Elmas ma non solo. Ha restituito valore a Lobotka, Lozano, Juan Jesus, solo per citare le rinascite più appariscenti. E sta progettando il nuovo Mertens
Un divario troppo ampio
Napoli-Salernitana è una partita non così immediata da analizzare dal punto di vista tattico. Perché tutto sarebbe dipeso ed è effettivamente è dipeso dalle scelte di Spalletti, oltre che dagli episodi. Spieghiamoci meglio: il divario – fin troppo ampio – tra le due squadre non ha fatto altro che accentuare l’impostazione difensiva di Colantuono. Ma si potrebbe andare oltre, con gli aggettivi. La Salernitana, infatti, non è solo una squadra difensiva: nel calcio, infatti, ci si può difendere anche bassi ma in maniera aggressiva, pressando gli avversari, come per esempio fa l’Atlético Madrid; quella granata, invece, è una squadra volutamente piatta e priva di qualsiasi velleità di pressing. Che nel primo tempo della gara di Napoli, giusto per dare una dimensione numerica e geografica al suo atteggiamento quando era in parità numerica, ha tenuto il baricentro difensivo poco più alto di quota 34 metri.
L’atteggiamento difensivo della Salernitana nella fase di prima e seconda costruzione del Napoli: nove giocatori costantemente sotto la linea della palla
E poi c’è l’aspetto offensivo: le uniche azioni pensate della squadra di Colantuono, sono state quelle che alla fine hanno portato al gol di Bonazzoli e all’occasione – avuta sempre da Bonazzoli – pochi minuti prima del pareggio. Ovvero: palla nello spazio per l’inserimento lungo di uno degli interni del 4-5-1, solitamente Obi. Non era nemmeno una strategia sbagliata, e lo scriviamo non solo perché la rete di Bonazzoli – che poi è stato pure l’unico tiro della squadra granata in tutta la gara – è nata in questo modo: l’idea era quella di costringere il Napoli a portare molti giocatori in una metà campo avversaria congestionata. In spazi larghi, le ripartenze veloci avrebbero potuto creare problemi. In effetti l’hanno fatto. Una sola volta, però. Perché il Napoli si è difeso sempre piuttosto bene. E perché, va detto, la qualità tecnica dei giocatori della Salernitana è parecchio sotto agli standard della Serie A.
Il gol di Bonazzoli
Ritorniamo all’inizio, ovvero alle scelte di Spalletti. Come si fa ad affrontare – e a vincere – una partita del genere? Il tecnico del Napoli ha optato per la continuità, cioè ha scelto di insistere ancora sulla squadra di possesso vista a Bologna. Non a caso, sono scesi in campo gli stessi undici giocatori. L’idea era quella di muovere i blocchi difensivi avversari facendo viaggiare il pallone negli spazi stretti, per poi allargarsi all’improvviso e cercare di chiudere il gioco nell’area di rigore, oppure creando lo spazio per la conclusione dalla media distanza.
Dal punto di vista tattico, questa strategia ha funzionato a metà: tenendo conto del solo primo tempo, ovvero l’unico segmento di partita vera, il Napoli ha tirato per 15 volte verso la porta di Belec; di questi tentativi, due sono finiti in rete (ovviamente quelli di Juan Jesus e quello di Mertens dal dischetto), uno è finito fuori e 4 sono stati respinti da un difensore avversario; gli 8 rimanenti, tutti bloccati o deviati da Belec, sono arrivati da fuori area (4) così come dall’interno (4), ma non sono entrati in gol.
Ecco perché le scelte di Spalletti hanno funzionato a metà: il Napoli ha creato diverse occasioni importanti, ma ha avuto bisogno di due calci piazzati per trovare e poi riprendersi il vantaggio. Certo, il portiere sloveno ha avuto i suoi meriti, soprattutto sulle conclusioni di Fabián Ruiz. Ma, come detto, il Napoli non è stato sempre veloce e letale in fase offensiva.
Sarebbe stato un bellissimo gol
Dries Mertens
Rivedere proprio il tiro di Fabián, quello che c’è nel video appena sopra, ci permette di aprire un capitolo importante all’interno di un’analisi tattica che, per forza di cose, si esaurisce al termine del primo tempo – perché il 3-1 del Napoli, l’espulsione di Veseli e il gol di Insigne sono eventi arrivati in soli otto minuti della ripresa, rendendola di fatto un allenamento. Stiamo parlando della posizione, dei movimenti, delle giocate di Dries Mertens. Schierato come prima punta, il belga ha giocato in maniera ancora più varia ed elettrica rispetto al solito: ai suoi proverbiali movimenti fatti per accorciare, per legare i reparti, Dries ha aggiunto più esplorazioni nei mezzi spazi mentre Elmas e Lozano si muovevano da attaccanti puri. Insomma, per dirla più semplicemente: ha giocato di più come regista offensivo, come rifinitore.
Tutti i palloni giocati da Mertens nel primo tempo (in questo campetto il Napoli attacca da sinistra verso destra)
Certo, questa prestazione si deve in qualche modo anche all’atteggiamento della Salernitana. Al fatto che Mertens, chiuso negli spazi serrati dagli avversari, abbia capito come e dove muoversi per ricevere più palloni. Lo stesso Spalletti, nelle interviste postpartita, ha spiegato che «se si va in campo con i piccoletti davanti bisogna giocare palla a terra in velocità e bisogna creare gli spazi tra i difensori».
Ma questa trasformazione in corso può avere un significato più profondo, più a medio-lungo termine, per Mertens: dopo la sosta, si presume che Osimhen possa ritrovare la condizione migliore e quindi riprendersi il suo posto come centravanti titolare del Napoli; di conseguenza, Mertens potrebbe avere meno spazio, oppure cercare di proporsi come sottopunta in grado di svariare su tutto il fronte d’attacco, magari con Elmas e Lozano ai suoi lati, in un Napoli più verticale. Potrebbe essere una strada, un’ipotesi da non scartare. Siamo certi che Spalletti la prenderà in considerazione.
Regia offensiva di una certa qualità, per Dries Mertens
Eljif Elmas
Esattamente come prima, il video ci permette di introdurre un altro argomento: la prestazione – sontuosa – e l’analisi tattica della partita di Eljif Elmas. Come si vede chiaramente nell’azione che si conclude con il colpo di testa di Zielinski, lui e Lozano (oltre ovviamente al polacco) sono i due giocatori che attaccano l’area di rigore quando Mertens tenta la rifinitura; pochi istanti prima era in posizione di interno, nel mezzospazio di centrosinistra, a dare sfogo alla manovra, a creare una linea di passaggio interna. Il suo primo tempo è stato esattamente questo: un tentativo continuo di farsi vedere e trovare, di creare gioco. Si vede chiaramente dalla mappa dei suoi palloni giocati nei 45′ iniziali:
È bene chiarirlo di nuovo: questa mappa riguarda solo il primo tempo
Il primo tempo di Elmas si è chiuso con l’irresistibile azione personale che ha portato Pairetto ad assegnare un rigore al Napoli: recupero palla con pressing intelligente, Mertens che si apre a sinistra (vedi sopra) per creare lo spazio, Elmas se lo prende tutto e viene (forse) toccato fallosamente da Veseli poco dopo il suo ingresso in area. Nella ripresa, con il cambio Insigne/Lozano, il macedone è stato spostato a destra, sul suo piede forte, poi ancora è diventato centrocampista centrale accanto a Lobotka (che ha giocato la quota incredibile di 151 palloni). Tutto questo per dire che, in questo momento, Elmas è il giocatore più duttile ma anche più prezioso a disposizione di Spalletti: in tutti gli slot in cui viene schierato, dà sempre qualcosa che tutti i suoi compagni non danno.
Certo, questa sua esplosione è dovuta anche al periodo di grazia assoluta che sta vivendo, ma si deve tener conto di due aspetti fondamentali: la fiducia di Spalletti, che quando ha dovuto sostituire Insigne ha subito pensato a lui; e il costante lavoro di adattamento della squadra a un nuovo contesto, in cui il possesso palla non deve – perché non può – passare più solo da sinistra, visto che Elmas non è Insigne, e quindi bisogna trovare altre fonti di gioco. Per esempio Lobotka, di cui abbiamo già detto. Per esempio Fabián Ruiz, anche ieri – come a Bologna – eccezionale nella sua capacità di fare regia a tutto campo.
Sì, è proprio vero: il Napoli ha costruito gioco più a destra che a sinistra
Come si vede chiaramente dal grafico appena sopra, il Napoli monotematico del passato – quello che amava costruire gioco soprattutto se non solo sulla fascia sinistra, che si affidava ai giochi di posizione sull’out mancino per risalire il campo – è una squadra che non esiste più. Che, mentre si gridava all’emergenza in corso e a quella che sarebbe venuta, ha lavorato per darsi un nuovo volto. Che ha restituito valore a Lobotka, Lozano, Juan Jesus – solo per citare le rinascite più appariscenti. E che, soprattutto, ha inventato Elmas come tuttocampista sempre di rendimento, spesso decisivo con le sue giocate elettriche – abbiamo usato questo aggettivo anche per descrivere la partita di Mertens: non è un caso.
Cambiare è un’occasione
Come – a suo tempo – l’addio di Higuaín e gli infortuni di Milik crearono l’occasione per l’invenzione di Mertens punta centrale, ora il Napoli ha vissuto e sta vivendo la stessa cosa con Elmas. Oggi come allora, però, l’intuizione da sola non basta, non può bastare, per raccontare le cose. C’è anche un’idea, dietro. C’è il lavoro, soprattutto. Diversamente da allora, quando poi le contingenze e le scelte spinsero un po’ tutti – Sarri, ma poi anche e soprattutto De Laurentiis e Giuntoli – a sposare il conservatorismo, il Napoli dovrà continuare su questa strada. Fin da subito, fin dal rientro dalla sosta.
Quando ci sarà da reinserire Osimhen in maniera definitiva, quando Insigne e anche Anguissa saranno di nuovo abili e arruolabili, il Napoli sarà di nuovo al completo. E allora Spalletti potrà scegliere, di volta in volta, l’abito migliore da far indossare alla sua squadra. Nel frattempo, questo è il bello, ha avuto il modo – il coraggio, l’intelligenza – di immaginarne e disegnarne e produrne altri. Il Napoli di oggi è una squadra che non ha niente a che vedere con quella che ha dominato il campionato fino a dicembre. Potrà tornare a essere quella squadra ma ha imparato a giocare – e a vincere – anche in modo diverso. Sta continuando a farlo. E per questo sarà difficilissimo affrontarla, per tutti, fino alla fine di questa stagione.