorando tenendo conto di questa possibilità, ma la scuola resta il posto più controllato, sui cui abbiamo la massima di attenzione».
Tuttavia, alla ripresa della scuola in presenza non credono affatto i presidi. Avvenire riporta le parole del presidente dell’Anp (Associazione nazionale presidi) di Roma, Mario Rusconi.
«La ripresa delle lezioni si prospetta tutt’altro che semplice perché dirigenti e segreterie delle scuole sono subissati, in queste ore, da mail di casi di studenti, familiari, docenti o personale Ata infetti da Covid. Ciò che stiamo registrando nelle scuole della capitale e del Lazio ci fa pensare che sia così anche per il resto delle scuole italiane».
Il presidente dell’Anief (Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori), Marcello Pacifico, dichiara:
«La scuola non è un territorio a parte, ma con la ripresa delle lezioni verrà inevitabilmente coinvolta in questo processo, con un incremento ulteriore di classi in quarantena: non sarà infatti sufficiente l’obbligo delle mascherine, con le Ffp2 solo per una parte del personale; anche lo screening straordinario degli studenti, affidato anche all’Esercito, non appare di facile attuazione. La verità è che al ritorno a scuola, le aule non saranno più sicure. Il nostro sindacato chiede quindi al ministro dell’Istruzione di prendere coscienza della situazione, considerando anche che gli alunni sono veicoli diretti del contagio. Si torni quindi tutti alla didattica a distanza e poi si valuti se finire l’anno con metà allievi in presenze e metà a casa in Dad».